Corte cost. 27-02-2009 (11-02-2009), n. 60 (ord.) Processo penale – Custodia cautelare all’estero in esecuzione del mandato d’arresto europeo – Sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità della norma censurata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento penale a carico di C.C., con ordinanza del 27 agosto 2007 iscritta al n. 360 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Udito nella camera di consiglio dell’11 febbraio 2009 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto che, con ordinanza del 27 agosto 2007, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), nella parte in cui non prevede che la detenzione sofferta all’estero in esecuzione del mandato d’arresto europeo sia computata anche agli effetti della durata dei termini di fase della custodia cautelare previsti dall’art. 303, commi 1, 2 e 3, del codice di procedura penale;
che il rimettente è investito della domanda del difensore di C.C. tesa ad ottenere la dichiarazione di perdita di efficacia della misura della custodia cautelare in carcere disposta nei confronti di quest’ultimo con provvedimento della Corte d’appello di Timisoara (Romania) dal 16 febbraio 2007, in esecuzione di mandato di arresto europeo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria;
che, a parere della difesa dell’imputato, il termine cautelare di fase (pari a sei mesi) doveva, in applicazione dell’art. 722 cod. proc. pen., ritenersi scaduto il 16 agosto 2007 considerato che quest’ultimo ha sofferto ventinove giorni di detenzione in Romania;
che il rimettente, diversamente da quanto sostenuto dal difensore di C.C., ritiene di dover fare applicazione dell’art. 33 della legge n. 69 del 2005, in quanto la Romania, con la legge di recepimento della disciplina sul mandato di arresto europeo, ne ha previsto la relativa entrata in vigore dal suo ingresso nella Unione europea e, quindi, dal 1° gennaio 2007, così come risulta confermato dallo stesso provvedimento della Corte d’appello di Timisoara, il quale richiama la suddetta disciplina;
che il giudice a quo rileva che la disposizione censurata esclude il periodo di custodia sofferta all’estero dalla computabilità ai fini del calcolo del termine di fase, di talché solo l’eventuale accoglimento della questione sollevata comporterebbe l’accoglimento della domanda proposta dall’imputato;
che il rimettente osserva che la previsione contenuta nell’art. 33 della legge n. 69 del 2005 disciplina una fattispecie identica a quella contenuta nell’art. 722 cod. proc. pen. nel testo dichiarato incostituzionale da questa Corte con la sentenza n. 253 del 2004 e, pertanto, si presta alle medesime censure, in quanto pone in essere una irragionevole disparità di trattamento, ai fini dell’applicabilità dei termini di fase previsti dall’art. 303, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen., tra l’imputato (o indagato) detenuto all’estero in esecuzione del mandato d’arresto europeo fino al momento della sua consegna e l’imputato (o indagato) in custodia cautelare in Italia;
che, in particolare, con la indicata sentenza questa Corte, nell’affermare la piena equivalenza tra detenzione cautelare all’estero in attesa di estradizione e custodia cautelare in Italia, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 722 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva che la prima fosse computata anche agli effetti della durata dei termini di fase previsti dall’art. 303, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen.
Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 143 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata per contrasto con l’art. 3 della Costituzione;
che, pertanto, l’odierna questione di costituzionalità è divenuta priva di oggetto e deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (ordinanza n. 269 del 2008).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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