Cass. pen., sez. IV 26-02-2009 (06-02-2009), n. 8804 Misure cautelari reali – Sequestro conservativo – Impugnazioni – Ricorso per cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Avverso l’ordinanza con la quale il Giudice di Pace di Recanati in data 5/8/2008 ha disposto il sequestro conservativo sui beni mobili ed immobili di proprietà di T.S., imputato nel proc. pen. 195/07 R.G. del G.d.P., il predetto, tramite difensore, ha proposto direttamente ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p., comma 2.
Il ricorrente ha, con un primo motivo, dedotto violazione di legge per essere mancante la motivazione, palesandosi meramente apparente quella che utilizzava stringate parole, come "ritenuto che quanto rappresentato dall’istante possa avere fondato motivo per quanto temuto", senza così spiegare le ragioni della decisione, nè tantomeno precisare l’importo del credito da garantire e, in corrispondenza, l’entità dei beni da sequestrare; con altri due motivi, ha, inoltre, lamentato, da un lato, che la parte civile difettava della legittimazione a chiedere al giudice procedente il sequestro conservativo dei suoi beni, in quanto la sua costituzione nel processo penale non era stata ancora ammessa con atto formale dal medesimo giudice, dall’altro lato, che il difensore, che aveva curato per conto della parte civile la presentazione dell’istanza al giudice, era privo di valido titolo di rappresentanza.
Tanto premesso, si impone pregiudizialmente l’esame della questione sulla impugnabilità o meno, con ricorso diretto per cassazione, dell’ordinanza di sequestro conservativo.
Giova, in merito, precisare che, in tema di provvedimenti cautelari reali, sia nell’ipotesi di sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p., sia di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., sia di sequestro probatorio ex art. 253 c.p.p., come emerge dal combinato disposto degli artt. 257, 318 e 322 c.p.p., con l’art. 324 c.p.p., il codice processuale prevede, come impugnazioni esperibili, la richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una di tali misure, ovvero l’appello ex art. 322 bis c.p.p., per il solo sequestro preventivo (fuori dei casi previsti dall’art. 322 c.p.p.) e, contro i conseguenti relativi provvedimenti, il ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p..
Lo stesso codice prevede, all’art. 325 c.p.p., comma 2, anche il ricorso "diretto" per cassazione per violazione di legge, ma soltanto contro il decreto di sequestro emesso dal giudice, riferendosi inequivocabilmente alla forma tipica di provvedimento adottabile per il sequestro preventivo e per quello probatorio (ex art. 321 c.p.p. e, rispettivamente, art. 253 c.p.p.).
Lo stesso ricorso "diretto" per cassazione non è, pertanto, previsto contro l’ordinanza di sequestro conservativo, che costituisce l’unica forma di provvedimento adottabile dal giudice che procede (ex art. 317 c.p.p.), a richiesta del pubblico ministero o della parte civile.
Ne consegue che, per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione consacrato dall’art. 568 c.p.p., comma 1, il ricorso "per saltum" proposto nell’interesse del T. contro l’ordinanza di sequestro conservativo sopra menzionata dovrebbe, in teoria, essere dichiarato inammissibile.
Tuttavia, nel caso di specie, dall’esame dell’atto di impugnazione proposta risulta evidente non solo l’errato nomen iuris (che consente la conversione), ma anche l’espressa volontà di proporre, oltre questioni di diritto, connesse alla assoluta mancanza di motivazione ed al difetto di legittimazione della parte istante e/o di rappresentanza in giudizio, anche questioni di merito attinenti alla congruità del valore economico dei beni da assoggettare a sequestro conservativo rispetto alle esigenze da garantire alla parte civile, questioni non sindacabili in sede di legittimità, in quanto accertamenti di fatto devoluti alla competenza del giudice di merito.
Ne consegue che può, nella fattispecie, farsi applicazione del precetto di cui all’art. 568 c.p.p., comma 5, secondo cui l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte che l’ha proposta, precetto inteso – è opportuno sottolinearlo – nel senso che solo l’erronea attribuzione del nomen iuris non può pregiudicare l’ammissibilità di quel mezzo di impugnazione di cui l’interessato, ad onta dell’inesatta "etichetta", abbia effettivamente inteso avvalersi.
Ciò significa che, avendo il giudice ad quem il potere – dovere di provvedere all’appropriata qualificazione del gravame, privilegiando rispetto alla formale apparenza la volontà della parte di attivare il rimedio all’uopo predisposto dall’ordinamento giuridico, va salvata la volontà reale dell’interessato e sostituito il mezzo di impugnazione impropriamente denominato, ma inammissibilmente proposto dalla parte, con quello, diverso, effettivamente voluto e che sarebbe stato astrattamente ammissibile: solo in tale ipotesi, infatti, può parlarsi di inesatta qualificazione giuridica del gravame, come tale suscettibile di rettifica ope iudicis.
Posto che, nel caso di specie, contro l’ordinanza di sequestro conservativo non poteva essere proposto, ex art. 325 c.p.p., comma 2, il ricorso per saltum in cassazione – il quale, ai sensi dell’art. 569 c.p.p., comma 1, è proponibile esclusivamente avverso i decreti di sequestro preventivo o probatorio – è conseguenziale la conclusione che il ricorso per cassazione erroneamente esperito nell’interesse del T. deve essere qualificato come richiesta di riesame ex art. 318 c.p.p., i particolari requisiti della quale appaiono, in tesi, essere ricorrenti, anche in riferimento al luogo ed ai termini di presentazione.
Risulta, infatti, che l’impugnazione è stata ritualmente depositata nella cancelleria del Tribunale di Ancona (capoluogo della provincia in cui ha sede il giudice che ha emesso l’ordinanza di sequestro) e tempestivamente presentata il (OMISSIS), entro il decimo giorno dalla data in cui il T. ha avuto il (OMISSIS) effettiva conoscenza del provvedimento, tenuto conto che, anche nei procedimenti incidentali, concernenti l’impugnazione di provvedimenti in materia di misure cautelari reali, i termini processuali sono sospesi in periodo feriale, in considerazione dell’espresso disposto di cui all’art. 240 bis disp. att. c.p.p., e dell’ampiezza della sua formulazione, involgente tutti i termini procedurali in materia penale.
P.Q.M.
Qualifica il ricorso come richiesta di riesame ex art. 318 c.p.p. e trasmette gli atti al Tribunale del Riesame di Ancona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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