Cass. civ., Sez. I, Ordinanza 6 Settembre 2010, n. 19102 Elementi di prova Il clandestino convive con la nipote, ma le

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Considerato in diritto

che, con l’unico motivo (con cui deduce: “Violazione di legge per omessa o apparente motivazione ex art. 360, c. 1 n. 5 c.p.c.”), il ricorrente critica il decreto impugnato, sostenendo che il Giudice a quo, da un lato, ha implicitamente riconosciuto la sussistenza del legame di parentela – in linea retta di quarto grado, ai sensi dell’art. 76 cod. civ. – con la nipote, ma, dall’altro, ha completamente omesso di motivare le ragioni di fatto e di diritto per le quali ha ritenuto insufficiente la documentazione prodotta dal D. al fine di provare il rapporto di parentela e di convivenza – cioè: a) certificazione anagrafica, di provenienza in parte italiana, in parte kosovara (tradotta), attestante il rapporto di parentela con la nipote; b) dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con autenticazione di firma, di A. D. P., marito della nipote V. D., attestante il rapporto di convivenza del ricorrente con la famiglia del dichiarante, ciò, nonostante che né l’art. 19, comma 2, lettera c), del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, né l’art. 28 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, indichino quali documenti siano necessari per provare il rapporto di convivenza con i parenti;

che il ricorso non merita accoglimento;

che l’art. 19, comma 2, lettera c), del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo applicabile alla specie ratione temporis, stabilisce: “Non è consentita l’espulsione (…) nei confronti: (…) c) degli stranieri conviventi con li parenti entri il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana”;

che, a sua volta, l’art. 28, comma 1, lettera b) del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), stabilisce: “Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno: (…) b) per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’art. 19, comma 2, lett. c), del T.U.”;

che, inoltre, l’art. 3 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), dispone: “I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero”;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte – condiviso dal Collegio -, la circostanza della convivenza dello straniero con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana, (in presenza della quale il citato art. 19, comma 2, lettera c, del d. lgs. n. 286 del 1998, non consente l’espulsione amministrativa) – il cui onere probatorio grava sullo straniero -, non essendo presumibile in base alle mere risultanze anagrafiche, è soggetta all’ordinario regime della prova, con la conseguenza che lo straniero può fornirne la dimostrazione anche mediante prova orale (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 23598 del 2006, 2539 del 2005, 7476 del 2004);

che peraltro, secondo l’altrettanto consolidato orientamento di questa Corte – parimenti condiviso dal Collegio -, ai sensi dell’art. 2 citato d.P.R. n. 445 del 2000, le dichiarazioni sostitutive di certificazioni relative a stati, qualità personali e fatti – di cui agli artt. 46 e 47 dello stesso d.P.R. n. 445 del 2000 -, esulano dall’ambito della prova civile, riguardando “la produzione di atti e documenti agli organi della pubblica amministrazione nonché ai gestori di pubblici servizi nei rapporti tra loro e in quelli con l’utenza, e ai privati che vi consentono”, con la conseguenza che – al pari della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà prevista dall’art. 4 della (abrogata) legge 4 gennaio 1968, n. 15 – a tali dichiarazioni sostitutive deve negarsi qualsiasi rilevanza, sia pure indiziaria, nel processo civile, qualora costituiscano l’unico elemento esibito in giudizio al fine di provare un elemento costitutivo dell’azione o dell’eccezione, atteso che la parte non può derivare elementi di prova a proprio favore, ai fini del soddisfacimento dell’onere di cui all’art. 2697 cod. civ., da proprie dichiarazioni non asseverate da terzi (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 10191 del 2010, 26937 del 2006, 10153 del 1998, pronunciata a sezioni unite);

che, dunque, da tali orientamenti di questa Corte discende agevolmente che il Giudice a quo ha correttamente ritenuto “insufficiente a dimostrare la convivenza”, ai sensi degli artt. 19, comma 2, lettera c), del D.Lgs. n. 286 del 1998, e 28, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 394 del 1999, la documentazione depositata dal ricorrente, costituita esclusivamente da certificazioni anagrafiche e da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà;

che, peraltro, dalle richiamate disposizioni e dai menzionati orientamenti di questa Corte discende anche che, nel caso – quale quello di specie – di straniero illegittimamente presente nel territorio nazionale e perciò espulso, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lettere a) e b), del d.lgs. n. 286 del 1998, la circostanza della convivenza, di cui all’art. 19, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998, ai fini del divieto di espulsione amministrativa, può essere dimostrata anche mediante prova per testimoni;

che tuttavia, nella specie, il ricorrente, con il ricorso, critica il decreto impugnato esclusivamente sotto il profilo della ritenuta insufficienza della documentazione prodotta ai fini della prova della predetta convivenza censure infondate, alla luce dei su richiamati orientamenti di questa Corte -, mentre, soltanto con la memoria di cui all’art. 380 bis, terzo comma, cod. proc. civ., deduce di aver articolato, dinanzi al Giudice a quo, prova per testimoni volta a dimostrare la convivenza medesima, e denuncia l’omessa considerazione dello stesso Giudice a quo di detta istanza istruttoria, deduzione inammissibile per violazione del diritto vivente, secondo cui nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 cod. proc. civ. – e, quindi, anche con quelle di cui all’art. 380 bis, terzo comma, cod. proc. civ. -, destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non è possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con il predetto atto introduttivo, e tanto meno, per dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte in considerazione dell’esigenza per quest’ultima di valersi di un congruo termine per esercitare la facoltà di replica (cfr., ex plurimis, la sentenza delle sezioni unite n. 11097 del 2006);

che, pertanto, il ricorso è complessivamente infondato;

che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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