Cass. pen., sez. I 27-02-2009 (04-02-2009), n. 9000 Estradato che dopo l’espiazione di pena si rifugi in uno Stato terzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta, presentata nell’interesse di P.F., di "annullamento, revoca o modifica" dell’ordine di esecuzione, emesso in data 13 maggio 2008, con il quale il Procuratore della Repubblica della stessa città aveva rideterminato la pena da espiare in anni dieci, mesi quattro e giorni diciassette di reclusione.
Spiegava il Tribunale:
che il 17 luglio 2004 P. era stato rimesso in libertà per avere espiato la pena di cui ad un precedente ordine di esecuzione (13 agosto 2002) sulla base del quale era stato estradato dal territorio della Confederazione elvetica (in data 5 novembre 2002);
che risultava che P., subito dopo la liberazione (e comunque entro 45 giorni), avesse lasciato il territorio italiano senza più farvi ritorno;
che il 12 settembre 2008 le autorità di polizia spagnole avevano proceduto all’arresto del P. in esecuzione di un "mandato di arresto europeo" emesso sulla base del predetto ordine di esecuzione del 13 maggio 2008.
Ciò premesso, il Tribunale affermava la legittimità dell’ordine di esecuzione, osservando:
che, una volta che l’estradato, rimesso in libertà, lasci il territorio dello Stato richiedente "cessa l’efficacia preclusiva del principio di specialità";
che il principio di specialità non osta a che il Paese richiedente si attivi per una nuova e diversa procedura estradizionale, anche in relazione a fatti anteriormente commessi, nel caso in cui la prima procedura si sia esaurita ed il soggetto sia "definitivamente uscito" dal territorio del paese richiedente;
che, in particolare, nel caso di specie, legittimamente era stato emesso ed eseguito un mandato d’arresto europeo essendo il P. stato reperito nel territorio di un Paese appartenente all’Unione europea.
2. Avverso l’anzidetta ordinanza, hanno proposto separati ricorsi per cassazione (seguiti da memoria ex art. 611 c.p.p.) i difensori del condannato, chiedendone l’annullamento.
Deducono violazione dell’art. 721 c.p.p., dell’art. 14 della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 3 dicembre 1957 e resa esecutiva in Italia con L. 30 gennaio 1963, n. 300, e della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 26 recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.
Premettono, in fatto, che il secondo ordine di esecuzione aveva ad oggetto pene irrogate con sentenze di condanna in relazione alle quali la Confederazione elvetica aveva, a suo tempo, respinto la domanda di estradizione.
Rilevano, poi, che è illegittima l’esecuzione di pena inflitta per reati commessi anteriormente all’estradizione dell’imputato dall’estero diversi da quelli per i quali essa è stata concessa, qualora il condannato abbia interamente scontato la pena per cui è stato estradato, abbia lasciato il territorio dello Stato richiedente nel termine di 45 giorni dalla sua liberazione e non vi abbia fatto volontariamente ritorno.
In tal caso, lo Stato, se intende procedere per fatto anteriore e diverso, ha l’obbligo di richiedere l’estradizione suppletiva allo Stato richiedente.
E’ errato, pertanto, affermare – come aveva fatto il Tribunale – che, una volta che l’estradato, libero, abbia lasciato, nei termini di legge, il territorio dello Stato "cessa l’efficacia preclusiva del principio di specialità".
Le eccezioni al principio di specialità non possono essere estese per analogia, vietandolo l’art. 14 preleggi.
Non avrebbe senso prevedere la necessità di una richiesta di estradizione suppletiva qualora si possa comunque "fare oggetto di restrizione carceraria" il soggetto dopo che il medesimo abbia legittimamente lasciato il territorio dello Stato richiedente; nè avrebbe senso prevedere la necessità di una riestradizione, su richiesta di uno Stato terzo, se fosse vero che, una volta che il soggetto abbia lasciato, dopo avere scontato la pena, legittimamente il territorio dello Stato richiedente, cessassero gli effetti dell’estradizione originaria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
Il rapporto estradizionale si era instaurato con lo Stato estero che aveva concesso l’estradizione, cioè la Confederazione elvetica.
Nell’ambito di tale rapporto andava garantito il rispetto del principio di specialità di cui all’art. 14 della Convenzione europea di estradizione – resa esecutiva con L. 30 gennaio 1963, n. 300 – cui tanto l’Italia (Stato richiedente) quanto la Svizzera (Stato richiesto) hanno aderito. E così è stato.
P., una volta estradato, non era stato perseguito, giudicato, arrestato, nè sottoposto ad altre restrizioni della sua libertà personale, per fatti commessi anteriormente alla consegna diversi da quello che avevano dato luogo all’estradizione e ciò in quanto:
non era stato acquisito il consenso dello Stato richiesto;
l’estradato aveva lasciato, entro i 45 giorni successivi al suo rilascio definitivo, il territorio dello Stato richiedente e non vi aveva fatto ritorno.
Con l’espiazione della pena relativa ai reati per i quali l’estradizione era stata concessa e con l’allontanamento dal territorio italiano entro il termine anzidetto, si era, peraltro, esaurito il bilaterale rapporto estradizionale.
Se P. fosse rimasto nel territorio dello Stato richiesto, soltanto una domanda di estradizione suppletiva (in altre parole, l’acquisizione del consenso della Confederazione elvetica) avrebbe permesso di procedere nei suoi confronti anche per i reati commessi anteriormente alla consegna e diversi da quelli cui l’estradizione stessa si riferiva.
Ma proprio per questa ragione (la necessità del consenso è indicativa dell’ambito "bilaterale" di rilevanza della norma), una volta accertato che il condannato si era rifugiato in uno Stato diverso dal primo (nella specie, la Spagna, Paese aderente all’Unione europea), era possibile richiedere l’estradizione al nuovo Stato di rifugio (ed è quanto è stato fatto attraverso la procedura del mandato d’arresto europeo che sostituisce, per i Paesi dell’Unione, la procedura di estradizione), senza naturalmente che fosse necessario acquisire il consenso del primo Stato, che, a quel punto, con il condannato non aveva più alcun rapporto.
In altri termini, nell’ambito dell’autonomo rapporto instauratosi tra l’Italia e la Spagna per ottenere la consegna del P., ormai volontariamente allontanatosi dal territorio dello Stato concedente la prima estradizione, non sussisteva alcun vincolo nascente dalle clausole di esclusione fissate nell’originario atto di consegna da parte della Confederazione elvetica.
I limiti di estensione dell’estradizione segnati dall’originario rapporto bilaterale tra l’Italia e la Confederazione elvetica non potevano spiegare alcun effetto preclusivo, dato che la situazione di base, sottostante alla consegna, era mutata a causa del volontario comportamento del P. il quale, allontanandosi dal territorio elvetico e trasferendosi nel territorio di un Paese aderente all’Unione europea, aveva reso possibile l’apertura di una nuova e diversa procedura estradizionale (con lo strumento del mandato d’arresto).
La dimensione garantistica del principio di specialità opera, nei confronti dello Stato richiesto e dello stesso estradato, fintanto che quest’ultimo, a pena definitivamente espiata, lasci, nei termini menzionati, il territorio dello Stato richiedente e rimanga in quello dello Stato richiesto, non anche qualora se ne allontani, potendo in tal caso nascere un nuovo e diverso rapporto estradizionale con il diverso Stato nel cui territorio egli venga rintracciato, come, d’altra parte, questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr.
Cass. 1^, 6 luglio 2004, Gelli, RV 229288) in un caso analogo (unica ininfluente differenza il fatto che l’estradato si fosse illegittimamente allontanato dal territorio dello Stato richiedente).
Un secondo rapporto che può in concreto avere differenti connotazioni rispetto al primo se si pensa, ad esempio, proprio con riguardo alla Convenzione europea di estradizione, ai limiti (riserve) che ciascun Paese aderente ha il diritto di porre.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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