Cass. pen., sez. II 27-01-2009 (21-01-2009), n. 3710 Delitto di truffa – Differenze – Fattispecie: furto commesso mediante richiesta di provare un mezzo, previa manifestazione di interesse all’acquisto, seguita da precipitosa fuga.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 18.6.2003, il G.U.P. del Tribunale di Treviso, fra l’altro, dichiarò C.F.G. e B.S. responsabili dei reati di ricettazione e rapina impropria, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche, ritenuta quanto al delitto di rapina l’ipotesi di cui all’art. 116 c.p. equivalenti all’aggravante per la rapina impropria, con la diminuente per il rito, – condannò:
B. alla pena di anni 2 mesi 8 di reclusione e Euro 800,00 di multa;
C. alla pena di anni 2 mesi 4 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, entrambi al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.
Il coimputato F.L. fu assolto per non aver commesso il fatto.
Avverso tale pronunzia gli imputati condannati proposero gravame ma la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 23.4.2004, confermò la decisione di primo grado.
Ad avviso dei giudici di merito B.S., in compagnia di altre persone fra le quali C. che guidava un’autovettura con targhe non proprie e compendio di furto, si era presentato presso l’esercizio di Ba.De., chiedendo di provare una motocicletta, mostrandosi interessato all’acquisito e fuggiva con il mezzo.
Gli altri soggetti si accingevano ad allontanarsi a bordo dell’auto allorchè Ba. si buttò sul cofano del veicolo ma con accelerazioni e frenate il conducente cercava di farlo cadere.
Ricorrono per cassazione il difensore di B. e C..
Il difensore di B. deduce:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità di B. in relazione ai delitti di ricettazione di cui ai capi a) e b) in quanto in sentenza si indicano circostanze che proverebbero che C. era l’autore dei furti delle targhe e dell’auto, sicchè, essendovi un accordo tra C. e B., quest’ultimo avrebbe, se mai, essere condannato per furto;
2. mancata correlazione fra fatto contestato e fatto ritenuto in relazione al capo c) in quanto mentre nell’imputazione si afferma che l’imputato sarebbe salito improvvisamente sulla moto, mentre nella sentenza di appello si sostiene che si sarebbe allontanato in violazione degli accordi con la persona offesa;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la condotta ascritta a B. integrerebbe l’appropriazione indebita e non il furto, sicchè non potrebbe integrare la rapina impropria;
4. violazione di legge in quanto erroneamente sarebbe stata ritenuta la circostanza aggravante della violenza commessa da più persone riunite, nonostante fosse stato assolto il coimputato F. ed in nessun momento della rapina vi fosse la simultanea presenza di C. e B..
C. deduce:
1. violazione di legge in relazione all’art. 628 c.p., comma 2 in quanto nella fattispecie non sarebbe avvenuta alcuna sottrazione antecedente l’uso di violenza, ma la motocicletta sarebbe stata consegnata spontaneamente dalla persona offesa Ba. a B.;
si sarebbe pertanto in presenza di una fattispecie diversa in quanto Ba., una volta consegnato il motociclo a B. autorizzandolo ad utilizzarlo aveva perso il controllo sul bene;
2. travisamento dei fatti in quanto la Corte d’appello sembra ritenere che B. e l’autovettura siano partiti contemporaneamente, mentre Ba. si sarebbe intrattenuto a parlare con gli occupanti dell’auto mentre B. provava la moto, e si è attivato solo quando costoro sono partiti;
3. carenza di motivazione in ordine al rapporto di immediatezza tra la sottrazione ed il comportamento violento, pur espressamente dedotto nei motivi di appello.
Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di B. è inammissibile in quanto non dedotto in appello.
Infatti, nei motivi di appello era stata lamentata solo l’estraneità di B. alla ricettazione del veicolo e la mancata consapevolezza della provenienza delittuosa dell’auto, ma non era stato dedotto il concorso di B. nel furto.
Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di B. è manifestamente infondato.
Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, per aversi violazione del principio della correlazione tra accusa e sentenza – che è espressione della necessità, ribadita dall’art. 6, punto 3, lett. A) della convenzione europea dei diritti dell’uomo, di garantire, in un "processo giusto", il contraddittorio sul contenuto dell’accusa – Occorre una sostanziale immutazione del fatto contestato, nel senso che il complesso degli elementi di accusa formalmente portati a conoscenza dell’imputato abbia subito una tale trasformazione, sostituzione o variazione, da incidere concretamente sul suo diritto di difesa, comportando una effettiva menomazione dello stesso". (Cass. Sez. 1^ sent. n. 8328 del 22.3.1982 dep. 28.9.1982 rv 155229 nella specie, contestato il delitto di omicidio volontario consumato, è stato ritenuto quello di tentato omicidio, e la cassazione ha ritenuto che non vi sia stata immutazione del fatto, v. Mass n. 149140; n. 148470; n. 148029; n. 147852; n. 146925; n. 146913; n. 146684; n. 146552; n. 145163; n. 145098, e vedi inoltre, parere commissione europ., dir. Uomo, ric. Ofner e. Austria, ann. 3, p. 323).
Nel caso in esame l’imputato ha potuto validamente svolgere le sue difese essendo chiari i termini generali della vicenda.
Il primo motivo di ricorso di C. ed il terzo motivo proposto nell’interesse di B. sono manifestamente infondati.
Nel caso in esame non si è in presenza di un inadempimento contrattuale o di una truffa, ma di un furto realizzato con il mezzo fraudolento di chiedere di provare il mezzo per poi fuggire con lo stesso.
Infatti questa Corte ha affermato che il criterio distintivo tra il reato di furto, aggravato dall’uso del mezzo fraudolento, e il reato di truffa, va ravvisato nello impossessamento mediante sottrazione "invito domino" che caratterizza il primo e manca nel secondo, nel quale, invece, il trasferimento del possesso della cosa avviene con il consenso del soggetto passivo, consenso viziato da errore per effetto degli artifici e raggiri posti in essere dall’agente. (V. Cass. Sez. 2^ sent. n. 10923 del 22.3.1983 dep. 17.12.1983 rv 161783).
In base a tale principio è stato ritenuto, ad esempio, che costituisce furto, aggravato dal mezzo fraudolento, il rifornirsi di benzina ad un distributore pubblico e allontanarsi prontamente senza corrispondere il prezzo (Cass. Sez. 2^ sent. n. 1698 del 31.10.1975 dep. 7.2.1976 rv 132228) e che è qualificabile come furto aggravato da mezzo fraudolento e non come truffa la condotta che consista nell’impossessarsi di un oggetto (nella specie, un telefono cellulare) di cui si sia ottenuta, con un pretesto quale quello costituito dalla falsa rappresentazione di una urgente necessità, la momentanea consegna da parte del legittimo detentore, il quale sia rimasto presente, in attesa della restituzione (Cass. Sez. 5^ sent. n. 10211 del 15.2.2007 dep. 9.3.2007 rv 235847).
Nella specie, secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, uno dei coimputati si era fatto consegnare la motocicletta con il pretesto di provarla, fuggendo a bordo della stessa, così sottraendola con mezzo fraudolento.
Il coimputato, per conseguire l’impunità, dopo l’allontanamento del complice, si era dato alla fuga per conseguire l’impunità, usando la violenza consistita nel cercare di far cadere la persona offesa che cercava di fermarlo.
Tale condotta integra il delitto di rapina impropria.
Il secondo ed il terzo motivo proposti da C. sono manifestamente infondati e proposti al di fuori dei casi consentiti perchè deducono censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata, sulla scorta delle dichiarazioni della persona offesa e dei testimoni.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Quanto al fatto che non sarebbe stata data risposta allo specifico motivo di appello relativo alla mancanza di immediatezza, è giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo;
nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, (in questo senso v. da ultimo Cass. Sez. 4^ sent. n. 1149 del 24.10.2005 dep. 13.1.2006 rv 233187).
Del resto questa Corte ha chiarito che "In sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata.
Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa.
Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione". (Cass. Sez. 2^ sent. n. 29434 del 19.5.2004 dep. 6.7.2004 rv 229220.
Nella specie la Corte ha ritenuto che la semplice circostanza che alcuno dei collaboranti avesse taciuto in ordine alla presenza di uno dei coimputati in seno all’associazione per delinquere, non incrinava la logicità della motivazione della Corte di merito che aveva confermato la responsabilità dell’imputato).
Il quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di B. è fondato.
Escluso il concorso nel reato di F. e poichè al momento della violenza B., secondo i giudici di merito, era già fuggito con la moto, avrebbe dovuto essere esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, non risultando che la violenza sia stata posta in essere da più persone riunite.
L’accoglimento del motivo dispiega i suoi effetti anche nei confronti di C., ai sensi dell’art. 587 c.p.p..
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di B. e C. limitatamente alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della rapina e con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Venezia per la rideterminazione della pena.
Diviene irrevocabile l’affermazione di responsabilità di B. e C. per i reati a loro ascritti, esclusa la menzionata aggravante.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla circostanza aggravante della rapina e con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Venezia per la determinazione della pena.
Rigetta nel resto i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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