Cass. pen., sez. I 26-01-2009 (14-01-2009), n. 3422 Benefici penitenziari – Detenzione domiciliare – Collaboratori di giustizia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Roma, in data 30.06.2008, rigettava la sua istanza volta all’ammissione alla misura della detenzione domiciliare, propone ricorso per cassazione D.L., collaboratore di giustizia, chiedendone l’annullamento perchè viziata, a suo avviso, da violazione di legge ed illogicità della motivazione.
Denuncia, in particolare, la difesa ricorrente la violazione della L. n. 89 del 1991, art. 16-nonies e della L. n. 45 del 2001, nonchè difetto di motivazione sul punto, sul rilievo che nel caso di specie ricorrerebbero tutti i requisiti previsti da tale norma per la concessione del beneficio penitenziario richiesto, ivi compreso il ravvedimento del detenuto il quale, dopo aver interrotto ogni legame con la sua esperienza criminale, tanto da subire per questo pesantissime conseguenze personali, familiari e detentive, ha dato prove importanti di collaborazione giudiziale, correttamente comportandosi in carcere, lavorando e seguendo ogni prescrizione dell’amministrazione.
Censura altresì il ricorrente il provvedimento impugnato in relazione alle patologie mediche denunciate e per le quali immotivatamente, a suo avviso, sarebbe stata riconosciuta la compatibilità con il regime carcerario.
Con requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per l’inammissibilità del provvedimento.
La doglianza è manifestamente infondata.
Ed invero appare utile rilevare che attraverso le misure alternative al carcere l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Cass., Sez. 1^, 4.3.1999, Danieli, rv 213062) nelle pendenze processuali (Cass., Sez. 1^, cit.) nelle informazioni di P.S. (Cass., Sez. 1^, 11.3.1997, Capiti, rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture carcerarie di osservazione (Cass., Sez. 1, 22.4.199.1, Calabrese, in Cass. pen., 1992, 1894) dappoichè in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
Nel caso di specie poi la norma che si assume violata, e precisamente il D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16-nonies, convertito in L. 15 marzo 1991, n. 82, contempla il provvedimento per cui è causa in costanza del ravvedimento del detenuto.
Al riguardo il giudizio, secondo insegnamento di questa Corte (Cass., Sez. 1^, 26/09/2007, n. 37330) deve essere espresso in termini di certezza e non di mera probabilità, ossia basato su una valutazione complessiva della personalità del condannato in relazione all’evolversi in senso positivo della stessa durante l’arco della detenzione (Cass., Sez. 1A, 3 aprile 1985, n. 956).
Pertanto, la concessione della detenzione domiciliare, anche nei confronti dei collaboratori di giustizia, non comporta nessun automatismo in presenza delle condizioni elencate dalla legge di riferimento, essendo in ogni caso sempre necessaria la valutazione, da parte del competente tribunale, della complessiva condotta serbata dal soggetto, al fine di verificare se l’azione rieducativa globalmente svolta abbia avuto come risultato il compiuto ravvedimento del condannato, all’esito di una revisione critica della propria vita anteatta (Cass., Sez. 1A, 16 gennaio 2007, n. 3675,rv.
235796: Cass., Sez. 1A; 1 febbraio 2007, n. 9887, rv. 236548).
Ciò posto il provvedimento impugnato appare motivato in senso conforme a tali principi, in quanto, con argomentare corretto e logico, in esso appaiono compiutamente illustrati gli specifici e concreti elementi (evoluzione personologica non positiva secondo osservazione penitenziaria espletata; dinamiche relazionali accreditanti un ruolo di dominanza e preminenza; modesta partecipazione alle attività trattamentali; emersione di atteggiamenti irriverenti ed aggressivi nel quadro di una personalità fragile ed istintiva; omogeneità in siffatte conclusioni delle relazioni degli istituti di pena ove in precedenza il ricorrente risulta essere stato detenuto) che inducono obiettivamente a ritenere non intervenuto il ravvedimento dei condannato rispetto ad una devianza contraddistinta dalla consumazione di delitti di particolare allarme sociale.
Del pari manifestamente non fondata si appalesa la censura relativa al rigetto della richiesta di detenzione domiciliare per motivi sanitari ex art. 47-ter comma 1 O.P., dappoichè motivato il giudizio del giudice territoriale con la valutazione di compatibilità della detenzione in carcere con lo stato di salute del detenuto e con la emendabilità sanitaria di tale stato. Al riguardo è appena il caso di osservare che oltre detta motivazione, del tutto corretta sul piano logico, v’è il giudizio di fatto inibito a questa Curia.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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