Cass. pen., sez. II 22-01-2009 (08-01-2009), n. 3189 Attenuante del fatto di minore gravità – Rilevanza, ai fini della concedibilità, dell’attività di prostituta della persona offesa – Configurabilità della tentata rapina

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con sentenza 8.2.2008 la Corte d’Appello di Milano confermava (sia pur rideterminando la pena complessiva per effetto dell’applicato regime della continuazione rispetto ad altra precedente condanna) la condanna di O.A. per i delitti di violenza sessuale continuata, rapina tentata e rapina consumata commessi ai danni di due prostitute straniere. Ricorre l’imputato (per il tramite del proprio difensore) contro detta sentenza, di cui chiede l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti:
a) mancanza e manifesta illogicità della motivazione, per aver l’impugnata pronuncia dato credito alla deposizione delle due parti offese ancorchè sfornite di credibilità intrinseca e di riscontri esterni, tale non potendosi considerare il riscontro incrociato delle loro dichiarazioni (che avevano riferito di due distinte vicende ancorchè temporalmente assai vicine); a tale riguardo la condotta che era stata contestata come tentata rapina ai danni di C. A. in realtà non aveva superato la soglia di punibilità di cui all’art. 56 c.p. (essendosi l’imputato limitato a rovistare nella sua borsetta); inoltre l’impugnata sentenza aveva trascurato tutte le argomentazioni difensive svolte per inficiare l’attendibilità delle parti offese;
b) mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul diniego dell’attenuante dell’art. 609 bis c.p., u.c., non essendo stato ravvisato il fatto di lieve entità nonostante che le vittime fossero due prostitute, in quanto tali professionalmente aduse a rapporti sessuali con sconosciuti;
c) violazione dell’art. 81 cpv. c.p. per aver erroneamente ritenuto che, una volta concesse le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante dell’uso dell’arma contestata in relazione alla rapina, divenisse reato più grave quello di violenza sessuale consumata anzichè quello di rapina aggravata consumata, a tal fine dovendosi invece avere riguardo esclusivo alla pena edittale, che per la rapina aggravata era più severa rispetto a quella prevista per la violenza sessuale.
2 – Il ricorso è inammissibile perchè per certi versi proposto per motivi non consentiti dall’art. 606 c.p.p. e, per altri, perchè manifestamente infondato.
Premesso che lo stesso ricorrente riconosce l’esistenza del più che noto insegnamento giurisprudenziale di questa Corte in virtù del quale la deposizione della parte offesa non ha bisogno di riscontri, pur dovendo essere sottoposta ad un severo e rigoroso vaglio da parte del giudice di merito per verificarne l’assenza di possibili moventi calunniatori, nel caso di specie gli argomenti difensivi svolti dal ricorrente per mettere in dubbio l’attendibilità delle parti offese (scarsa plausibilità di due violenze poste in essere a breve distanza topico-temporale l’una dall’altra e del rilevante importo denunciato come rapinato dalla G., età avanzata di una delle due vittime, non meglio specificata scarsa spontaneità e contraddittorietà delle accuse) investono il più classico ambito di accertamento di merito, ovviamente precluso in sede di legittimità.
A ciò deve aggiungersi che il ricorso non esamina specificamente – per confutarle – tutte le analitiche considerazioni già ampiamente svolte dal provvedimento impugnato nel respingere perchè inverosimili e contraddittorie le difese dell’imputato e nel dare conto del giudizio di attendibilità delle parti offese (giudicate coerenti fra loro, prive di interessi risarcitoli – essendosi entrambe del tutto disinteressate del prosieguo del processo – equilibrate, corroborate dalle parziali ammissioni del prevenuto, nonchè dal contegno tenuto da quest’ultimo, subito datosi alla fuga alla vista dei CC. allertati dalle vittime).
A riguardo è appena il caso di ricordare che è inammissibile – per mancanza della specificità del motivo prescritta dall’art. 581 c.p.p., lett. c) – il ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 19951 del 15.5.2008, dep. 19.5.2008; Cass. n. 39598 del 30.9.2004, dep. 11.10.2004; Cass. n. 5191 del 29.3.2000, dep. 3.5.2000; Cass. n. 256 del 18.9.1997, dep. 13.1.1998).
3 – Manifestamente infondato è, poi, il sostenere che l’aver rovistato nella borsetta di una delle due parti offese, dopo averla minacciata con un coltello, non integrerebbe attività punibile a titolo di tentata rapina, noto essendo – al contrario – che in tema di rapina tentata la non punibilità dell’agente per inesistenza dell’oggetto può aversi solo quando l’inesistenza sia assoluta, cioè quando manchi qualsiasi possibilità che in quel contesto di tempo la cosa possa trovarsi in un determinato luogo e non, invece, quando essa sia puramente temporanea e accidentale (cfr. giurisprudenza costante e mai mutata sin da Cass. Sez. 2, n. 3964 del 21.11.88, dep. 20.3.89; Cass. Sez. 2, n. 8496 del 16.5.85, dep. 3.10.85; Cass. Sez. 2, n. 11227 del 3.3.76, dep. 28.10.76), come nel caso, appunto, di mancanza di denaro nella borsa della C. rovistata dall’imputato.
4 – Ancora da respingersi perchè manifestamente infondato è il secondo motivo di doglianza.
Si premetta che – per costante giurisprudenza di questa Corte da cui non si ravvisa motivo alcuno per discostarsi – l’attenuante prevista dall’art. 609 bis c.p., comma 3, per i casi di minore gravità è applicabile quando, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione, si possa ritenere che la libertà sessuale della vittima – che è l’interesse tutelato dalla fattispecie – sia stata compressa in maniera lieve. Pertanto, a tal fine possono assumere rilievo molteplici elementi della condotta criminosa, quali il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psichiche della stessa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, l’entità della lesione alla libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima, anche sotto il profilo psichico (cfr. Cass. Sez. 3, n. 40174 del 27.9.2006, dep. 6.12.2006; Cass. Sez. 3, n. 1057 del 19.12.2006, dep. 17.1.2007;
Cass. Sez. 3, n. 45604 del 13.11.2007, dep. 6.12.2007, Cass. n. 1057/2007; Cass. n. 40174/2006; Cass. n. 38112/2006; Cass. n. 5002/2006).
Ciò detto, appare adeguata, logica e scevra da contraddizioni la motivazione dell’impugnata sentenza, che ha negato l’attenuante invocata dall’imputato in base al preliminare ed assorbente rilievo che l’essere stata esercitata la violenza avvalendosi dell’uso di un coltello puntato alla gola ha realizzato un intenso grado di costrizione ed un gravissimo e concreto rischio per l’incolumità delle parti offese.
Nè in contrario può rilevare l’attività svolta da queste ultime, perchè il diritto al rispetto della propria libertà sessuale prescinde da condizioni e qualità personali, dal motivo e dal numero dei rapporti avuti in passato e dall’essere stati gli stessi con persone più o meno conosciute.
5 – L’ultimo motivo di ricorso è inammissibile perchè l’imputato non ha interesse ad impugnare la valutazione di gravità effettuata in ragione dell’applicazione del cumulo giuridico ex art. 81 cpv. c.p., in quanto l’individuazione di altro reato come violazione punita con pena edittale più severa comporterebbe una potenziale (ed inammissibile) reformatio in peius conseguente alla necessità di aumentare la pena base per il reato più grave (cfr. Cass. Sez. 4, n. 3038 del 24.5.2000, dep. 4.7.2000; Cass. Sez. 6, n. 10587 del 21.9.92, dep. 3.11.92).
6 – Ex art. 616 c.p.p. la pronuncia di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa che emergono dal ricorso, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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