Cass. pen., sez. I 21-01-2009 (09-01-2009), n. 2479 Disciplina dell’immigrazione – Inosservanza delle prescrizioni del provvedimento di espulsione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
1.- Con ordinanza del 23/4/2007 il Tribunale di Saluzzo, quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di B.J. di revoca ex art. 673 c.p.p. della sentenza definitiva di condanna n. 662/95 del Pretore di Saluzzo, con riguardo al reato p. e p. dal D.L. n. 416 del 1989, art. 8 (rectius: art. 7), comma 12 sexies, conv. in L. n. 39 del 1990, aggiunto dal D.L. n. n. 187 del 1993, art. 8 conv. in L. n. 296 del 1993, per non avere ottemperato alle prescrizioni della "espulsione" disposta nei suoi confronti, sul rilievo che, nonostante l’intervenuta abrogazione della norma incriminatrice, non vi sarebbe stata abolitio criminis bensì mera successione di fattispecie incriminatrici in riferimento al vigente D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, il quale ha ribadito la tesi della sopravvenuta abolizione del reato.
2.- Il ricorso è infondato per il seguente ordine di ragioni.
La L. 6 marzo 1998, n. 40, art. 46, comma 1, lett. c), riprodotto nel D.Lgs. n. 25 luglio 1998, n. 286, art. 47, comma 2, lett. e), recante il testo unico sulla disciplina dell’immigrazione e sulla condizione dello straniero, ha espressamente abrogato, tra l’altro, le disposizioni regolatrici dell’istituto della "espulsione su richiestea", dettate dal D.L. n. 416 del 1989, art. 7, conv. in L. n. 39 del 1990, e, fra quelle, la disposizione incriminatrice di cui al cit. art. 7, comma 12 sexies, aggiunta dal D.L. n. 187 del 1993, art. 8 conv. in L. n. 296 del 1993, che disegnava un’ipotesi delittuosa a carico dello straniero "che non osserva le prescrizioni del provvedimento di espulsione".
Ritiene il Collegio che non possa ragionevolmente sostenersi che vi sia stata effettiva abolitio criminis, anzichè mera successione di fattispecie incriminatrice, in riferimento all’autonoma disciplina dettata dal vigente D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, commi 5 ter e 5 quater, per l’ipotesi dello straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine di allontanamento emesso dal questore sulla base del decreto prefettizio di espulsione, ovvero viene trovato nel territorio dello Stato dopo l’espulsione eseguita con accompagnamento alla frontiera.
La tesi abolitiva non coglie il sostanziale profilo di continuità della disciplina normativa del fenomeno quanto al nucleo centrale della condotta criminosa tuttora meritevole di sanzione penale.
Rilevante a tal fine resta, infatti, nonostante le innovazioni legislative succedutesi fino ad oggi, l’inottemperanza agli ordini e alle prescrizioni conseguenti al provvedimento di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, così determinandosi la parziale modificazione del contenuto del precetto penale, secondo lo schema delineato per la successione di leggi penali nel tempo dall’art. 2 c.p., comma 4.
E poichè risulta configurabile quella parziale continuità normativa che impedisce di considerare totalmente abrogato il reato, sicchè, qualora si sia formato il giudicato, non è possibile intervenire ai sensi dell’art. 673 c.p.p., il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *