Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 2 febbraio del 2010, confermava quella resa dal tribunale della medesima città in data 26 giugno del 2008, con cui F.O. e L.R.M. erano stati condannati alla pena di giorni trenta di arresto ed Euro 16.000 di ammenda, quali responsabili di abusi edilizi ed ambientali, per avere, in una zona sottoposta a vincolo sismico e paesaggistico, realizzato una nuova costruzione in conglomerato cementizio in ampliamento di un preesistente edificio, senza il permesso di costruire, senza il nulla osta paesaggistico, senza la preventiva denuncia dei lavori al Genio civile,senza la presentazione di progetti e senza la direzione dei lavori da parte di tecnico qualificato. Fatti Commessi in (OMISSIS).
Ricorrono per cassazione i due imputati per mezzo del difensore deducendo:
1) violazione di legge per avere i giudici del merito rigettato l’istanza di sospensione del processo a seguito di presentazione della domanda di sanatoria nonostante il parere favorevole della Commissione Edilizia: nella fattispecie l’opera era sanabile trattandosi di ampliamento e non di nuova costruzione con sfruttamento dell’area presente sotto il tetto dell’immobile; il recupero edilizio è previsto dalla L.R. 16 aprile del 2003, n. 4.
Motivi della decisione
Il ricorso va respinto perchè infondato.
Secondo gli accertamenti compiuti dai giudici del merito l’opera edilizia consiste nell’ampliamento di un locale sottotetto della superficie di mq 110, con aumento del volume fuori terra e con modificazione dei prospetti mediante aperture al fine di ricavare sette ambienti completi di impianto idrico ed elettrico. L’immobile è stato realizzato in una zona vincolata.
Il prevenuto,come risulta dalla sentenza impugnata,avendo presentato domanda di condono in base alla L. n. 326 del 2003, art. 32 ha chiesto la sospensione del procedimento della L. n. 47 del 1985, ex art. 44.
L’istanza è stata respinta perchè nelle zone vincolate è possibile ottenere la sanatoria solo per gli interventi minori di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato n. 1, ossia restauro,risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.
L’assunto dei giudici del merito va condiviso perchè quello in esame non rientra tra gli interventi per i quali è possibile il condono nelle zone vincolate. In materia edilizia il giudice, prima di sospendere il processo a norma della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 44 ha il potere – dovere di controllare la sussistenza delle condizioni per l’applicabilità del condono , in quanto si tratta di un potere di controllo strettamente connesso all’esercizio della giurisdizione, il cui mancato esercizio determina inevitabilmente ed inutilmente la dilatazione dei tempi del processo. Se l’interessato non può usufruire del condono o comunque della sanatoria è inutile sospendere il processo.
Il semplice rilascio di un parere favorevole da parte della Commissione edilizia , quando non si tratta di intervento minore, non legittima la sospensione del processo.
Nella fattispecie era inutile sospendere il processo perchè i prevenuti non potevano usufruire del condono di cui alla L. n. 306 del 2003, art. 32, comma 25 non solo per il vincolo paesaggistico, per il quale sono sanabili solo gli interventi minori, ma anche perchè i lavori non risultano ultimati entro il 31 marzo del 2003,come risulta dalla stessa contestazione.
Invero secondo il consolidato orientamento di questa Corte(cfr per tutte Cass. n 24647 del 2009) le opere realizzate in area vincolata sono insuscettibili di condono edilizio nel caso in cui l’area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità tanto assoluta quanto relativa. Siffatta interpretazione risulta sia pure implicitamente avallata dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte cost. n 54 del 2009 e n. 150 del 2009 nonchè Sentenza n 290 del 2009) Nella decisione da ultimo citata la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo unico della L.R. Marche n 11 del 2008, il quale, tramite un’asserita interpretazione autentica della L.R. n. 23 del 2004, art. 2, comma 1, lett. a) aveva stabilito che i vincoli previsti dal D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d) convertito nella L. n 326 del 2003 impedivano il condono solo se comportavano inedificabiltà assoluta.
Il ricorrente assume infine, in modo estremamente generico,che l’intervento in questione sarebbe sanabile in base alla L.R. 16 aprile del 2003, n. 4 senza indicare la norma specifica che prevederebbe la sanatoria.
L’assunto è infondato. La legge dianzi citata prevede all’art. 18 la possibilità di recuperare ai fini abitativi i sottotetti, le pertinenze, i locali accessori ed i seminterrati degli edifici già esistenti e regolarmente realizzati alla data di approvazione della legge, al fine di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento di consumi energetici. E’ pertanto palese che la norma non si riferisce all’intervento in questione, il quale è stato realizzato senza alcun titolo abilitativo dopo l’approvazione della citata legge e non consiste nel recupero di spazi esistenti,ma di nuovo intervento. D’altra parte il recupero è consentito previo rilascio della concessione edilizia o denuncia di inizio attività.
La regione Sicilia in materia di condono ha adottato una disciplina conforme a quella statale.
P.Q.M.
LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.; RIGETTA il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.