Cass. pen., sez. I 22-12-2008 (02-12-2008), n. 47545 Individuazione di persona dinanzi alla P.G. – Grave indizio di colpevolezza Dichiarazioni non verbalizzate dalla P.G. rese dalla persona offesa nell’imminenza del fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Il GIP del Tribunale di Palmi, non convalidava il fermo di M. E. e O.R., in relazione ai delitti di tentato omicidio e porto e detenzione di armi, per insussistenza del pericolo di fuga, mentre emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere ravvisando sia i gravi indizi di colpevolezza che le esigenze cautelari. Osservava che la persona offesa dell’agguato aveva riferito alla P.G. intervenuta di aver riconosciuto di due aggressori da lui ben conosciuti, ma rifiutava di sottoscrivere il relativo verbale. Successivamente, una volta dimesso dall’ospedale, aveva eseguito una individuazione di persona nella locale caserma ed aveva riconosciuto negli attuali indagati gli autori del crimine. I due indagati nel corso dell’interrogatorio negavano ogni addebito, fornivano come alibi alcuni scontrini di acquisto di beni avvenuti in località distanti dal luogo dell’agguato e in orati che rendevano incompatibile la loro presenza sul posto dell’agguato; negavano poi di avere avuto una qualunque ragione per aggredire la vittima. Il GIP rilevava che i gravi indizi erano costituiti sia dalla individuazione di persona regolarmente eseguita e sottoscritta, sia dalle dichiarazioni assunte dalla P.G. nell’immediatezza del fatto, quando cioè la persona si trovava ancora in auto, ferita e prima di essere trasportata in ospedale; infatti si trattava di dichiarazioni non verbalizzate e sulle quali la P.G. poteva deporre, e comunque nella fase cautelare non operavano i divieti di cui all’art. 195 c.p.p..
Infine, gli elementi forniti dagli indagati come alibi apparivano inidonei visto che chiunque poteva essersi recato in quei luoghi, aver acquistato prodotti e poi aver consegnato all’indagato gli scontrini fiscali; per altro, il dato temporale non era in grado di escludere che comunque i due si sarebbero potuti trovare sul luogo del delitto. In relazione alle esigenze cautelari rilevava che sussistevano sia quelle di evitare l’inquinamento probatorio in relazione al reperimento delle armi e alla tutela delle genuinità delle dichiarazioni testimoniali, sia quella del pericolo di reiterazione di episodi analoghi; inoltre la custodia in carcere appariva l’unica idonea a prevenire dette esigenze anche perchè proporzionata alla pena che presumibilmente verrà inflitta. Avverso la decisione presentavano ricorso per Cassazione gli indagati e deducevano:
– violazione dell’art. 361 c.p.p. in quanto l’individuazione di persona eseguita dalla P.G. non poteva essere considerata fonte di gravi indizi perchè eludeva le garanzie di difesa dell’indagato e minava all’origine la possibilità di acquisire prove piene quali la ricognizione di persona e la deposizione testimoniale; inoltre, in tal caso, l’individuazione non appariva assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini essendosi già proceduto al fermo degli indagati; l’individuazione era poi avvenuta senza la presenza del difensore nonostante che i due fossero già formalmente sottoposti ad indagine; violazione dell’art. 195 c.p.p. in quanto l’annotazione di P.G. nella quale erano state raccolte le dichiarazioni della vittima al momento del fatto non potevano essere utilizzate visto che poi si era rifiutata di firmare il relativo atto di verbalizzazione, trattandosi di una inutilizzabilità patologica.
La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato. Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto contrasta sia con il dettato normativo che con la giurisprudenza di legittimità sul punto.
L’individuazione di persona, pur non essendo una prova formale, deve rispettare alcune regole dettate per la ricognizione e comunque ha valore di grave indizio di colpevolezza (Sez. 2, 7 aprile 1994 n. 1725, rv. 197342; Sez. 4, 4 febbraio 2004 n. 16902, rv. 228043; Sez. 2, 15 gennaio 2004 n. 5043, rv. 227511). Quanto alla circostanza che nel caso di specie non servisse alla prosecuzione delle indagini è smentito dalla circostanza che mancando la sottoscrizione delle dichiarazioni indizianti rese dalla parte lesa appariva assolutamente necessario verificare l’attendibilità di quelle rese nell’immediatezza del fatto.
Il secondo motivo di ricorso appare patimenti infondato visto che in fase cautelare i gravi indizi debbono essere valutati alla luce della normativa applicabile e certamente l’art. 195 c.p.p. si riferisce alle deposizioni testimoniali della P.G. cioè al divieto di deporre in giudizio; comunque nel caso di specie le dichiarazioni rese dalla parte lesa utilizzate dal GIP erano quelle rese alla P.G. nell’immediatezza del fatto e non verbalizzate per la situazione contingente di urgenza di provvedere al ricovero in ospedale, rientranti cioè nella fattispecie di cui all’art. 195 c.p.p., comma 4, in relazione alle quali la deposizione dell’ufficiale di P.G. è consentita anche in dibattimento (S.U. 28 maggio 2003 n. 36747, rv.
225469; Sez. 12 novembre 2005 n. 42226, rv. 232399). I ricorrenti debbono essere condannati in solido al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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