Cass. pen., sez. I 22-12-2008 (02-12-2008), n. 47537 Instaurato a seguito di opposizione a provvedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Melfi in parziale riforma della ordinanza emessa il 23.1.2008 impugnata da C. G. applicava allo stesso l’indulto richiesto dal Pubblico ministero limitatamente a 24 giorni di reclusione e Euro 3.718,49 di ammenda, così riconoscendo valore alla volontà del C. di rinunziare beneficio per la residua pena detentiva.
Premetteva che l’ordinanza 23.1.2008 era stata emessa dallo stesso Tribunale all’esito della pronunzia n. 25803 del 12.6.2007 di questa Corte che aveva qualificato opposizione, ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4, (secondo periodo), il ricorso proposto dal Pubblico ministero avverso l’ordinanza con la quale il 24.1.2007 del Tribunale di Melfi accogliendo la rinunzia del C. all’indulto, aveva rigettato la richiesta del Pubblico ministero di applicazione del beneficio di cui alla L. n. 241 del 2006 alla pena di due anni cinque mesi e 29 giorni di reclusione, già in esecuzione in regime di affidamento in prova ai servizi sociali, e Euro 3.615,20 di multa, oggetto di cumulo del 7.10.2005.
Riteneva tuttavia ammissibile l’opposizione del C. rilevando che la decisone 23.1.2008, di applicazione dell’indulto sulla pena oggetto di cumulo 23.3.2007, successivo rispetto a quello oggetto della originaria domanda, equivaleva nella sostanza a decisione de plano, opponibile ex art. 667 c.p.p., comma 4.
Nel merito osservava che la rinunzia all’indulto manifestata dal C. assieme alla volontà di beneficiare dello stesso solo per 24 giorni e per la pena pecuniaria era sorretta dall’interesse dello stesso a portare a compimento l’affidamento in prova e a beneficiare perciò, all’esito della prova, di situazione giuridica oggettivamente più vantaggiosa, vuoi in previsione della estensione della misura alternativa ad altre condanne, vuoi in considerazione del più ampio effetto estintivo dell’esito favorevole della misura alternativa.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il Procuratore della repubblica presso il Tribunale di Melfi chiedendo l’annullamento.
Premesse nel dettaglio le vicende procedurali, denunzia violazioni di legge processuale e sostanziale nonchè mancanza, contraddittorictà e manifesta illogicità della motivazione sotto molteplici aspetti censurando in particolare:
2.1. – la ritenuta ammissibilità della opposizione del C. avverso provvedimento che risultava a sua volta preso nell’ambito del giudizio di opposizione inscenato con il ricorso del Pubblico ministero e che poteva dunque essere impugnato solo mediante ricorso per Cassazione; nonchè l’incomprensibile qualificazione come provvedimento de plano dell’ordinanza 16.4.2008, stando alla quale sull’opposizione del Pubblico ministero alla ordinanza 24.1.2007 si sarebbe omesso di provvedere;
2.2. – l’illegittima motivazione per relationem al provvedimento 24.1.2007, che stando a quanto prima rilevato nella stessa ordinanza impugnata nulla aveva a che vedere con l’ordinanza de plano opposta;
2.3. – l’erroneità e apoditticità, comunque, della affermazione, in quella contenuta che "il beneficio dell’indulto è rinunciabile da parte del condannato", non essendo l’indulto rinunziabile;
2.3. – l’irrilevanza, e l’erroneità comunque, delle considerazioni in ordine agli effetti più vantaggiosi dell’affidamento in prova, trattandosi di valutazioni non formulatali in astratto e in vista di un esito futuro e incerto;
2.4. – la arbitrarietà della equiparazione della posizione dell’imputato, il cui diritto a rinunziare all’amnistia e alla prescrizione è stato riconosciuto in funzione di tutela del suo diritto di difesa (C. cost. 175 del 1971 e 275 del 1990), e quella del condannato che non avrebbe diritto di valutare in termini di suo interesse la rinunzia dello Stato ad esercitare la sua pretesa punitiva (tant’è che nessuno dei provvedimenti particolari che hanno concesso indulto ne ha mai previsto la rinunzi abilità);
2.5. – la arbitrarietà, infine e in ogni caso, dell’accoglimento di una rinunzia parziale ovvero frazionata al beneficio (e avanzata dopo che l’indulto stesso era stato già concesso con l’ordinanza 9.1.2008).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il provvedimento in esame appare irrimediabilmente viziato, in rito, a causa della anomala sequenza procedimentale da cui è scaturito.
Come ricordano lo stesso provvedimento impugnato e il Procuratore generale ricorrente, all’origine di tale sequenza stava la richiesta del Pubblico ministero, avanzata il 1.8.2006 al Tribunale di Melfi quale giudice dell’esecuzione, di applicazione dell’indulto concesso con la L. n. 241 del 1006 alla residua pena di 2 anni, 5 mesi e 3 giorni di reclusione (oltre che di Euro 3.615,20 di multa) che C.G. doveva espiare in forza del provvedimento di cumulo e contestuale ordine di esecuzione 7.10.2005 (per un totale di 2 anni, 9 mesi e 29 giorni di reclusione, di cui 4 mesi e 26 giorni già espiati in regime di affidamento in prova dal 6.3.2006 al 1.8.2006). In relazione a tale richiesta il C. avanzava istanza volta ad ottenere la prosecuzione della espiazione della pena in regime alternativo, manifestando la volontà di rinunziare al provvedimento di clemenza.
Con ordinanza 24.1.2007 il Tribunale di Melfi accoglieva "l’istanza di rinuncia" all’indulto e respingeva la richiesta del Pubblico ministero.
Il Pubblico ministero proponeva ricorso, che veniva qualificato opposizione da questa Corte con sentenza 12.6.2007 nella quale si osservava che il provvedimento, in tema di indulto, era stato assunto dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 672 c.p.p. il quale prevede che si proceda a norma dell’art. 674 c.p.p., comma 4 e che perciò a norma dell’art. 667 c.p.p., comma 4, l’impugnazione deve essere proposta nelle forme dell’opposizione avanti lo stesso giudice. Trasmessi gli atti al Tribunale di Melfi come giudice dell’opposizione, con memoria depositata nel corso del procedimento, il Pubblico ministero esibiva un nuovo, successivo, provvedimento di cumulo e chiedeva l’applicazione dell’indulto a quota della diversa pena in questo individuata. Il Tribunale con ordinanza 23.1.2008 recepiva l’oggetto della nuova domanda del Pubblico ministero e dichiarava condonati 3 anni di reclusione e Euro 3.718,49 di multa sulla maggior pena (di 3 anni e 24 giorni di reclusione) fissata con il provvedimento di cumulo 24.12.2007.
Il C. depositava atto di "opposizione – impugnazione", lamentando con il tra l’altro violazione del diritto di difesa per le modalità procedurali seguite e instando quindi per la "rinunzia" all’indulto, limitata questa volta alla pena di tre anni, con esclusione perciò dei residui 24 giorni di reclusione e della pena pecuniaria.
Il Tribunale, con il provvedimento 16.4.2008 qui censurato, qualificava l’atto opposizione e l’accoglieva, dopo aver rilevato che era ammissibile perchè la decisone 23.1.2008, di applicazione dell’indulto sulla pena oggetto del cumulo 23.3.2007, era stata adottata "per economia processuale" nell’ambito del procedimento di opposizione instaurato dal Pubblico ministero avverso l’ordinanza del 24.1.2007, ma equivaleva a decisione de plano, opponibile ex art. 667 c.p.p., comma 4.
2. Come lamenta il ricorrente, sono stati dunque pronunziati tre successivi provvedimenti di merito ammettendosi l’opposizione avverso un provvedimento preso all’esito di una procedura d’opposizione, ma ciò è avvenuto perchè il giudice della precedente opposizione (quella inscenata su ricorso del Pubblico ministero) ha irritualmente modificato il thema decidendum (l’oggetto del giudizio) a seguito di richiesta avanzata con memoria dal Pubblico ministero nel corso del giudizio e di ciò si doleva la difesa del condannato nell’atto di impugnazione avverso il secondo provvedimento di merito.
3. Occorre dunque ripetere che è principio consolidatosi già nel sistema processuale previgente che il procedimento per incidente di esecuzione in materia penale ha carattere sicuramente giurisdizionale (C. cost. n. 98 del 1982). Nel quadro normativo delineato dal codice vigente, il percorso di integrale giurisdizionalizzazione di ogni momento della fase esecutiva, realizzata sulla traccia della direttiva contenute nell’art. 2, n. 96 della Legge Delega (oltrechè dalla prima subdirettiva del numero 3) in concomitanza con i più penetranti poteri riconosciuti al giudice dell’esecuzione, produce di necessità l’accentuazione del rilievo da dare alle garanzie del contraddittorio e della difesa. Pur svolgendosi con forme semplici e presentando caratteristiche notevolmente diverse da quelle del giudizio di cognizione, il processo di esecuzione deve attuarsi perciò con il rispetto delle garanzie fondamentali previste per ogni giudizio, prime fra tutte quelle connaturali all’esercizio del diritto difesa, concernenti la possibilità d’avvalersi di difesa tecnica (C. cost. n. 69 del 1970), la tendenziale parità tra accusa e difesa, la possibilità di un effettivo contraddittorio tra le ragioni dell’una e dell’altra, le quali presuppongono tutte, perchè siano effettive, la preventiva conoscibilità della domanda dell’accusa e la necessaria correlazione della pronunzia a tale domanda: di modo che, come all’imputato, anche al condannato sia assicurata la possibilità di difendersi.
Ne discende che seppure l’opposizione al provvedimento assunto de plano, a norma dell’art. 667 c.p.p., comma 4, non ha natura d’impugnazione, poichè consiste in un’istanza di rivalutazione diretta al medesimo giudice, lo scopo ad essa precipuo, "d’introdurre il contraddittorio tra le parti ed ottenere una decisione più meditata, frutto del dibattito dialettico e, quindi, consapevole di ogni profilo valutabile" (S.U. n. 3026 del 28/11/2001, Caspar Hawke), non consente comunque modificazioni dell’oggetto della decisione, ovverosia del giudizio, tanto più ad iniziativa del solo opponente e nel corso del procedimento d’opposizione. La devoluzione, per quanto ampia, della cognizione alla fase partecipata non può che riguardare insomma il medesimo thema decidendum oggetto del provvedimento preso de plano.
3.1. Erroneamente il Tribunale ha recepito la mutatio libelli inopinatamente introdotta dal Pubblico ministero con memoria nel corso del (primo) giudizio d’opposizione. Ed erroneamente, il Tribunale, ha ritenuto di poter porre rimedio a tale vizio introducendo un "terzo grado" di merito a seguito della "impugnazioneopposizione" del condannato che (anche) di esso si lamentava, giacchè l’unico rimedio concesso avverso la pronunzia resa, a seguito di opposizione era il ricorso per Cassazione. Come ricorso andava qualificata dunque l’impugnazione, non essendo consentito al giudice a quo ritenerla solo al fine di assicurare all’impugnante il "secondo grado" di merito che gli sarebbe spettato sulla diversa domanda della parte pubblica: e senza considerare che così facendo reiterava il vizio denunziato, di trasformazione dell’oggetto del giudizio, lasciando sostanzialmente inesaurita la fase della procedura partecipata instaurata con l’originaria opposizione del Pubblico ministero, mai formalmente rinunziata.
4. Ne consegue:
– che la "impugnazione-opposizione" del C. avverso l’ordinanza 23.1.2008 del Tribunale di Melfi deve essere qualificata ricorso in applicazione del principio di conservazione dell’atto, al quale da voce normativa l’art. 568 c.p.p., comma 5, applicabile in ogni stato e grado in virtù del richiamo implicito a tale disposizione contenuto nell’art. 591 c.p.p., comma 4, per il quale l’ammissibilità dell’impugnazione è appunto verificabile in ogni stato e grado (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 7038 del 04/05/2000, Lipari, nonchè, per l’applicazione indiscussa di tale principio, S.U. n. 36084 del 24/06/2005, punto 6 del diritto);
– che deva dichiararsi che il Tribunale di Melfi non poteva, all’esito del giudizio di opposizione avverso l’ordinanza presa de plano il 24.1.2007, decidere su una diversa domanda del Pubblico ministero, avente ad oggetto un nuovo cumulo e una nuova richiesta di applicazione dell’indulto su differenti condanne;
– che va di conseguenza annullata la ordinanza 16.4.2008 impugnata che ha erroneamente deciso sulla "opposizione" del C. e che assorbe, avendola qualificata provvedimento de plano e riformata, quella del 23.1.2008;
– che travolgendo l’annullamento entrambi i provvedimenti presi in sede d’opposizione, va disposto il rinvio al Tribunale di Melfi perchè proceda all’esame della opposizione del Pubblico ministero, già a quel Tribunale trasmessa con sentenza 12.6.2007 di questa Corte.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Melfi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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