Corte cost. 17-12-2008 (02-12-2008), n. 418 (ord.) Imposte e tasse – Norme della Regione Campania – Incentivi alle imprese per l’attivazione del piano di azione per lo sviluppo economico regionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 2, e 4, comma 2, della legge della Regione Campania 28 novembre 2007, n. 12 (Incentivi alle imprese per l’attivazione del piano di azione per lo sviluppo economico regionale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 1° febbraio 2008, depositato in cancelleria il 6 febbraio 2008 ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;
udito nell’udienza pubblica del 2 dicembre 2008 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi l’avvocato dello Stato Vittorio Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Rosanna Panariello per la Regione Campania.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 1° febbraio 2008 e depositato il 6 febbraio successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione – questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 2, e 4, comma 2, della legge della Regione Campania 28 novembre 2007, n. 12 (Incentivi alle imprese per l’attivazione del piano di azione per lo sviluppo economico regionale);
che il ricorrente premette che le norme censurate prevedono misure d’aiuto da concedersi secondo le procedure previste dagli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59), in particolare attribuendo un credito d’imposta o bonus fiscale sia alle imprese che effettuano nel territorio regionale nuovi investimenti produttivi in beni strumentali materiali e immateriali (art. 3, comma 2), sia a quelle che incrementano il numero di lavoratori dipendenti o ne stabilizzano l’occupazione nelle unità locali ubicate sul territorio regionale (art. 4, comma 2);
che il ricorrente medesimo lamenta che le norme impugnate violano la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tributi erariali, perché non circoscrivono l’operatività delle suddette misure di agevolazione ai soli tributi regionali, come espressamente previsto dal comma 2 dell’art. 4 del decreto legislativo n. 123 del 1998, ma estendono «i sistemi di compensazione di tali misure anche ai tributi erariali, in violazione altresí del disposto dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, che, ai commi 1 e 2, consente eventuali compensazioni dei crediti solo relativamente a tributi erariali espressamente indicati»;
che, secondo la difesa erariale, tale estensione è preclusa al legislatore regionale, perché la Corte costituzionale, con la sentenza n. 37 del 2004, ha evidenziato che, fino a quando non avrà avuto luogo l’introduzione dei princípi di coordinamento del sistema tributario ai sensi dell’art. 119 della Costituzione – la determinazione dei quali compete allo Stato -, le Regioni non possono incidere sulla vigente disciplina dei tributi statali;
che si è costituita la Regione Campania, senza nulla dedurre;
che il 10 luglio 2008, l’Avvocatura generale dello Stato, nell’interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, ha depositato atto di rinuncia al ricorso, in considerazione dell’entrata in vigore della legge reg. Campania 14 aprile 2008, n. 6;
che in udienza il difensore della Regione Campania ha dichiarato di accettare la rinuncia senza previa deliberazione della Giunta regionale, sostenendo che l’art. 31 della legge 22 maggio 1971, n. 348 (Approvazione, ai sensi dell’articolo 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Campania), esclude la necessità di una tale deliberazione.
Considerato che, successivamente alla proposizione del ricorso, la Regione Campania, con la legge regionale 14 aprile 2008, n. 6, ha aggiunto all’art. 3 della legge reg. 28 novembre 2007, n. 12 (Incentivi alle imprese per l’attivazione del piano di azione per lo sviluppo economico regionale), il comma 8 e all’art. 4 della stessa legge il comma 10, i quali, con identica formulazione, stabiliscono che «Le modalità e le procedure di accesso alle agevolazioni, di utilizzo del credito di imposta da parte dei soggetti beneficiari della concessione di agevolazione – nei limiti delle risorse finanziarie regionali ad esso destinate -, di effettuazione delle verifiche necessarie a garantire la corretta applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, la disciplina dei rapporti finanziari sono definite previa stipula di apposito accordo tra la regione Campania, il Ministero dell’economia e finanze e l’Agenzia delle entrate»;
che, proprio «in considerazione delle modifiche apportate dalla Regione alle misure impugnate», il ricorrente ha rinunciato al ricorso, affermando che tali modifiche hanno sostanzialmente recepito le censure proposte, riportando la procedura relativa alle suddette agevolazioni nell’àmbito della competenza statale;
che il difensore della Regione Campania ha dichiarato in udienza di accettare la rinuncia senza depositare una deliberazione di accettazione della Giunta regionale, affermando che, in base al secondo comma dell’art. 31 della legge 22 maggio 1971, n. 348 (Approvazione, ai sensi dell’articolo 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Campania), la Giunta regionale delibera, «in materia di liti attive e passive», solo su «rinuncia e transazione» e, in particolare, nei ricorsi davanti alla Corte costituzionale, solo «sulle rinunzie agli stessi»;
che la materia della legittimazione all’accettazione della rinuncia al ricorso nel giudizio costituzionale è regolata dall’art. 25 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, il quale stabilisce che tale accettazione deve provenire dalla parte;
che né dette norme integrative, né la legge 11 marzo 1953, n. 87, né il «regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale», le cui norme sono richiamate dall’art. 22, primo comma, di tale legge «in quanto applicabili», prevedono una specifica disciplina del potere del difensore nel giudizio costituzionale di accettare la rinuncia al ricorso;
che, in difetto di una tale specifica disciplina, trova applicazione il principio generale desumibile dall’art. 306, secondo comma, del codice di procedura civile, il quale regola nello stesso modo la legittimazione alla rinuncia agli atti del giudizio e quella relativa alla corrispondente accettazione, prevedendo che «le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali […]» ed escludendo, così, che l’accettazione della rinuncia rientri tra i poteri propri del difensore;
che, pertanto – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della Regione Campania – la previsione del secondo comma dell’art. 31 dello statuto regionale, secondo cui la Giunta regionale delibera, sentito il Consiglio, sulle rinunzie ai ricorsi davanti alla Corte costituzionale, deve essere interpretata nel senso che la Giunta delibera anche sull’accettazione delle rinunzie ai medesimi ricorsi;
che da ciò consegue che la menzionata accettazione da parte del difensore della Regione Campania non ha effetto, non avendo questi il relativo potere;
che la rinuncia non regolarmente accettata dalla controparte, pur non comportando l’estinzione del processo, può fondare, unitamente ad altri elementi, una dichiarazione di cessazione della materia del contendere per carenza di interesse del ricorrente (ex plurimis, sentenze n. 320 del 2008 e n. 451 del 2007; ordinanza n. 345 del 2006);
che, nella specie, non risulta che la norma impugnata abbia avuto medio tempore applicazione;
che il suindicato intervento normativo – richiedendo il menzionato «apposito accordo tra regione Campania, il Ministero dell’economia e finanze e l’Agenzia delle entrate» per l’applicazione delle impugnate norme agevolative – può ritenersi satisfattivo della pretesa avanzata con il ricorso, anche in considerazione dell’inequivoco contenuto dell’atto di rinuncia;
che è, perciò, venuto meno l’interesse del ricorrente a coltivare il ricorso, con conseguente cessazione della materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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