Cass. pen., sez. I 16-12-2008 (04-12-2008), n. 46240 Inottemperanza al divieto di rientro nel territorio dello Stato – Conseguente adozione di ulteriore ordine di allontanamento – Illegittimità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con sentenza emessa in data 19.12.2007 il Tribunale di Trieste, davanti al quale le parti proponevano istanza congiunta di applicazione della pena, assolveva ai sensi dell’art. 129 c.p.p. il cittadino extracomunitario O.P., nato in (OMISSIS), dal reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, in quanto l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale entro cinque giorni emesso dal Questore di Udine in data 14.1.2005, al quale era stato ritenuto inottemperante nel presente processo, essendo stato fermato in Trieste il 31.3.2005, seguiva un precedente decreto di espulsione del Prefetto di Trieste in data 22.3.2004 e consequenziale ordine di allontanamento del Questore in relazione al quale era stato arrestato il 13.1.2005 e condannato con sentenza 14.1.2005, irrevocabile il 15.4.2005, alla pena di sei mesi di reclusione. In tale situazione, secondo la sentenza impugnata, il Questore non avrebbe potuto ordinare per la seconda volta l’allontanamento, bensì avrebbe dovuto disporre l’accompagnamento coattivo alla frontiera.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste deducendo violazione di legge e segnalando la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza all’interno della Corte di Cassazione nonchè la necessità di dare alla norma incriminatrice di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 quater, un significato tale da renderla in concreto applicabile, non apparendo accettabile che lo straniero che abbia reiterato la propria condotta, possa addirittura beneficiare di una situazione più favorevole quale l’accompagnamento alla frontiera attraverso la forza pubblica.
Si osserva che il tema, dopo un iniziale contrasto, è stato oggetto di una giurisprudenza ormai consolidata da anni della Prima Sezione della Corte nel senso individuato dal giudice di merito (Sez. 1^ 14 dicembre 2005 n. 1052, rv. 232382; Sez. 12 febbraio 2006 n. 5888, rv.
233109).
La giurisprudenza di questa Corte ritiene infatti che, in tema di disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero, dopo una prima violazione alla inosservanza dell’ordine di lasciare il territorio nazionale, il successivo ordine di espulsione emesso dal Questore può essere eseguito soltanto mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, e, qualora ciò non sia possibile con immediatezza, lo straniero deve essere trattenuto presso un centro di accoglienza ai fini della sua completa identificazione o dell’acquisizione dei documenti di viaggio; con la conseguenza che, dopo la commissione di un primo reato ex art. 14, comma 5 ter, non è configurabile un nuovo reato previsto dalla stessa disposizione di legge che presuppone la violazione del mero ordine di allontanamento dal territorio dello stato. Ciò in quanto, dopo una prima condanna per l’inosservanza, da parte dello straniero, dell’ordine di lasciare il territorio dello stato, o comunque dopo una prima inottemperanza a quell’ordine, il Questore ha il dovere di procedere alla esecuzione immediata della nuova espulsione mediante accompagnamento alla frontiera.
Attraverso il coordinamento delle disposizioni di cui al predetto art. 14, comma 5 ter, u.p., e comma 5 quinquies è stato infatti ritenuto che il Questore sia privo del potere di emettere ulteriori intimazioni la cui osservanza è rimessa alla sola adesione volontaria dello straniero e ciò anche in considerazione della ratio della norma che è quella di assicurare la effettività dell’allontanamento dello straniero dal territorio dello stato e non anche di innescare una "spirale di condanne" idonea ad esasperare la carica criminogena della immigrazione clandestina (v. Cass. Sez. 1, n. 1288/2005; sez. 1 n. 1289/2005; sez. 1 n. 18/2006).
La sentenza impugnata ha perciò correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale.
Quanto alle osservazioni del Pubblico Ministero impugnante per cui la interpretazione ormai consolidata della disposizione incriminatrice finirebbe per favorire il clandestino inottemperante anche al secondo ordine, è solo il caso di rilevare che l’accompagnamento coattivo alla frontiera non costituisce certo un trattamento di favore, bensì, al contrario, quanto più teme il clandestino che ha dimostrato di essere pronto a tutto pur di restare in Italia e comunque quanto necessario per assicurare la effettività dell’ordine.
Il ricorso deve essere quindi respinto perchè infondato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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