Cass. pen., sez. VI 30-12-2008 (11-12-2008), n. 48488 Inosservanza o erronea applicazione della legge penale – Impugnazione del P.M.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano ha accolto la richiesta di riesame proposta da M.G. nei confronti della ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 10 giugno 2008 limitatamente al reato di favoreggiamento, ritenendo che di tale reato sussistesse l’ipotesi tentata e non consumata con la conseguenza che la pena edittale non consentiva l’adozione del provvedimento di custodia cautelare in carcere.
Confermava invece l’ordinanza custodiale per altri reati.
Al M. era stato contestato tale reato, in concorso con C. P., per avere effettuato pressioni (emergenti anche da numerose intercettazioni di conversazioni) su B.V. (già legata da relazione sentimentale col C.), persona offesa per violenza sessuale da parte di quattro amici del C. ( P., G., F.D. e F.M.), affinchè ritrattasse le accuse mosse ai violentatori. Pressioni concretatesi in minacce e promesse e nella consegna alla ragazza del testo di una bozza di ritrattazione elaborata dagli stessi indagati, i quali le facevano intendere che dalla ritrattazione potevano derivarle vantaggi, e la invitavano a copiare la missiva, dandole indicazioni sulle modalità di spedizione alla Procura della Repubblica.
Il Tribunale del riesame aveva accertato che il M. aveva agito quale mediatore tra il gruppo dei violentatori e la B., in quanto l’indagato era parente di uno di loro ed era stato a ciò spinto dai genitori di uno dei coautori della violenza.
La B. fingeva di ascoltare i suggerimenti temporeggiando, ma poi denunciava tali eventi nel (OMISSIS).
Avverso la predetta ordinanza propone ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica il quale deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione, sostenendo che l’ipotesi delittuosa contestata configurava il reato consumato e non tentato. Afferma che il solo operare pressioni sulla persona offesa per la ritrattazione integra il favoreggiamento consumato, in quanto il comportamento, a prescindere da un danno del bene tutelato, mette in pericolo tale bene (il reato è classificato dalla giurisprudenza tra i reati di pericolo), indipendentemente dal fatto che dalle pressioni segua o meno la ritrattazione. In altri termini l’aiuto a eludere le ricerche della autorità sussiste indipendentemente dal fatto che la persona adiuvata se ne sia o meno giovata (cita Cass., sez. 6 n. 22523 del 23 gennaio 2003; sez. 6 n. 6898 del 27 maggio 1986; sez. 3 n. 1929 del 9 giugno 1965; sez. 2 n. 9512 del giorno 11 dicembre 1989; sez. 2, n. 10211 del 2 luglio 1985). Conclude per l’annullamento della ordinanza in parte qua.
Il ricorso non è ammissibile.
Come emerge dagli atti, al M. sono attribuiti numerosi reati riportati nella rubrica, interamente trascritta nel ricorso, e tra essi quello di favoreggiamento per cui è stata proposta impugnazione affinchè a quest’ultimo reato sia attribuita la esatta qualificazione giuridica (delitto consumato e non tentato). Va osservato che la decisione del Tribunale del riesame ha comportato nel procedimento incidentale de liberiate la liberazione del M. solo "formale", nel senso che è rimasto fermo, a seguito della pronuncia, lo stato di custodia cautelare per gli altri reati di cui alla imputazione. Orbene, costituisce ius receptum, confortato da pronunce delle Sezioni unite (sentenza n. 42 del 13 dicembre 1995 – 29 dicembre 1995, Timpani; sentenza n. 9616 del 24 marzo 1995 – 14 settembre 1995, Boido) il principio secondo cui l’interesse del Pubblico ministero alla impugnazione non può essere inteso soltanto come quello volto esclusivamente a ottenere un provvedimento tecnicamente corretto, ma deve essere anche caratterizzato dalla possibilità di conseguire un risultato che presenti i requisiti della concretezza e della attualità. Ritiene la Corte che in ipotesi di ricorso per Cassazione del pubblico ministero in procedimento cautelare personale in tema di libertà, l’interesse dell’inquirente sia quello di ottenere il risultato di un provvedimento sulla libertà personale dell’imputato adeguato al singolo caso concreto:
sicuramente quello, in presenza di gravi indizi, di maggior garanzia possibile delle esigenze cautelari, ma eventualmente anche quello di ottenere la liberazione dell’indagato o una misura per lui più favorevole, sempre relativamente al suo status libertatis, considerato che deve sempre riconoscersi al pubblico ministero l’interesse a ottenere la esatta applicazione della legge anche se a favore dell’indagato. Nella specie, ferma la esistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari comportanti la custodia in carcere per altri reati a carico del M., non può riconoscersi l’interesse concreto e attuale del Pubblico ministero alla esatta qualificazione giuridica in ordine a un capo di imputazione che sia del tutto ininfluente ai fini della realizzazione di un risultato pratico tutelabile con l’impugnazione esperita – si ripete – nell’ambito del procedimento cautelare de libertate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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