Cass. pen., sez. I 24-12-2008 (10-12-2008), n. 48204 Individuazione della violazione più grave

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RILEVA IN FATTO E IN DIRITTO
1. – Con ordinanza, deliberata il 19 marzo 2008 e depositata in pari data, il giudice della udienza preliminare del Tribunale di Varese, in funzione di giudice della esecuzione, ha riconosciuto la continuazione tra i delitti di rapina (con reati connessi, relativi alle armi, già uniti dalla continuazione c.d. interna), commessi da A.S., in concorso con S.T. (a) a (OMISSIS), (b) a (OMISSIS) e (c) ad (OMISSIS), rispettivamente giudicati con sentenze (aa) Corte di appello di Milano 10 marzo 2003, (bb) dello stesso giudice della udienza del Tribunale di Varese 11 maggio 2007 e (cc), ancora, della ridetta Corte territoriale 24 settembre 2004; ha individuato come reato base – dichiaratamente: "in considerazione del danno e delle modalità esecutive" – la rapina commessa a (OMISSIS), per la quale era stata commisurata (prima della applicazione dell’abbattimento di 1/3 per il rito abbreviato) la pena di anni cinque, mesi sei di reclusione ed Euro 900,00 di multa, a tal fine espressamente considerando "il danno cagionato e le modalità esecutive"; ha computato gli aumenti in ragione di mesi due ed Euro 100,00 per ciascuna delle contravvenzioni, relative alle armi, e in mesi cinque di reclusione ed Euro 600,00 per i delitto, già uniti nella continuazione interna, e in anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 800,00 di multa per ciascuna delle altre due rapine; ha determinato la pena finale, per tutti i reati uniti in continuazione, in complessivi anni nove, mesi sei di reclusione ed Euro 3.300,00 di multa. Colla medesima ordinanza il giudice della esecuzione ha disatteso la richiesta del condannato per il riconoscimento della continuazione anche in relazione alla ulteriore rapina commessa (e connessi reati), perpetrata in (OMISSIS), per la quale aveva riportato condanna alla pena di anni cinque, mesi quattro di reclusione ed Euro 963,00 di multa, giusta sentenza della Corte di appello di Sassari 7 maggio 2002.
Il proposito il giudice della udienza preliminare ha motivato che il delitto in parola era stato commesso in epoca successiva a quelli unificati in continuazione, in luogo affatto diverso (un comune della (OMISSIS)) e in concorso con persona (il cugino G.E.) diversa dal complice delle altre rapine, circostanza, questa, rivelatrice della "autonomia della ulteriore determinazione criminosa, rispetto al sodalizio stabile", instaurato col precedente correo.
2. – Ricorre per Cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Sortiero Antonio, mediante atto recante la data dell’8 maggio 2008, depositato il 15 maggio 2008, col quale sviluppa quattro motivi, con i quali dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 187 disp. att. c.p.p. (primo motivo) e all’art. 2 c.p., art. 81 c.p., comma 4, e art. 671 c.p.p., comma 2 bis (terzo motivo), nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
2.1 – Con il primo il ricorrente censura che illegittimamente il giudice a quo ha assunto a pena base quella commisurata, con l’ultima sentenza di condanna, dal giudice della udienza preliminare (per la rapina di (OMISSIS)), prescindendo, tuttavia, dalla diminuente per il rito abbreviato; sostiene, quindi, che il reato base è, invece, la rapina commessa a (OMISSIS), per la quale la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna, inflitta in prime cure, con determinazione della pena base (detentiva) in anni quattro e mesi dieci.
2.2 – Con il secondo motivo il difensore contesta, sotto diverso profilo, la individuazione del reato base, fondata su valutazione, ritenuta "apodittica" e (più comprensibilmente) "priva di qualsiasi riferimento concreto"; oppone che la somma sottratta colla rapina di (OMISSIS) è di importo maggiore di quella lucrata colla rapina di (OMISSIS), mentre il modus operandi risulta identico in tutte le grassazioni.
2.3 – Con il terzo motivo il ricorrente deduce che nella determinazione degli aumenti il giudice della esecuzione avrebbe applicato retroattivamente la norma più sfavorevole, dell’art. 81 c.p., comma 4, introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 5.
Lamenta, ancora, che per errore di calcolo la pena detentiva complessiva è stata computata in anni nove e mesi sei, anzichè in anni nove e mesi tre.
2.4 – Con il quarto motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della continuazione colla rapina commessa in (OMISSIS) e, in proposito, oppone: la negazione della continuazione è incompatibile con la "inesistenza di eventi interrottivi" della esecuzione del disegno criminoso, sviluppatasi in brevissimo arco temporale; irrilevante è la considerazione del luogo di esecuzione della rapina, ben potendo prescinderne la originaria rappresentazione e risoluzione del disegno criminoso; parimenti irrilevante è la compartecipazione all’ultima rapina del cugino di A., il quale non aveva preso parte alle predenti grassazioni;
la identità dei correi è un mero indice della continuazione, che può avvincere reati commessi dalla medesima persona con correi, di volta in volta differenti; inoltre, per escludere la continuazione il giudice a quo ha tratto argomento dal rilievo dal rapporto di parentela con G.E. (dato, peraltro, affatto neutro), così incorrendo in contraddizione in quanto in due delle precedenti rapine (riconosciute avvinte dalla continuazione) risultava coinvolto altro congiunto di A. ( G.S.G., fratello di E.).
3. – Il Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 24 settembre 2008 obietta: la individuazione del reato base e il conteggio finale della pena complessiva sono corretti;
legittimamente il giudice a quo ha tenuto conto, ai fini della commisurazione degli aumenti ex art. 81 c.p., del danno cagionato dai reati; la doglianza per la continuazione denegata è fondata su "considerazioni di fatto". 4. – Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il giudice a quo è incorso nella inosservanza della legge penale.
A norma dell’art. 187 disp. att. c.p.p. ai fini della individuazione (del reato e) della pena base, nella applicazione della continuazione in executivis, il giudice della esecuzione deve tenere conto della sanzione più severa concretamente inflitta, previa, dunque, la riduzione del terzo nel caso di condanna pronunciata con le forme del giudizio abbreviato (Cass., Sez. 1, 7 ottobre 1993, n. 3964/1994, Lo Giudice, massima n. 96342; Sez. 1, 9 novembre 1995, n. 12741, Triolo, massima n. 203336, secondo la quale, appunto "la pena da prendersi in considerazione è quella risultante dopo la diminuzione di un terzo imposta dallo speciale giudizio abbreviato").
Restano assorbiti il secondo e il terzo motivo del ricorso.
5. – E’, invece, infondato il quarto motivo.
5.1 – Non ricorre il vizio della violazione di legge:
– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice della esecuzione esattamente interpretato l’art. 81 c.p., alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.
Invero il giudice a quo ha disatteso la richiesta del riconoscimento della continuazione pure con la rapina, perpetrata per ultimo in Sardegna, sul presupposto che non ricorresse il presupposto, stabilito dalla legge, della identità del disegno criminoso.
5.2 – In ordine alla quaestio facti del relativo accertamento il giudice della udienza preliminare di Varese ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
Gli è che sulla base degli indici desunti dalla analisi delle condotte delittuose, in relazione alla connotazione dei compartecipi, al tempo e al luogo della perpetrazione, il giudice della esecuzione ha tratto il convincimento che la iniziale determinazione criminosa che avvinceva le tre rapine commesse nelle province limitrofe di (OMISSIS), dal (OMISSIS), non incluse anche la rapina compiuta in (OMISSIS) nel successivo mese di (OMISSIS).
E, peraltro, lo stesso ricorrente ammette implicitamente che la rappresentazione originaria di A. non comprendeva la "individuazione del luogo" dell’ultima rapina, scelto "nella immediatezza della esecuzione del delitto" (v. p. 6 del ricorso).
Orbene, se è vero che, in assoluto, il luogo della esecuzione delle condotte di una serie criminosa progettata non necessariamente costituisce elemento essenziale della programmazione illecita a misura della fungibilità del teatro del reato in relazione alla tipologia del medesimo, nel caso, invece, dei delitti di rapina progettati a danno di banche e in compartecipazione, il luogo della commissione – per l’imprescindibile nesso che presenta con l’obiettivo della azione e con la attuazione del delitto – si palesa elemento essenziale della risoluzione di massima che informa – ancorchè nelle linee generali – il disegno criminoso, sicchè, in difetto, il proposito risulta meramente generico e, pertanto, inidoneo a integrare la continuazione.
Nella giurisprudenza di questa Corte è, infatti, consolidato il principio di diritto, secondo il quale "l’unicità del disegno criminoso non può identificarsi in un programma di attività delinquenziale", che sia meramente "generico", essendo, invece, necessaria "la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali" (v. da ultimo: Sez. 5, 12 luglio 2006, n. 40724, Pieri, massima n. 235480), epperò con deliberazione di carattere (non dunque generico, bensì) generale (Sez. 1, 22 giugno 2007, n. 28037, Assili Abdelkader, non massimata).
6. – Conseguono l’annullamento della ordinanza impugnata nella parte relativa alla individuazione della pena base e alla conseguente determinazione del trattamento sanzionatorio complessivo per i reati uniti in continuazione; il rinvio, per nuovo esame sul punto, al giudice della udienza preliminare del Tribunale di Varese; e il rigetto del quarto motivo del ricorso.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata limitatamente alla individuazione della pena base e alla conseguente determinazione del trattamento sanzionatorio complessivo per i reati uniti in continuazione e rinvia, per nuovo esame sui punti ridetti, al Gip del Tribunale di Varese.
Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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