Cass. pen., sez. VI 16-12-2008 (10-12-2008), n. 46296 Mandato d’arresto europeo – Consegna per l’estero – Rispetto dei diritti fondamentali della persona

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Con un primo motivo di impugnazione la difesa dell’imputato deduce vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all’art. 18, lett. h); art. 18, lett. v) e art. 19, lett. a), mandato di arresto europeo, sotto il profilo del dedotto mancato rispetto, da parte delle Istituzioni romene, degli standards di garanzia europei previsti per il sistema penitenziario.
In particolare, la difesa contesta la genericità di tale doglianza, quale ritenuta invece nella censurata sentenza, che non avrebbe tenuto conto:
a) che nel settembre 2005 la Commissione parlamentare italiana della Camera dei deputati per i diritti umani aveva rilevato in Romania una grave e generalizzata condizione di degrado, al punto da concludere con la "raccomandazione" di demolizione di un penitenziario;
b) che nel 2007 il Parlamento europeo aveva manifestato preoccupazione in merito al rispetto in Romania dei diritti fondamentali, protetti in particolare dall’art. 3 della C.E.D.U.;
c) che nell’ordinamento romeno non esistono istituti o misure alternative alla detenzione, con un grave "vulnus" alla funzione rieducativa e di risocializzazione della pena, con violazione del disposto dell’art. 18, lett. v), del mandato di arresto europeo.
Con un secondo motivo, che costituisce sviluppo del motivo sub 1 lett. c), si lamenta la mancata richiesta da parte della Corte di appello allo Stato di Romania di una "relazione sullo stato attuale dei penitenziari rumeni" e delle alternative alla sanzione detentiva carceraria.
Entrambi i motivi, per la loro stretta interdipendenza, vanno congiuntamente esaminati, pervenendo comunque ad un finale giudizio di loro infondatezza, come richiesto dal Procuratore generale in udienza.
Come rilevato dalla sentenza impugnata, le censure, svolte dal ricorrente, tendono a prospettare una condizione di complessiva "disumanità del sistema penitenziario" dello Stato richiedente, sotto il doppio profilo di una inadeguatezza di edilizia penitenziaria e di una assenza di risposte giudiziarie, elastiche e adeguate ai profili di risocializzazione e rieducazione del condannato.
In buona sostanza si eccepisce che il trattamento, riservato alla persona richiesta, non è in linea con i modelli di minimalità richiesti dalle norme europee e, pertanto, realizzerebbe una condizione permanente ed ostativa alla consegna, essendovi il serio rischio di trattamenti inumani e degradanti (art. 18, lett. h), in un contesto di disciplina del trattamento carcerario che risulta privo di misure alternative.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che le indicazioni offerte dal ricorrente, circa le condizioni di fatto e giuridiche, in Romania, della esecuzione di pene detentive, dopo condanna definitiva, non si sottraggano al giudizio di genericità rilevato dalla Corte distrettuale, tenuto anche conto della risalenza dei riferiti accertamenti (2005 e primi mesi del 2007).
Quanto alla mancata previsione di misure alternative, o di attenuazione della risposta giudiziaria di condanna essa non realizza in alcun modo una realtà che possa legittimare il rifiuto di consegna, il quale è consentito, previo controllo della legislazione straniera (e per reato commesso da cittadino straniero all’estero) in punto di:
a) carcerazione preventiva, laddove la legislazione dello Stato membro di emissione non preveda limiti massimi di durata (art. 18, lett. e);
b) mancanza di equità del processo e del doppio grado di giurisdizione (art. 18, lett. g);
C) omessa previsione di uno specifico favorevole trattamento anche carcerario dei minori di età (art. 18, lett. i);
d) sentenza straniera, per la cui esecuzione è stata domandata la consegna, contenente disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano.
La non ricorrenza di alcuna di tali condizioni impone quindi il rigetto dell’impugnazione, tenuto conto, per ciò che attiene al punto d), presupposto della consegna per l’estero, in base alla L 22 aprile 2005, n. 69, art. 7, comma 3, è che il reato per il quale essa è richiesta sia punibile in astratto dalla legge dello Stato membro di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a dodici mesi, non rilevando:
– che la pena detentiva sia stabilita in alternativa a una pena pecuniaria, concretamente irrogabile all’esito del giudizio (Cass. Penale sez. 6^, 11598/2007, Rv. 235948, Stoimenovski);
– che la pena detentiva (così come individuata come nella specie in caso di condanna irrevocabile) abbia sviluppi diversi dalla mera esecuzione in ambiente carcerario, in assenza di trattamenti alternativi od altri benefici penitenziari, non previsti nell’ordinamento dello Stato richiedente e non suscettibili di preventivo controllo da parte dello Stato richiesto.
Quanto alla questione del giudizio contumaciale, ripresa nel ricorso in termini di assoluta genericità, va ribadita l’argomentazione della Corte di appello di Milano e cioè che l’ordinamento dello Stato richiedente consente la rinnovazione del giudizio contumaciale e che il beneficio della sospensione condizionale della pena non integra un "diritto" del condannato neppure nel nostro sistema penale.
Il ricorso risulta pertanto infondato e la parte proponente va condannata ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22.

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