CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE – SENTENZA 14 settembre 2010, n.19510 APPELLO E PROCURA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e i due ricorsi incidentali, proposti nei confronti delle stesse sentenze, debbono essere riuniti.

1. Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo la violazione o falsa applicazione degli art. 83 e 84 c.p.c., lamentano che la corte territoriale abbia dichiarato inammissibile l’appello incidentale dagli stessi proposto, sulla base di un orientamento di questa corte, superato e, comunque, contrastato da opposto orientamento favorevole all’ammissibilità. I ricorrenti hanno pertanto sollecitato la rimessione a queste sezioni unite.

Come correttamente hanno segnalato i ricorrenti, che hanno sollecitato l’intervento di queste sezioni unite, in ordine alla questione relativa all’estensione dei poteri del difensore al quale sia stata rilasciata procura alle liti in calce all’atto d’appello notificato è insorto un contrasto all’interno della giurisprudenza della Corte.

Secondo un primo orientamento restrittivo (Cass. n. 12047/1992, 5243/1996; 2218/2001; 2218/2001, 19454/2005) nel caso in cui la procura sia apposta su un atto diverso da quelli previsti dall’art. 83, 2° comma, c.p.c., l’ambito del mandato al difensore va determinato, in mancanza di una diversa ed espressa manifestazione di volontà, con riferimento all’atto sul quale è apposto : ne consegue che in caso di procura apposta in calce alla copia notificata dell’atto di appello il mandato al difensore deve ritenersi limitato a contrastare la doglianza dell’appellante e non può in linea di principio, estendersi alla proposizione di appello incidentale, mentre, ricollegandosi a un risalente precedente (Cass. n. 1908/1961), un opposto orientamento (Cass. n. 4206/1998, 2862/1999; 2862/1999, 4793/2007, alle quali può sostanzialmente accostarsi Cass. n. 4864/2007) afferma che la procura rilasciata in calce alla copia dell’atto di appello notificato dall’avversario è valida ai fini della proposizione di appello incidentale, essendo apposta su uno degli atti elencati dall’art. 83, 3° comma, c.p.c. – che non opera distinzioni tra atti provenienti dalla parte che conferisce il mandato e quelli provenienti da controparte – ed attribuendo la legge direttamente al difensore (art. 84 c.p.c.) la facoltà di proporre tutte le domande ricollegabili con l’oggetto della causa.

2. La Corte ritiene che al fine di risolvere il contrasto non sia sufficiente il semplice ridimensionamento dell’affermazione secondo la quale la procura apposta in calce alla copia notificata dell’atto di appello non può estendersi alla proposizione di appello incidentale sulla base del rilievo che tale regola non ha valore assoluto ma di principio e che ha carattere risolutivo, invece, l’interpretazione dell’atto processuale contenente la procura alle liti (Cass. n. 4864/2007), sussistendo ben più decisive ragioni di natura interpretativa e sistematica che inducono a preferire il secondo orientamento.

La premessa di ordine generale dalla quale occorre prendere le mosse è che dalla regola secondo la quale il difensore può compiere e ricevere nell’interesse della parte tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, tra i quali vanno annoverati quelli che comportano disposizione del diritto in contesa e le domande con le quali si introduce una nuova e distinta controversia eccedente l’ambito di quella originaria (art. 84 c.p.c.) discende che l’attribuzione dei poteri processuali al difensore non deriva dalla volontà della parte che conferisce la procura alle liti ma direttamente dalla legge. Come è stato efficacemente sottolineato in dottrina, la procura alle liti costituisce “non un’attribuzione di poteri, ma semplicemente una scelta ed una designazione”.

L’ambito dei poteri del difensore può essere limitato soltanto dalla legge o da un’espressa volontà della parte ma non dalla natura dell’atto con il quale o all’interno del quale è conferita la procura alle liti o dalla collocazione formale della procura stessa. Per tale ragione non può essere condiviso il diverso orientamento che, invece, attribuisce funzione decisiva a tale collocazione, dalla quale fa derivare una presunzione, sia pure superabile da una diversa espressa volontà della parte, di coincidenza dell’ambito dei poteri processuali con l’oggetto dell’atto al quale accede la procura alle liti. Tra l’altro l’opposta tesi non si fa carico della contraddizione tra l’affermazione pacifica secondo la quale la procura alle liti per il grado d’appello espressa in termini generici con atto pubblico o scrittura privata autenticata, ai sensi del secondo comma dell’art. 83 c.p.c., comprende il potere di proporre appello incidentale, mentre sarebbe necessaria un’espressa volontà della parte per autorizzare il procuratore a proporre impugnazione incidentale quando la procura sia apposta in calce all’atto d’appello notificato, come il terzo comma dell’art. 83 c.p.c. espressamente consente.

È evidente, tuttavia, che in tal modo è violata la regola stabilita dell’art. 84 c.p.c. secondo la quale l’espressa volontà della parte è idonea a limitare i poteri del procuratore derivanti dalla legge, ma è irrilevante al fine di attribuire i poteri stessi.

Né una limitazione dei poteri del difensore al quale sia rilasciate procura in calce al’atto d’appello può derivare, implicitamente, dalla natura eccezionale del potere di proporre appello incidentale, perché, dall’affermazione della natura speciale, ma non eccezionale della norma che prevede l’impugnazione incidentale tardiva (art. 334 c.p.c.) (Cass. n. 6311/1988) deriva, a maggior ragione che analoga natura deve riconoscersi al potere di proporre impugnazione incidentale, in generale (art. 333 c.p.c.).

L’orientamento che appare più convincente ha tratto anche argomento dal rilievo che è pacifico che tra i poteri che la legge attribuisce al difensore munito di procura è compreso anche quello di proporre domande riconvenzionali e che tali domande presentano elementi comuni con l’appello incidentale in quanto entrambi contengono richieste di segno contrario a quelle avanzate dall’attore (o da altre parti intervenute o chiamate in giudizio) o dall’appellante principale (ovvero da altri appellanti incidentali), non comportano disposizione del diritto in contesa e non introducono un nuovo oggetto del giudizio (così Cass. n. 4206/1998; 4206/1998). Tali rilievi non appaiono superati dalle contrarie osservazioni formulate da Cass. n. 19454 del 2005 che coglie le differenze tra appello incidentale e domanda riconvenzionale, ai fini che ora interessano, in ciò che il primo comporta un’iniziativa della parte che aveva fatto acquiescenza alla sentenza impugnata, può aver ad oggetto un capo di sentenza diverso da quello appellato, può essere diretto contro una parte diversa dall’appellante principale e può essere proposto da una parte diversa da quella nei cui confronti l’appello è stato notificato, chiamata a integrare il contraddittorio ex art. 331 o nei cui confronti sia stata ordinata la notifica dell’impugnazione principale ai sensi dell’art. 332 c.p.c., può avere ad oggetto un provvedimento diverso da quello oggetto del ricorso principale.

Ora, a parte la non decisività del rilievo, può innanzi tutto osservarsi che certamente la parte che non ha proposto appello principale può ritenersi che abbia accettato il rischio del passaggio in giudicato della sentenza parzialmente sfavorevole, ritenendo più utile giovarsi della parte favorevole della sentenza stessa, ma una cosa è ipotizzare la probabile strategia processuale, desumendola dalla mancata iniziativa della proposizione dell’appello e altra è affermare che tale comportamento costituisca acquiescenza in senso tecnico rispetto alla quale la proposizione dell’appello incidentale si configurerebbe come contrarius actus. La circostanza poi che l’appello incidentale possa essere diretto contro un capo di sentenza diverso da quello impugnato in via principale non implicherebbe comunque ampliamento dell’oggetto del giudizio definito dalla stessa sentenza, così come non comporta tale ampliamento la domanda riconvenzionale, anche nell’ipotesi in cui, come è ammesso pacificamente dalla giurisprudenza, non vi sia connessione per il titolo della domanda principale o dell’eccezione, ma semplice collegamento obbiettivo che non comporti spostamento della competenza. Inoltre non soltanto l’appello incidentale, ma anche la domanda riconvenzionale può essere proposta nei confronti di soggetto diverso dall’attore (come accade in caso di domanda proposta nei confronti di altro convenuto o di soggetto chiamato in causa o intervenuto) e da soggetto diverso dall’originario convenuto, (nel caso di reconventio reconventionis dell’attore espressamente disciplinata dall’art. 183, quinto comma c.p.c.).

Infine, se è vero che è stata ritenuta ammissibile l’impugnazione incidentale nei confronti di un provvedimento diverso da quello oggetto dell’impugnazione principale tuttavia precisato che deve comunque trattarsi di provvedimento adottato nello stesso processo e che esso concorra alla determinazione dell’oggetto della pronuncia resa sulla medesima domanda (Cass. n. 6664/1997, 4789/2001).

È, infine, decisiva l’osservazione (Cass. n. 4793/2007) secondo cui l’orientamento favorevole all’ammissibilità dell’appello incidentale proposto da difensore al quale sia conferita procura alle liti in calce all’atto d’appello notificato appare garantire maggiormente il diritto di azione e di difesa dell’appellato e soddisfa le esigenze di economia processuale, con ciò rappresentando un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale idonea a dare attuazione ai principi stabiliti dagli articoli 24 e 111 Cost.

Il motivo deve essere pertanto accolto.

3. Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., i ricorrenti sostengono che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto nuova la domanda di risarcimento dei danni, in quanto basata sull’invocata applicazione dell’art. 1 del protocollo n. 1 della convenzione di Roma, così come interpretato dalla corte di Strasburgo, non tenendo conto che con l’atto introduttivo del giudizio è stato richiesto il risarcimento dei danni e che l’indicazione di una ragione giuridica diversa da quella dedotta con tale atto non immuta la domanda.

Con il terzo motivo i ricorrenti, lamentano che con omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, la corte territoriale abbia ritenuto applicabile il criterio di stima sintetico – comparativo, pur mancando adeguati elementi di riferimento consistenti nell’indicazione di terreni di caratteristiche simili e di atti di compravendita compiuti in epoca prossima a quella rilevante (1978). Inoltre erroneamente sarebbe stato disatteso il riferimento ai dati risultanti da un quotidiano specializzato, in funzione integrativa degli elementi desunti da pochi atti di compravendita riferiti ad epoca anteriore a quella rilevante.

I motivi restano assorbiti dalla cassazione della sentenza non definitiva perché il giudice del rinvio dovrà esaminare la domanda di liquidazione dei danni, anche alla luce della nuova disciplina dettata con la legge n. 244 del 2007.

4. Con il primo motivo del ricorso incidentale la regione e l’ufficio regionale del Genio civile, deducendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 2945, 3° comma e 2935 c.c., censurano la sentenza non definitiva per avere rigettato l’eccezione di prescrizione, affermando che la sospensione del giudizio civile in attesa della definizione di quello amministrativo non aveva impedito l’esercizio del diritto al risarcimento dei danni, in quanto l’atto d’esproprio impugnato davanti al t.a.r. poteva essere disapplicato dal giudice civile, perché emesso in carenza assoluta di potere e successivamente all’acquisizione della proprietà del suolo.

Con il secondo motivo si deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’eccezione di difetto di legittimazione passiva, affermando che le domande dovevano essere rivolte solo nei confronti del comune di Bari, beneficiario dell’opera pubblica e delegato alla sua costruzione ex art. 1 della legge n. 641 del 1967. Ricostruito il quadro normativo relativo al trasferimento dallo Stato alle regioni delle funzioni amministrative in materia di espropriazione di aree per l’edilizia scolastica, la Regione osserva che l’emissione del decreto di occupazione provvisoria di urgenza da parte del presidente della giunta regionale non implica titolarità del potere di esproprio, avendo essa agito su delega dello Stato, cui tale potere spettava fino al definitivo trasferimento avvenuto solo con il d.l. n. 376 del 1975.

5. Il comune di Bari con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2945, comma 3, c.c. e 2947 c.c. contesta le affermazioni della Corte di Appello circa gli effetti della sospensione del giudizio in relazione alla decorrenza della prescrizione, negando che in presenza di un decreto di espropriazione emesso da autorità incompetente e successivamente all’acquisizione della proprietà del suolo, l’impugnazione davanti al giudice amministrativo potesse giustificare la sospensione del giudizio civile per i danni.

Con il secondo motivo il comune deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 – 16 e ss. L. 641/67 (come modificati dal d.l. 24/10/1969 n. 701, convertito nella legge n. 952/1969), del d.m. 14/5/1968, del decreto del Provveditore alle O.O.P.P. del 31/01/1971, dell’art. 10 del D.P.R. n. 8 del 1972 e dell’art. 17, comma 1, del d.l. n. 376/1975, convertito nella legge 493/75, dell’art. 2043 c.c. e dei principi di tema di responsabilità ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il ricorrente incidentale contesta la propria legittimazione passiva non essendo responsabile per la mancata tempestiva emissione del decreto di esproprio, riferibile alla sola omissione della regione Puglia e del ministero dei lavori pubblici.

6. È preliminare l’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale della regione Puglia sollevata dal comune di Bari in quanto la procura rilasciata in data 12 settembre 2006 dal presidente della giunta regionale a margine del controricorso e ricorso incidentale di data 3 ottobre 2006 si riferisce solo all’impugnazione della sentenza definitiva ma non anche a quella della sentenza non definitiva.

Come è stato già osservato (Cass. n. 10539/2007, 28227/2005) la procura apposta in calce o margine del ricorso o del controricorso per cassazione, formando materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce rende irrilevante l’eventuale errore materiale, facilmente riconoscibile, circa gli estremi della sentenza impugnata. Ora, nel caso di specie, è ben vero che nella procura a margine del controricorso e ricorso incidentale della regione Puglia e dell’Ufficio del Genio civile della stessa regione si fa riferimento alla sentenza n. 331/2006, che è la sentenza definitiva, ma a pag. 2 dello stesso atto, con il quale la procura fa corpo, i provvedimenti impugnati sono indicati oltre che con riferimento alla sentenza definitiva anche con quello alla sentenza non definitiva e il ricorso incidentale contiene censure a statuizioni della sentenza n. 127 del 2004. È pertanto evidente che la procura alle liti contiene un errore materiale che è irrilevante alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati.

7. Il primo motivo del ricorso incidentale della regione Puglia e il primo motivo del ricorso incidentale del comune di Bari pongono la stessa questione della prescrizione del diritto al risarcimento vantato dai privati e pertanto possono essere congiuntamente esaminati.

I motivi non sono fondati perché trascurano la circostanza di fatto che il processo civile è stato effettivamente sospeso e che la sospensione è stata disposta su accordo o senza opposizione di tutte le parti. L’effetto sospensivo, pertanto, ha reso impossibile azionare il diritto al risarcimento dei danni, restando irrilevante l’eventuale illegittimità del provvedimento di sospensione che non è stata fatta valere dal comune. Del pari irrilevante è la natura radicale del vizio dell’atto amministrativo o il fatto che tale vizio fosse stato rilevato dopo che la proprietà dei suoli era già passata in testa all’ente pubblico, perché stante la sospensione, il giudice ordinario non avrebbe comunque potuto esercitare alcun potere di cognizione (v. in senso conforme Cass. n. 9040/2008).

8. Sono anche infondati il secondo motivo del ricorso incidentale della regione e quello del comune che prospettano, in modo speculare, la questione del difetto della propria legittimazione passiva, perché la corte territoriale ha correttamente osservato che la responsabilità concorrente di entrambi gli enti territoriali deriva dal fatto che il comune, sulla base di quanto disposto dalla legge n. 641/1967 sull’edilizia scolastica non universitaria, aveva la qualità di ente espropriante e in quanto tale aveva l’onere di sollecitare le autorità competenti all’adozione dei provvedimenti ablativi, mentre la regione, avendo già disposto il provvedimento di occupazione d’urgenza aveva anche l’onere di completare il procedimento con l’adozione del provvedimento di esproprio.

I ricorsi incidentali debbono, pertanto essere rigettati, ma la sentenza non definitiva deve essere cassata in relazione all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla pronuncia sulle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La corte, riuniti i ricorsi, rigetta i ricorsi incidentali, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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