CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 20 gennaio 2010, n.918 TESTAMENTO OLOGRAFO: CADONO I LIMITI EX ART. 2725, II COMMA, C.C.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

1. – La prima censura concerne la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 602, 606, 684, 2724, n. 3, e 2725 cod. civ. Avrebbe errato la Corte di merito nell’escludere che l’atto mancante dei requisiti richiesti ad substantiam per la validità del testamento possa essere completamente ricostruito mediante prova testimoniale ovvero avvalendosi di presunzioni. Osserva la ricorrente che il richiamato art. 684 cod. civ., nel disciplinare la fattispecie della distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento olografo, grava l’interessato dell’onere di vincere la presunzione iuris tantum di volontà del testatore di revoca dello stesso ivi prevista, dimostrando che tali eventi non sono a lui imputabili. Una volta provato che il de cuius non ebbe l’intenzione di revocare il testamento, l’interessato è tenuto a dimostrare quale ne fosse il contenuto e la forma, al fine di provare che esso possedeva, prima della distruzione o lacerazione, i requisiti di forma prescritti, a pena di nullità, dall’art. 602 cod. civ. Una siffatta dimostrazione non potrebbe che essere fornita attraverso testimonianze o presunzioni. A fortiori sarebbe possibile, ad avviso della ricorrente, effettuare, mediante ricorso a deposizioni o presunzioni, la ricostruzione della parte mancante della scheda testamentaria di cui si tratta, già di per sé significativa della forma e del contenuto che il testamento integro possedeva.

2. – La seconda doglianza ha ad oggetto la violazione e/o falsa applicazione del principio di diritto desumibile dagli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., e 684, 2724 e 2725 cod. civ., nonché la assoluta carenza e/o insufficienza e/o erroneità della motivazione su di un punto decisivo della controversia, attinente alla prova dell’assenza di una volontà di revoca da parte del testatore in merito al testamento lacerato in questione. Avrebbe errato la Corte di merito nell’escludere che, in caso di distruzione o lacerazione della scheda testamentaria, le deposizioni dei testi che confermino la redazione dell’atto o la volontà del testatore di lasciare i propri beni ad una determinata persona possano integrare la prova che la distruzione o lacerazione non sia imputabile al de cuius o che quest’ultimo non fosse animato da volontà di revoca. Nella specie, il giudice di secondo grado non avrebbe tenuto conto che alcuni testi avevano precisato che, due giorni prima del decesso, F. C., ricoverato in ospedale, aveva confermato alla moglie l’esistenza di un testamento in suo favore che la nominava erede universale: circostanza che avrebbe suffragato la tesi che il de cuius non aveva alcuna intenzione di revocare il testamento. La Corte territoriale avrebbe obliterato le risultanze istruttorie, e svolto considerazioni del tutto astratte, estranee al contesto probatorio, e congetture illogiche e prive di alcuna valenza giuridica, come quella secondo la quale ove la C., unica interessata alla distruzione di un testamento che nominava erede universale la P., avesse realmente operato in tal senso, avrebbe distrutto interamente l’atto, e non ne avrebbe lasciato solo il frammento di cui si tratta.

3.1. – Le due censure, da esaminare congiuntamente in quanto avvinte da un evidente nesso logico-giuridico siccome dirette sostanzialmente entrambe al risultato di contestare l’affermazione del giudice di merito relativa alla impossibilità di attribuire alcun rilievo all’atto carente dei requisiti formali richiesti per la validità di un testamento, sono fondate nei termini che seguono.

3.2. – La Corte territoriale, muovendo dalla esatta premessa del particolare rigore formale richiesto dal legislatore per la validità del testamento, è pervenuta alla errata conclusione secondo la quale il frammento di un atto – che non rileva, nella specie, essere stato prodotto in copia fotostatica, possedendone, in quanto non espressamente disconosciuto, lo stesso valore probatorio ai sensi dell’art. 2719 cod. civ. – che sembri essere la parte finale di una scheda testamentaria, non avendo i predetti requisiti di forma, non possa essere ricostruito mediante prova testimoniale ovvero avvalendosi di presunzioni.

A prescindere dalla considerazione che l’orientamento, conforme alla prevalente dottrina, della giurisprudenza di legittimità – per vero risalente, ma non smentito -, secondo il quale la norma dell’art. 2725, secondo comma, cod. civ. (peraltro mai evocata nella sentenza impugnata), che limita l’ammissibilità della prova testimoniale sull’esistenza e sul contenuto di un atto per cui è richiesta ad substantiam la forma scritta, quando sia dimostrata la perdita incolpevole del documento, è applicabile anche al testamento (v. Cass., sent. n. 1348 del 1966, ed, in precedenza, sentenze n. 236 del 1964, n. 880 del 1961 e n. 4623 del 1954), è stato sottoposto a revisione critica da parte di una certa dottrina, sia pure minoritaria, e dalla ulteriore considerazione della opinabilità dell’applicazione della tesi maggioritaria alle ipotesi in cui, come nella specie, si tratti di interpretare il rinvenuto frammento di un atto, prodotto da chi intenda avvalersi di esso, qualificandolo come disposizione testamentaria in proprio favore, e non già di ricostruire un documento distrutto che l’interessato pretenda contenesse disposizioni a sé favorevoli, deve, comunque, chiarirsi che la dimostrazione della non addebitabilità all’istituito del mancato reperimento della scheda originale, che, per quanto dianzi sottolineato, può venire in rilievo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2724 n. 3 e 2725 cod. civ., ai fini dell’ammissibilità della richiamata prova testimoniale diretta a ricostruire il contenuto del testamento, presuppone in ogni caso il positivo esperimento della prova contraria alla presunzione di avvenuta revoca della disposizione testamentaria (sent. n. 12098 del 1995).

Ed infatti, l’art. 684 cod. civ. dispone che il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo: prova, codesta, che ben può essere fornita attraverso deposizioni testimoniali.

3.3. – Ebbene, nella specie, la Corte di merito, pur prendendo in esame – sia pure solo in via ipotetica – la possibilità della integrazione del contenuto della scheda testamentaria di cui era (asseritamente) parte il frammento lacero prodotto in giudizio dalla attuale ricorrente, ha immotivatamente escluso sic et simpliciter che dichiarazioni testimoniali confermative dell’avvenuta redazione dell’atto ovvero della volontà del de cuius di lasciare i suoi beni ad una determinata persona costituiscano elementi idonei ad integrare la prova contraria alla presunzione legale dettata dal richiamato art. 684 cod. civ. Il giudice di secondo grado non ha preso in alcun modo in esame le specifiche deduzioni svolte dalla ricorrente, limitandosi, invece, ad ipotizzare, in via generale, la possibilità che il testatore, successivamente agli accadimenti riportati dai testimoni (o accertati mediante presunzioni), abbia mutato opinione e abbia inteso revocare il testamento mediante lacerazione.

Ma, attraverso tale illazione, la Corte territoriale ha sostanzialmente ritenuto che solo la certezza dell’avvenuta distruzione da parte di un terzo della scheda testamentaria sia idonea a fugare ogni dubbio su una eventuale volontà del testatore di revocare la disposizione, escludendo, invece, la possibilità che sia fornita la dimostrazione che la lacerazione, per qualsiasi causa avvenuta, della scheda testamentaria non coincida con detta volontà di revoca. In tal modo, la Corte fiorentina ha disatteso il dettato normativo di cui all’art. 684 cod. civ., in piena aderenza al quale parte della giurisprudenza e della dottrina hanno, tra l’altro, riconosciuto che perfino in caso di distruzione del testamento da parte dello stesso de cuius la presunzione di revoca dello stesso può essere vinta dalla prova contraria (v. Cass., sent. n. 12098 del 1995, cit.).

Senza considerare il carattere arbitrario della ulteriore argomentazione – per la verità, dichiaratamente svolta solo ad abundantiam – secondo la quale ove la C., unica interessata a distruggere un testamento che designava quale erede, secondo la ricostruzione della P., la stessa ricorrente, avesse effettivamente proceduto in tal senso, non si sarebbe certamente limitata ad una distruzione parziale del documento, lasciando il frammento della scheda poi rinvenuto da quest’ultima.

4. – L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso assorbe l’esame della terza censura, avente ad oggetto la denuncia di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia in relazione alla domanda proposta in primo ed in secondo grado in via subordinata, diretta ad ottenere, nella ipotesi in cui non fosse stata riconosciuta la qualità di erede testamentaria dell’attrice, attuale ricorrente, la condanna della C. al pagamento di una somma a titolo di restituzione del prestito concesso al coniuge e di rimborso delle spese sostenute per le onoranze funebri dello stesso.

5. – Conclusivamente, vanno accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rinviata ad un diverso giudice – che si individua in altra sezione della Corte d’appello di Firenze, cui si demanda altresì il regolamento delle spese del presente giudizio – che riesaminerà la controversia alla luce dei principi di diritto sopra enunciati, e quindi, in particolare, valutando la sussistenza o meno agli atti processuali della prova contraria alla presunzione di cui all’art. 684 cod. civ.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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