CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 5 gennaio 2010, n.23 LAVORI SU STRADA DI PROPRIETÀ ESCLUSIVA E RISARCIMENTO DEL DANNO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

M.V., con l’unico articolato motivo, denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., 1294 c.c., 2043 c.c., artt. 2697 c.c. e segg., art. 115 e 116 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché motivazione inesistente circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 n. c.p.c.” esponendo doglianze da riassumere come segue.

A) La Corte di Appello si è limitata ad enunciare il principio di diritto, secondo cui “la responsabilità del committente sussiste solo nelle ipotesi in cui risulti che l’incarico è stato colpevolmente affidato ad impresa tecnicamente inidonea, ovvero che questa ha cagionato il danno su specifiche e vincolanti istruzioni dell’appaltante” così concludendo: “Nella specie tali circostanze non sono state ne provale ne allegate.”; ma ha omesso di accertare l’applicabilità dello stesso alla fattispecie in esame. L’attore ha provato incontestabilmente le circostanze dell’effettuazione di scavi profondi in prossimità del muro di cinta, del restringimento della carreggiata di accesso alla sua proprietà ad una larghezza inferiore a 1,80 m., della presenza della buca e delle sue caratteristiche di insidia, della presenza, infine, del palo in disuso appartenente alla stessa X Spa. Incombeva a quest’ultima, pertanto, quale committente dell’opera ed autrice del progetto, provare d’avere adottato direttamente o tramite il direttore dei lavori tutte le misure idonee ad evitare il danno. La X spa, viceversa, non ha provato ciò. È pacifico che l’impresa appaltatrice ha eseguito il progetto elaborato dalla X spa. Questa, infatti, ha progettato un’opera di scavo per la posa dei cavi elettrici in prossimità del muro di cinta e ad una profondità tale da ledere le fondamenta dello stesso e la sua stessa stabilità; inoltre, in detto progetto fu previsto uno scavo, senza tener conto che questo avrebbe ridotto la carreggiata, creando disagio e pericolo a chi era costretto a passarvi con automezzi.

B) L’attività di scavo, di sbancamento, di rivolgimento o spostamento di masse terrose costituisce “attività pericolosa”, come tale fonte di presunzione di responsabilità, che, secondo l’art. 2050 cod. civ., può essere vinta solo con la prova positiva che l’esercente l’attività pericolosa ha impiegato ogni cautela e misura atte ad impedire l’evento dannoso. Nella sentenza impugnata, viceversa, manca qualsiasi esame, valutazione e motivazione sul punto.

C) Va richiamato, infine, il principio della solidarietà tra condebitori posto dall’art 1294 c.c., in forza del quale, “quando un medesimo danno è provocato da più soggetti per inadempimento di contratti diversi intercorsi”, sia il committente sia l’appaltatore devono essere considerati corresponsabili in solido, “trattandosi di presunzione iuris tantum che evita al creditore il disagio di dover esercitare la sua pretesa nei confronti di ogni debitore”. Nel capo di sentenza che decide sull’appello Y ass.ni spa nulla si dice.

Il ricorso non può essere accolto poiché l’impugnata decisione è fondata su una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.

In particolare va rilevato quanto segue: – 1) La Corte di merito ha, in modo parzialmente implicito ma chiaramente, negato che M.V. abbia provato od anche solo allegato che l’impresa a cui la X spa aveva appaltato i lavori “…abbia cagionato il danno operando su specifiche e vincolanti istruzioni dell’appaltante…”; di fronte a tale netta tesi la parte ricorrente aveva l’onere di esporre specifiche e rituali argomentazioni circa la sussistenza di dette allegazioni e prove; invece il ricorrente si è limitato ad affermazioni sostanzialmente apodittiche pure nelle sue enunciazioni essenziali (ad es. “…È pacifico che l’impresa appaltatrice ha eseguito il progetto elaborato dalla X spa…”); ed in ogni caso comunque generiche in quanto prive di adeguato supporto argomentativo circa la specifica dimostrazione della rituale e tempestiva sottoposizione ai Giudici di merito di dette allegazioni e prove; con la conseguenza che la parte centrale dell’assunto difensivo in questione è inammissibile prima ancora che privo di pregio; – 2) circa il punto B (riguardante la responsabilità ex art. 2050 c.c.) la X DISTRIBUZIONE s.p.a. ha eccepito (e ribadito nella sua memoria) la novità e quindi l’inammissibilità della questione; detta inammissibilità in effetti sussiste; infatti nell’impugnata sentenza tale problematica non è affrontata; la parte ricorrente avrebbe pertanto dovuto indicare ritualmente se ed in quale atto, nonché (per il principio di autosufficienza del ricorso; cfr. tra le altre Cass. n. 376 del 11/01/2005; Cass. n. 20321 del 20/10/2005; Cass. n. 1221 del 23/01/2006; Cass. n. 8960 del 18/04/2006; Cass. sentenza n. 7767 del 29/03/2007; Cass. sentenza n. 6807 del 21/03/2007; Cass. sentenza n. 15952 del 17/07/2007) in quali esatti termini, le tesi medesime erano state sottoposte (in fatto) al giudizio del Giudice di secondo grado (cfr. tra le altre Cass. sentenza n. 20518 del 28/07/2008: “Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questiona stessa”, cfr. anche Cass. n. 14590 del 2005).”; pure le doglianze in questione debbono dunque ritenersi inammissibili prima ancora che prive di pregio, – 3) l’inaccoglibilità delle doglianze di cui ai punti A) e B), concernenti l’an debeatur in questione, priva di base le doglianze (circa “…il principio della solidarietà tra condebitori posto dall’art. 1294 c.c. …” elencate sub C).

Non rimane dunque che rigettare il ricorso principale.

Il ricorso incidentale deve ritenersi assorbito in quanto condizionato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come indicato nel seguente dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale M.V. a rifondere alla X DISTRIBUZIONE s.p.a. le spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 2.000,00 per onorario oltre euro 200,00 per spese vive ed oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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