CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – SENTENZA 6 novembre 2009, n.23630 SENTENZA DICHIARATIVA DI PATERNITÀ: QUALI LE CONSEGUENZE SUL PIANO ECONOMICO PER I GENITORI?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il C. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, là dove il Giudice a quo ha ritenuto legittima la condanna del genitore al rimborso in favore dell’altro delle spese sostenute per il mantenimento del minore fin dalla nascita, nonostante non ci fosse domanda della B. al riguardo.

Il motivo è fondato.

È pacifico che la B. non avesse formulato domanda al riguardo. È bensì vero che la sentenza dichiarativa della paternità conferisce al figlio un differente status, comprensivo del diritto al mantenimento con efficacia retroattiva, fin dalla nascita; ne consegue che da tale data decorre l’obbligo del genitore dichiarato di rimborsare in proprio l’altro genitore che abbia provveduto al mantenimento del figlio; ma la condanna al rimborso di tale quota per il periodo anteriore alla proposizione dell’azione non può prescindere da una espressa domanda di parte, proposta jure proprio e non in rappresentanza del figlio, nell’ambito della definizione di rapporti pregressi tra debitori solidali in relazione a diritti disponibili (vedi, al riguardo, tra le altre, Cass. n. 26575 del 2007).

Con il secondo motivo del ricorso, che può trattarsi congiuntamente con il terzo, essendo strettamente collegato ad esso, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 155, 2697 cc, 6, comma 9, L. n. 898 del 1970, in relazione dell’art. 360 n. 3 cpc, nonché omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio. Sostiene il ricorrente che il giudice a quo si sia univocamente richiamato alle condizioni economiche dei genitori, senza per nulla considerare le esigenze reali ed attuali del minore, nato nel omissis.

L’art. 155 cc novellato, che il ricorrente ritiene violato (e la cui disciplina trova sicura applicazione, ai sensi dell’art. 4 l. n. 54 del 2006, anche “ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”: è appena il caso di precisare che in tale ambito rientrano pure, oltre i procedimenti di cui all’art. 317 bis cc, là dove i genitori hanno riconosciuto il proprio figlio naturale, pure le controversie, come nella specie, di natura economica, collegate o conseguenti ad una procedura di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità di figlio minore, posto che, ai sensi dell’art. 277 cc, il Giudice può dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione del figlio, nonché per la tutela dei suoi interessi patrimoniali), fornisce una regolamentazione più specifica dei rapporti economici tra genitore e figlio. È vero che il Giudice, nel determinare l’importo dell’assegno per il minore, deve considerare le “attuali esigenze del figlio”, ma deve pure valutare il tenore di vita goduto dal figlio stesso in costanza di convivenza con entrambi i genitori, nonché le risorse economiche di questi, in tal modo realizzando il “principio di proporzionalità” tra i genitori nel mantenimento del figlio. Dunque la condizione economica dei genitori sicuramente rileva e trova pieno riscontro nel principio generale dell’art. 148 cc, per cui essi adempiono l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo le capacità di lavoro professionale o casalingo.

Del resto, le “esigenze attuali del figlio”, cui l’art. 155 cc novellato attribuisce comunque sicura preminenza, non sono certamente soltanto quelle inerenti il vitto e l’alloggio e riferite a spese correnti; attinente ad esse è indubbiamente l’acquisto di beni durevoli (indumenti, libri ecc.), che non rientra necessariamente tra le spese straordinarie; più in generale, le esigenze del minore, necessariamente correlate ad un autonomo e compiuto sviluppo psicofisico, riguardano non solo il profilo alimentare, ma pure quello abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, di assistenza morale e materiale, nonché l’opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere alle complesse ed articolate necessità di cura ed educazione (sul punto, tra le altre, Cass. n. 11025/97).

Non si ravvisa, nella specie, violazione dell’art 147 cc (la tenera età del minore evidentemente impedisce allo stato di ravvisare specifiche potenzialità, capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni) né dell’art. 2697 cc (in materia familiare, e massimamente, nel rapporto genitori – figli, l’onere della prova non assume particolare rilevanza, potendo il giudice effettuare accertamenti d’ufficio e ricorrere a presunzioni, considerazioni generali, ecc., cui non è necessariamente estraneo il principio di equità: e non a caso proprio all’equità faceva riferimento, nella specie, il giudice di primo grado, nel determinare la complessiva somma mensile di Euro 1.800,00 a favore del minore, di cui l’importo di Euro 1.200,00 a carico del padre).

La valutazione delle “’esigenze attuali del minore” spetta evidentemente al giudice del merito: nella specie, dal contesto motivazionale della pronuncia impugnata emerge con chiarezza, seppur per implicito, un sicuro riferimento a tali esigenze, complesse ed articolate, come sopra indicate, ancorché necessariamente correlate alle condizioni economiche dei genitori.

Vanno dunque rigettati poiché infondati il secondo e terzo motivo.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso non comporta alcuna ulteriore valutazione di merito. Il Giudice di primo grado non poteva condannare il C. al pagamento di somma a favore della B. per i rapporti pregressi, in mancanza di domanda di questa, ed il Giudice d’Appello avrebbe dovuto accogliere il relativo motivo, riformando conseguentemente la sentenza del Tribunale minorile.

Va cassata sul punto la sentenza impugnata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 cpc, per cui questa Corte, ove ritenga che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito, cassa senza rinvio.

La natura della causa ed il tenore della decisione richiedono la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, senza rinvio; dichiara compensate le spese di giudizio tra le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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