CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 28 ottobre 2009, n.22807 RESPONSABILITA’ PER DANNO CAGIONATO DA COSE IN CUSTODIA EX ART. 2051 C.C.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

1. – Osserva il Collegio che il punto centrale del ricorso è costituito dall’inquadrabilità della vicenda, esclusa dal giudice dell’appello, ma invocata dalle ricorrenti, nell’ambito dell’art. 2051 c.c. e di cui trattano il primo, terzo e quarto motivo.

Essi sono formulati rispettivamente come totale travisamento del fatto (il primo e il secondo); mancanza di prova da parte del condominio del caso fortuito (terzo motivo) e, di conseguenza, asserita carenza e contraddittorietà di motivazione su di un punto decisivo della controversia, allorché la sentenza impugnata ha affermato che “solo la condotta abusiva del D. ha reso possibile l’accesso di estranei alla piscina”.

Queste censure ritiene il Collegio che vadano esaminate congiuntamente.

2. – Va osservato che, così come formulato e non solo nella sua intestazione, il primo motivo e il secondo motivo, che è rubricato come travisamento del fatto – e, quindi, errore revocatorio – sono inammissibili, perché tutt’al più potrebbero essere oggetto di revocazione (Cass. n. 5149/03).

Il terzo motivo, circa la sussistenza del caso fortuito, così come accertato in sentenza, va disatteso.

Di vero, il giudice dell’appello ha accertato che il F. ebbe un comportamento colposo e questo comportamento è stata causa esclusiva dell’evento dannoso: la sua morte.

Infatti, è incontestato tra le parti che il F. era estraneo al condominio; che egli sapeva nuotare da “principiante” e, quindi, è stato quanto meno imprudente nell’avventurarsi nella piscina; che la sua condotta rivestiva il carattere della eccezionalità, perché non era previsto né prevedibile un suo accesso stante la circostanza pacifica che l’impianto era chiuso e che egli non figurava tra le persone autorizzate ad accedervi.

Questi elementi, che le stesse ricorrenti in punto di fatto riconoscono, salvo ad evidenziare che il condominio non avrebbe superato la presunzione di responsabilità a suo carico, perché il D. comunque ne avrebbe permesso l’accesso e non era il giardiniere, bensì il custode materiale del complesso e, quindi, dell’impianto e, comunque, era un dipendente del Condominio, sono stati posti a fondamento della decisione.

Al riguardo, il giudice dell’appello con un ragionamento appagante dal punto di vista motivazionale ha escluso la sussistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, perché ha accertato che l’evento è avvenuto per caso fortuito.

Il dispiegarsi del fattore causale, la ricerca dell’effettivo antecedente dell’evento dannoso, l’indagine sulla condotta del danneggiato – il F. – sono stati esaminati in modo approfondito dal giudice dell’appello, il cui apprezzamento risulta insindacabile in questa sede perché sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 472/03).

Ed, infatti, il giudice dell’appello ha ricostruito la vicenda in questi termini:

a) il F. e il suo collega G. avevano ottenuto un permesso dal D. “come da precedenti accordi”, senza, però, che sia stato indicato da parte attrice il titolo che legittimasse il D., indicato in un primo tempo come “custode” e in un secondo tempo come giardiniere dal collega del F., lo G.;

b) era credibile il condominio allorché aveva negato che il D. avesse un rapporto diretto di lavoro con esso Condominio;

c) il complesso residenziale era ben protetto al punto che per giungere alla piscina occorreva superare un secondo cancello.

Da questi elementi il giudice dell’appello ha dedotto che nessuna tolleranza vi era stata da parte del Condominio “di un diffuso uso abusivo della piscina da parte di estranei e la piscina non era ancora nemmeno aperta, all’utenza interna e proprio del Condominio” (p. 17 – 18 sentenza impugnata) e ha ritenuto sussistere il caso fortuito, consistente nell’abusivo, perché non autorizzato dal condominio né da un suo sottoposto, accesso alla piscina da parte del F..

La valutazione in questi termini, operata dal giudice del merito, consente di ritenere, quindi, infondate le censure nel loro insieme, anche per quanto concerne il secondo motivo (violazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. per vizio di motivazione e per travisamento del fatto, sotto altro profilo) sia perché non si indica quale sia il vizio della motivazione, sia perché come travisamento del fatto è inammissibile.

Osserva, infatti, il Collegio che il giudice dell’appello non solo ha argomentato congruamente circa l’asserito contrasto tra le disposizioni del regolamento in ordine ai tempi dell’apertura della piscina e alcune fotografie scattate subito dopo l’evento morte del F., ma lo stesso giudice ha dato contezza del suo convincimento, non solo in base al predetto regolamento, quanto soprattutto in base a circostanze non contestate, peraltro, nella loro materialità e nel loro accadimento.

Di vero, va affermato che il giudice dell’appello ha tenuto presente l’art. 5 del regolamento che riconosceva ai soli condomini e agli utenti in possesso di tessere l’accesso alla piscina ed ha argomentato, in maniera dirimente per escludere la responsabilità del Condominio, in base a quanto accertato in punto di fatto, ovvero che il F. assieme al collega G. e alle due ragazze era entrato in piscina “grazie alla compiacenza del D. e alcuni giorni prima della sua apertura prevista dal omissis al omissis di ogni anno” (p. 16 sentenza impugnata).

Non solo, ma ha posto in rilievo quel giudice che il F. non aveva alcun titolo all’accesso, essendo egli e il suo collega, nonché le due ragazze, soggetti estranei al Condominio.

A leggere, quindi, la sentenza non si rinviene alcun vizio di motivazione, mentre a leggere il motivo viene prospettata una censura che investe la ricostruzione della fattispecie concreta, senza, peraltro, specificare di quale vizio di motivazione si tratti (v. S.U. n. 10313/06 m. 589877, citata anche dal resistente Condominio).

In sostanza, il comportamento colposo del F., l’“autorizzazione” illegittima del D., di cui, però, le ricorrenti non discutono né hanno allegato nelle fasi di merito né lo fanno in questa sede alcun indizio che possa contrastare quanto invece dedotto dal Condominio (assenza di un qualsivoglia rapporto di lavoro subordinato con esso Condominio, autorizzazione a rilasciare il permesso di accedere alla piscina a persone estranee al c.d. suo dipendente, inagibilità della piscina prima della apertura prevista) sono elementi che, in una valutazione coordinata e complessiva della vicenda, non potevano che indurre alla decisione emessa.

La Corte territoriale ha, quindi, sostanzialmente ritenuto che l’evento era da attribuirsi in via esclusiva al comportamento imprudente del danneggiato.

Trattasi di una ricostruzione minuziosa delle modalità del fatto generatore del danno, che si risolve nell’esclusione del rapporto di causalità tra cosa in possesso del custode (nella specie, la piscina e il Condominio) ed evento, che, essendo congruamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità di questa Corte.

Al contrario, la valutazione dell’evento dannoso (come si evince anche dalla intitolazione delle censure – prima e seconda – proposta dalle ricorrenti) si sostanzia in un apprezzamento di fatto, diverso da quello operato dal giudice del merito ed è come tale inammissibile in questa sede (Cass. n. 2430/04, in motivazione).

Peraltro, il Condominio ha mostrato di aver vinto la presunzione di responsabilità a suo carico, essendo emerso dagli accertamenti in corso di causa e dalle modalità del fatto:

a) l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa custodita e l’evento verificato (Cass. n. 2062/04).

b) questo fattore esterno era assolutamente imprevisto ed imprevedibile perché non era ancora maturato il tempo di apertura della piscina; vigeva il divieto che persone estranee avessero diritto di usufruire della piscina; per accedere alla piscina vi era un ulteriore cancello da aprire e traversare; nessun permesso era stato dato al terzo – il F. – per entrarvi da parte dell’amministratore né alcun assenso era stato dato a D. per permettere l’accesso di terzo.

Si sono verificati integri, quindi, i caratteri tipici ed imprescindibili del fortuito, ovvero l’imprevedibilità e l’eccezionalità (Cass. n. 2284/06).

Quanto sopra esposto e considerato rende assorbito il quinto motivo, molto generico e, quindi, inammissibile.

Peraltro, una volta accertata la sussistenza del caso fortuito e cioè una volta escluso il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, resta esclusa anche la responsabilità ex art. 2043 c.c., che, inoltre, non sembra essere stata coltivata nelle fasi di merito.

Conclusivamente, il ricorso va respinto, ma sussistono giusti motivi per compensare le spese, tenuto conto degli alterni esiti processuali delle fasi di merito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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