CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE – SENTENZA 22 giugno 2010, n.23862 CONDANNA PER MAMMA E PAPÀ CHE NON HANNO VIGILATO SUI FIGLI AL FINE DI EVITARE CHE DISTURBASSERO I VICINI.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto e diritto

Il Tribunale di Velletri condannava L. A. e M. T. per il reato di cui all’art. 659, primo comma, c.p. alla pena di euro 40 di ammenda per aver arrecato disturbo al riposo delle persone provocando rumori e schiamazzi ripetuti, consistiti in violenti litigi e nel non aver vigilato affinché i figli piccoli arrecassero disturbo ai vicini. Osservava che il reato era sussistente in quanto le condotte erano state reiterate nel tempo, vi erano state molte proteste formali e i rumori erano stati in grado di recare disturbo a più persone e cioè a più vicini confinanti.

Avverso la decisione presentavano ricorso gli imputati e deducevano violazione di legge e difetto di motivazione in quanto il capo di imputazione era indeterminato, non specificando in quali condotte consistevano i rumori e gli schiamazzi, era contestato un unico episodio mentre in motivazione si parlava di più fatti, infine i rumori se anche prodotti non erano stati in grado di arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone ma solo ai vicini.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.

Il comportamento tenuto dagli imputati era idoneo ad arrecare disturbo per il riposo e l’occupazione di un numero indeterminato di persone che abitavano nelle case adiacenti ed il reato sussiste purché sussista la capacità del comportamento in sé ad arrecare disturbo indipendentemente dal fatto che poi effettivamente più persone si siano lamentate, trattandosi di reato di pericolo contro la tranquillità pubblica (Sez. 113 dicembre 2007 n. 246, rv. 238814; Sez. 19 dicembre 1999 n. 1394, rv. 215327; Sez. 119 ottobre 1993 n. 1700, rv. 197475). Nel caso di specie il comportamento per la sua capacità diffusa era in grado di arrecare disturbo a una pluralità di abitazioni vicine e quindi sussisteva il requisito richiesto dalla legge.

I ricorrenti debbono essere condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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