Cass. pen., sez. I 27-11-2008 (18-11-2008), n. 44331 Applicabilità del beneficio – Irrilevanza.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
1.1 Con ordinanza del 28 gennaio 2008 il G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta dal P.M. avverso precedente ordinanza del G.I.P., resa il 6.10.2006, con la quale era stata a sua volta rigettata l’istanza del rappresentante della pubblica accusa volta ad ottenere l’applicazione del beneficio del condono di cui alla L. n. 241 del 2006 alle pene inflitte in danno di M.G. con le sentenze pronunciate il dì 11.10.2001 ed il 4.2.2003.
Il giudice dell’esecuzione sosteneva la sua decisione osservando che con la sentenza del dì 11.10.2001, al M. era stata applicata, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione e L. 1.000.000 di multa, in relazione ai reati di cui all’art. 416 bis c.p. e di quelli di detenzione di esplosivi, estorsione, turbativa d’asta e corruzione, pena, questa, concordata tra le parti con la concessione sia delle circostanze attenuanti generiche, sia della circostanza attenuante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 8 prevalente sull’aggravante di cui all’art. 7 della stessa Legge, contestata per tutti i predetti delitti.
Rilevava ancora il giudice a quo che il M., con sentenza del 4.2.2003 pronunciata dal G.U.P. all’esito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni dieci e mesi quattro di reclusione, anche in tale occasione con la concessione dell’attenuante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8 ritenuta prevalente sull’aggravante contestata ai sensi dell’art. 7 della stessa Legge, perchè giudicato colpevole, uniti dal vincolo della continuazione, dei seguenti reati: omicidio aggravato in danno di C.G. e Ca.Gi. consumato il (OMISSIS);
detenzione di armi comuni da sparo (reati aggravati ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7); omicidio aggravato dalla premeditazione in danno di Ma.Se.Fr., commessi il (OMISSIS); concorso in omicidio aggravato in danno di B.M. e connessa detenzione di armi commessi in epoca anteriore e successiva al (OMISSIS) detenzione aggravata anch’essa ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7. Le due sentenze, sottolineava infine il giudice a quo, subivano un provvedimento di cumulo con l’applicazione dell’art. 671 c.p.p. e la pena complessiva veniva determinata in anni dieci e mesi dieci di reclusione. Tanto premesso il giudice territoriale concludeva osservando che in relazione al reato di cui all’art. 416 bis c.p. vertesi in ipotesi di reato oggettivamente escluso dall’applicazione dell’indulto, ai sensi della L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 2, n. 11 e che per i rimanenti reati in materia di armi risulta contestata l’aggravante di cui alla L. n. 152 del 1991, art. 7 ancorchè applicata con giudizio di prevalenza su di essa l’attenuante di cui all’art. 8 stessa legge. Quanto, infine, ai reati di omicidio affermava il giudice a quo che trattatasi di condotte che pur non aggravate ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 dappoichè punite con la pena dell’ergastolo e quindi escluse, ai sensi della disciplina di cui al comma 1 della norma in rassegna, dalla possibilità di connettere ad esse l’aggravante in parola, vennero consumate avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p., di guisa che anche per esse doveva ritenersi sussistente la causa ostativa all’applicazione dell’invocato beneficio.
1.2 Ricorre avverso tale pronuncia il Procuratore della Repubblica censurandola perchè viziata, a suo avviso, da violazione di legge, sul rilievo che la pena relativa alla violazione dell’art. 416 bis c.p., pari ad anni uno, mesi 9 e giorni 10 di reclusione sarebbe stata espiata dal detenuto, attesa la scindibilità del cumulo giuridico in corso di esecuzione ai fini della fruizione dei benefici penitenziari ed atteso altresì il principio giurisprudenziale secondo il quale, per il favor rei, la pena inflitta con la sentenza di condanna relativa ai reati ostativi viene espiata per prima, mentre, per i rimanenti reati, l’applicazione della speciale attenuante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8 avrebbe determinato il venir meno della causa ostativa alla concessione del beneficio.
1.3 Depositava diffusa e motivata requisitoria scritta il P.G. presso questa Corte chiedendo il rigetto del gravame, concordando egli col giudice a quo sulla sussistenza della causa ostativa alla concessione del beneficio laddove contestata l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 ed ancorchè applicata poi, in concreto, al momento del giudizio, l’attenuante di cui all’art. 8, stessa Legge. Quanto poi ai reati di omicidio osservava il rappresentante della P.A. che gli stessi risultavano consumati in data anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 152 del 1991 e che tale circostanza temporale non impediva comunque al giudice dell’esecuzione di interpretare il giudicato e di accertare, come nel caso in esame, la eventuale finalità mafiosa delle modalità esecutive dei delitti.
1.4 In data 12.11 u.s. M.G.V. depositava memoria di replica ai sensi dell’art. 611 c.p.p. aderendo al ricorso in esame proposto dal Procuratore della Repubblica di Palermo e sostenendone le ragioni giuridiche.
2.1 Il ricorso pone più questioni di diritto, ma dirimente di ogni altra è quella che può in tal guisa essere sintetizzata: se sia applicabile la disciplina del condono in costanza di reato commesso nelle forme aggravate di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e per il quale, in sede di giudizio, risulti riconosciuta in favore dell’imputato la circostanza di cui al D.L. 13 maggio 199, n. 152, art. 8 convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203.
Al quesito ritiene il Collegio debba darsi risposta negativa per le ragioni che si passa ad esporre.
L’approfondimento del tema impone di prendere le mosse da Cass. pen., Sez. 1, 27/03/2007, n. 14432, la quale, affrontando la questione relativa alla applicabilità dell’indulto previsto dalla L. n. 241 del 2006 per un delitto escluso nella forma aggravata dalla concessione del beneficio, ma in costanza del riconoscimento, in favore dell’autore della condotta, di circostanze attenuanti ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alla citata aggravante – è pervenuta alla conclusione negativa partendo dall’esame comparativo dei decreti indulgenziali che si sono succeduti nel tempo, e cogliendo, in particolare, la differenza terminologica adoperata dal legislatore a secondo che abbia voluto riconoscere o meno rilevanza al giudizio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti indicate come ostative all’applicazione dell’indulto.
Secondo il citato indirizzo interpretativo va infatti rilevato che la costante giurisprudenza di legittimità (vedi Sez. Un. 3/2/1980, proc. Iovinella; Cass. sez. 1, 19/5/1982 proc. Nicotra; Cass. sez. 2, 15/06/1990 proc. Artese) – con riferimento ai decreti di indulgenza n. 413/1978, n. 744/1981 e n. 865/1986 – ha escluso l’applicazione dell’indulto in relazione a determinati reati commessi nelle forme aggravate, ritenendo del tutto ininfluente il riconoscimento delle attenuanti con giudizio di prevalenza. Infatti in tali provvedimenti di indulgenza i termini adoperati dal legislatore – "reato aggravato" oppure "ricorre l’aggravante" – non alterando la fattispecie legale tipica del reato aggravato, non consentono la concessione dell’indulto quando ricorrono determinate aggravanti, ancorchè dichiarate subvalenti rispetto alle concesse attenuanti.
Viceversa discorso diverso è stato fatto, annota il citato precedente, con riferimento al D.P.R. n. 394 del 1990. Infatti il prevalente indirizzo giurisprudenziale (vedi Sez, Un. n. 17 del 24/07/1991, rv. 187.856), facendo leva sui diversi termini adoperati dal legislatore nel Decreto citato, art. 3, lett. b), n. 1 ("ove applicate le circostanze aggravanti specifiche …"), ha ritenuto applicabile l’indulto, ad esempio, al reato aggravato ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, qualora le attenuanti siano state dichiarate prevalenti sull’aggravante. Infatti in tale ipotesi le aggravanti non possono ritenersi "applicate", in quanto non hanno inciso minimamente sulla entità della pena, avendo dette attenuanti (dichiarate prevalenti) svolto appieno la funzione di alleviamento della pena.
Passando ora all’esame della norma in questione, va rilevato che la L. n. 241 del 2006, art. 2, ai fini della esclusione dell’applicazione dell’indulto per una serie di reati in relazione ai quali ricorrano determinate aggravanti, adopera termini ben precisi ("l’indulto non si applica … per i delitti … aggravati dall’art. …") in linea con i precedenti provvedimenti indulgenziali diversi da quelli di cui al D.P.R. n. 394 del 1990. Da ciò discende che nel caso in esame deve ritenersi irrilevante il riconoscimento di attenuanti, ancorchè dichiarate prevalenti sulle aggravanti, in quanto il legislatore con la terminologia adoperata ha sicuramente inteso ancorare il regime delle preclusioni alla obiettiva gravità dei fatti ritenuti in sentenza, con la conseguenza che alcuna rilevanza assume la concessione di attenuanti, ancorchè dichiarate prevalenti, non elidendo questa la sussistenza di profili di particolare allarme sociale.
2.2 Ciò posto come doverosa premessa, rimane peraltro da affrontare la questione posta dalla particolare disciplina introdotta con il D.L. n. 152 del 1991, art. 8 dappoichè sulla sua natura giuridica rimane un dissenso di fondo nell’ambito di questa Corte.
La norma espressamente recita, come è noto, al comma 2: "nei casi previsti dal comma 1 non si applicano le disposizioni dell’art. 7".
La singolare disposizione ha indotto Cass. pen., Sez. 6, 20/04/2005, n. 6221 ad affermare il seguente principio di diritto: "Il riconoscimento della circostanza attenuante della dissociazione attuosa, prevista dal D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 8 conv. con L. n. 203 del 1991, secondo cui "la pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà", implica il ricorso, in deroga alla disciplina del bilanciamento delle circostanze di cui all’art. 69 cod. pen., a speciali criteri di diminuzione della pena, in forza dei quali si applica la reclusione da dodici a venti anni in luogo dell’ergastolo, non rilevando se tale ultima pena sia prevista per la forma aggravata o per la fattispecie criminosa di base", non del tutto coerente con quanto, viceversa, affermato da Cass. pen., Sez. 2, 12/07/2006, n. 34193, secondo cui "la circostanza attenuante speciale della dissociazione attuosa, prevista per i delitti di cui all’art. 416 bis cod. pen. e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso, soggiace, in assenza di un’espressa deroga di legge, alla regola generale del giudizio di comparazione con altre circostanze". 2.3. Seguendo peraltro il percorso logico-giuridico innanzi tratteggiato, non può non convenirsi che nel caso di specie la normativa in esame utilizzi l’espressione, ai fini dell’esclusione dell’applicazione dell’indulto, "ricorre l’aggravante", con la conseguenza, giova ribadirlo, che per la sussistenza della causa ostativa è richiesto soltanto che essa sia stata contestata e ritenuta esistente, irrilevante appalesandosi la circostanza che la medesima non abbia poi prodotto effetti per il riconoscimento della particolare fattispecie portata dall’art. 8, stessa Legge.
L’applicazione, nel caso di specie, del particolare effetto portato dal comma secondo di tale articolo determina esclusivamente un effetto giuridico sulla pena del reato aggravato, ma la condizione ostativa all’applicazione del condono si è già realizzata con la sua contestazione (Cass., Sez. 1, 25.09.2008, imp. Massaro).
D’altra parte la scelta del legislatore nel senso appena detto ha ragioni precise e ben individuabili nella particolare pericolosità dell’autore del reato aggravato dall’art. 7, citata Legge, che non può certo ritenersi venuta meno per la collaborazione con la giustizia (Cass., Sez. 1, 14.01.2008, 10679, rv 239652).
Il ricorso va pertanto rigettato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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