Cass. pen., sez. I 21-11-2008 (12-11-2008), n. 43723 Generalità del difensore – Necessità – Esclusione – Sufficienza del nome e cognome del difensore munito di procura speciale.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con sentenza resa il 13.04.2007, il G.U.P. presso il Tribunale di Vicenza, all’esito di giudizio abbreviato, condannava D.S. A.V. alla pena di anni dieci e mesi quattro di reclusione, oltre le pene accessorie di legge ed il risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, perchè giudicato colpevole dei reati di tentato uxoricidio (artt. 56, 577 e 576 c.p.) porto abusivo in luogo pubblico di un paio di forbici (L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 4 e art. 61 c.p., n. 2) e di due episodi di tentata violenza privata in danno della moglie (art. 56 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 610 c.p.). In sede di gravame la pena veniva ridotta dalla Corte di Appello di Venezia, con pronuncia resa il 28.03.2008, ad anni sei di reclusione. Propone ricorso per Cassazione avverso tale ultima pronuncia l’imputato, chiedendone l’annullamento perchè viziata, a suo avviso, da violazione di legge, inosservanza della legge processuale e difetto di motivazione.
Deduce in particolare il ricorrente col primo motivo di doglianza la violazione dell’art. 78 c.p.p., lett. a) e art. 122 c.p.p. dappoichè non dichiarata inammissibile la costituzione di parte civile, nonostante questa sia stata eseguita in mancanza dei requisiti prescritti e precisamente omettendo l’indicazione delle generalità del procuratore speciale nell’atto di costituzione (art. 78 c.p.p., lett. a) e quelle della persona offesa nella procura posta a margine dell’atto di costituzione (art. 122 c.p.p.).
Col secondo motivo di ricorso denuncia l’impugnante l’errata applicazione della legge penale con riferimento alla disciplina condicistica contestata all’imputato in materia di tentativo, dappoichè dalle risultanze processuali risulterebbe; a) che la p.o. non subì lesioni che determinarono pericolo di vita, b) che l’arma utilizzata dall’imputato aveva una limitata capacità di penetrazione, tanto che lo stesso consulente del P.M.. ha escluso l’adeguatezza dell’azione lesiva a cagionare la morte della vittima;
c) che sarebbe irrilevante la circostanza, particolarmente enfatizzata dalla Corte di merito, per la quale l’idoneità dell’azione delittuosa conseguirebbe alla ripetizione dei colpi portati al collo della p.l. ed alla considerazione che il collo sarebbe percorso da grossi vasi sanguigni.
Col terzo motivo di impugnazione censura il ricorrente, per un verso, la contraddittorietà della motivazione laddove, pur riconoscendo l’inidoneità dei mezzo utilizzato dall’imputato alla consumazione del reato contestato, afferma poi ugualmente la idoneità della condotta a realizzare l’ipotesi tipica contestata, e, per altro verso, la ricostruzione dei fatti, con esplicito riferimento alla mano utilizzata dall’imputato, persona mancina, per colpire la vittima ed alla collocazione delle ferite nella parte destra del corpo della vittima.
Lamenta infine il ricorrente la mancata considerazione da parte della Corte distrettuale delle sue argomentazioni difensive riferite alla ipotizzabilità, nel caso in esame, della ipotesi di cui all’art. 56 c.p., comma 4.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo di ricorso osserva il Collegio che l’art. 78 c.p.p., lett. a), impone a pena di inammissibilità per la regolare costituzione della parte civile nel processo penale, la indicazione delle generalità della persona fisica che tale ruolo processuale intende assumere, nè è possibile confondere dette generalità, nel caso in esame riportate, con quelle dei difensore munito di procura speciale, dappoichè per il difensore della parte civile la norma in esame richiede, alla lett. c), semplicemente la indicazione del nome ed del cognome con l’indicazione della procura. Nè di maggior pregio giuridico si appalesa la denunciata violazione dell’art. 122 c.p.p., posto che la costituzione di parte civile può conoscere, ma non necessariamente, tale forma di realizzazione processuale (art. 76 c.p.p., costituzione a mezzo di procuratore speciale), mentre nel caso che occupa la Corte essa è avvenuta personalmente con la procura a margine in favore del difensore. Venendo ai rimanenti motivi di doglianza, che ben possono essere esaminati contestualmente dappoichè riferiti entrambi alla idoneità della condotta posta in essere dall’imputato a determinare l’effetto lesivo della morte, ancorchè sotto distinti profili, l’uno della violazione di legge e l’altro della contraddittorietà della motivazione, giova qui ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici.
Secondo costante insegnamento di questa Corte, ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo).
Tanto premesso sul piano dei principi, va riconosciuta alla sentenza impugnata coerenza logica nella motivazione e correttezza giuridica nell’applicazione delle norme contestate.
La Corte distrettuale ha infatti affermato la idoneità della condotta consumata dall’imputato rispetto all’effetto lesivo della morte richiamando le modalità dell’azione delittuosa, che si compendiò, sottolinea il giudice territoriale, in colpi ripetuti, portati consapevolmente, con decisione e ferma determinazione, sempre verso una particolare parte del corpo, il collo, ove è possibile attingere zone vitali. Tanto, sempre per il giudice di merito, è sufficiente a trasformare l’arma utilizzata, un paio di forbici prive di apprezzabile capacità penetrativa, in uno strumento micidiale, dappoichè comunque idoneo, se utilizzato reiteratamente e con decisa volontà di offendere verso un obiettivo sempre identico, a cagionare penetrazioni letali in zone del corpo umano caratterizzate da particolare sensibilità.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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