Cass. pen., sez. II 18-11-2008 (06-11-2008), n. 43139 Consegna di copia non conforme

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale dell’Aquila, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato il provvedimento impositivo della custodia in carcere emesso il 5.6.2008 dal G.I.P. presso il Tribunale di Vasto nei confronti di B.M., indagato in ordine a partecipazione ad associazione per delinquere dedita ad estorsioni.
Il B., agente di polizia penitenziaria, avrebbe fatto da tramite fra i capi del sodalizio, l’uno – P.M. – detenuto, l’altro – T.G. – in libertà. Ricorre per cassazione il difensore, denunciando l’inosservanza degli artt. 267, 268 e 271 c.p.p. per mancanza di motivazione delle richieste e dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, oltre alla loro difficile reperibilità – con violazione del diritto alla difesa – per la mole del procedimento, che riunisce indagini originariamente distinte, e la sommaria redazione dell’indice.
La doglianza è in parte irrilevante e comunque generica, limitandosi il ricorrente a sollecitare il controllo "in modo particolare" delle pagine numerate dal 20 al 1342 del vol. 1^, senza indicare specificamente nè gli atti che ritiene viziati, nè la loro rilevanza ai fini della decisione; un simile "mandato esplorativo" non soddisfa l’obbligo di puntualizzare l’oggetto dell’impugnazione ai sensi dell’art. 581 c.p.p.. In ogni caso, vizi delle richieste del P.M. e dell’indice degli atti predisposto dalla sua segreteria non integrano alcuna causa di inutilizzabilità o nullità.
Con altro motivo di gravame viene denunciata carenza di motivazione, in particolare quanto al rilievo difensivo dell’impossibilità della fornitura di cellulari al P., ascritta al B., avendo questi mansioni di autista e addetto allo spaccio situato all’esterno, non abilitato nè in grado di accedere agli spazi destinati ai detenuti eludendo rigorosi controlli. Al proposito il Tribunale ha osservato che, come emerso dalle intercettazioni, ciascun contatto telefonico P. – T. (sempre in relazione ad attività estorsive) era avvenuto quando il B. era in servizio ed era stato preceduto da una sua telefonata al T. per concordare un orario, risultato ogni volta perfettamente coincidente con quello della conversazione tra i due malavitosi. Ne viene quindi logicamente ricavato – come già sostanzialmente risultava dal contributo collaborativo di certa D., sentimentalmente legata al T. – che il B., cui non era precluso, in ragione delle sue funzioni, ogni contatto con i detenuti, abbia potuto con qualche espediente concertarsi con il P. per stabilire modalità ed orari dei colloqui telefonici. In altri termini l’obiezione avanzata dalla difesa, nell’ambito di una valutazione di qualificata probabilità propria del procedimento cautelare, non fa venir meno un quadro indiziario in sè particolarmente incisivo.
Nell’ambito dello stesso motivo, alla stregua di chiarimenti forniti in sede di discussione, viene inoltre denunciato, sotto il profilo della illogica motivazione del testo dell’ordinanza notificato alla parte privata e al difensore, un errore di confezionamento della copia loro consegnata, nella quale l’ultima pagina sarebbe stata sostituita da quella di un provvedimento concernente altro soggetto.
Ora, la consegna di copia non conforme non costituisce causa di nullità del provvedimento, ma della notifica, e l’unico effetto che ne deriva è la mancata decorrenza dei termini per impugnare; se il gravame viene ugualmente proposto, e con riferimento al contenuto effettivo dell’ordinanza impugnata, esistente in atti ed accessibile, l’irritualità della notifica rimane irrilevante (nel caso di specie va oltretutto notato che la pagina "sostituita" conteneva argomentazioni solo marginalmente incidenti sul tema della gravità indiziaria, oggetto del gravame, e la sua mancanza non rende incomprensibile il testo).
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile; consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese della procedura e, non ricorrendo ipotesi di esonero, di una somma alla cassa delle ammende, congruamente determinata in 1000,00 Euro.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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