Cass. pen., sez. III 31-10-2008 (10-10-2008), n. 40639 Reati paesaggistici – Reati edilizi – Condono ambientale – Effetti sul reato edilizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Salerno, con sentenza 3 aprile 2008, ha ritenuto C. M. responsabile dei reati previsti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. c, artt. 64, 65, 71 e 72 (T.U.); la Corte ha dichiarato estinte per prescrizione le violazioni alla normativa antisismica e la contravvenzione ambientale per condono.
Per l’annullamento della sentenza, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e difetto di motivazione.
Sostiene che, contrariamente alla conclusione della Corte di Appello, non vi è stato alcun incremento dei volumi (e tale circostanza rendeva l’intervento di ristrutturazione edilizia fattibile senza un provvedimento autorizzatorio) mentre la modifica dei prospetti, esistente, è stata sanata dalla autorizzazione ambientale.
Le deduzioni della ricorrente non sono meritevoli di accoglimento.
La Corte territoriale ha avuto cura di indicare le fonti probatorie (documentazione tecnica prodotta dalla imputata a corredo della domanda di compatibilità ambientale, le foto agli atti, la dichiarazione del tecnico comunale) dalle quali ha tratto il suo convincimento sulla entità dello intervento per cui si procede: esso è consistito nella trasformazione di un preesistente tetto a falda tripla con uno a falda doppia che ha determinato un maggior volume del sottotetto ed una modifica del prospetto dello edificio.
E’ vero, come sostenuto dalla ricorrente, che nella sanatoria rilasciata ai fini del condono ambientale, si precisa che l’intervento non ha alterato i volumi, ma tale indicazione deve ritenersi non corrispondente al vero in presenza del differente tenore del ricordato compendio probatorio (per superare il quale la imputata non ha proposto censure).
Come correttamente ritenuto dalla stessa ricorrente, l’intervento era da annoverarsi tra quelli di ristrutturazione edilizia (art. 10, comma 1, lett. c, cit. T.U.) che permettono modesti incrementi di volume (un sostanziale ampliamento dello edificio è da considerarsi nuova costruzione); è pacifico agli atti che la imputata non fosse munita di permesso di costruire nè avesse inoltrato denuncia di inizio di attività.
Nel caso in esame, deve escludersi, per le modifiche del volume e della sagoma, il ricorso alla nozione di ristrutturazione edilizia di portata minore (che determina una semplice modifica dello ordine delle diverse parti dell’edificio) che è realizzabile con mera denuncia di inizio di attività in assenza della quale la condotta è punibile in via amministrativa.
A sensi dell’art. 22, comma 3, lett. a, cit. T.U., l’intervento era fattibile, a scelta discrezionale della interessata, con permesso di costruire o denuncia di inizio di attività la cui mancanza è sanzionata penalmente dall’art. 44 u.c., T.U. citato.
Come già correttamente rilevato dai Giudici di merito, la sanatoria per la contravvenzione ambientale non si estende a quella edilizia (tra l’altro, non condonabile per il tempo del commesso reato);
tuttavia, un coordinamento tra le due discipline deve fare ritenere non necessari interventi ripristinatori con conseguente revoca dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo come richiesto dal Difensore alla odierna udienza.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio l’impugnata sentenza limitatamente allo ordine di demolizione che elimina. Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *