Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Prima di Lecce N.112/2009

Composto dai Signori Magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Ettore Manca Componente – relatore

Carlo Dibello Componente

ha pronunziato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 1072/07 presentato da:

– Vitale Giuliana, Vitale Maria e Fasano Giuseppe, rappresentati e difesi dall’Avv. Ruggero De Matteis ed elettivamente domiciliati in Casarano, presso lo studio del difensore, alla via Vittorio Emanuele II 170;

contro

– il Comune di Taviano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Stefanizzo ed elettivamente domiciliato in Lecce, presso lo studio del difensore, alla via G.A. Ferrari 3;

per l’accertamento

– dell’illeceità dell’occupazione, da parte del Comune, di un’area di proprietà del ricorrente, e della sua irreversibile traformazione;

per la condanna

– dello stesso comune al risarcimento del danno.

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visti gli atti della causa.

Designato alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2008il relatore dr. Ettore Manca ed uditi gli Avv.ti De Matteis e Stefanizzo.

Osservato quanto segue:

fatto e diritto

1.- Nel ricorso si espone che:

1.1 con deliberazioni di Consiglio n. 6 del 22.9.00 e n. 67 del 16.10.00 il Comune di Taviano approvava il progetto per la realizzazione di una pista di atletica in località Serrazzite, fissando in anni uno e cinque i termini, rispettivamente, per l’inizio ed il completamento delle procedure ablatorie e dei lavori.

1.2 In data 9.1.01, quindi, con decreto n. 1, veniva disposta l’occupazione d’urgenza dell’area, indicando un termine di cinque anni dalla data di immissione in possesso -verificatasi il 22.2.01.

2.- Nonostante l’avvenuta realizzazione dell’opera, peraltro, con irreversibile trasformazione dei terreni interessati -tra i quali, appunto, quello dei ricorrenti, esteso 8.770 mq.-, il Comune non emetteva alcun provvedimento espropriativo: i ricorrenti proponevano dunque il presente ricorso, chiedendo la condanna della p.a. al risarcimento dei danni, stimati in euro 65.775.

3.- All’udienza del 23 maggio 2007 la causa veniva introitata per la decisione.

4.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è fondato e va accolto per i motivi e nei sensi che di seguito si esporrano.

5.- Con riguardo, anzitutto, al difetto di legittimazione passiva eccepito dal Comune, il Collegio osserva che la responsabilità risacitoria conseguente alla c.d. occupazione acquisitiva è addebitabile in via solidale a tutti coloro che, con il proprio comportamento, abbiano concorso alla produzione dell’evento: ciò in quanto l’occupazione acquisitiva è la risultante della necessaria concorrenza di un comportamento attivo di carattere materiale -la realizzazione dell’opera pubblica-, con conseguente irreversibile trasformazione del fondo privato, e di un comportamento omissivo di ordine giuridico – amministrativo -la mancata adozione del decreto di espropriazione entro la scadenza del termine dell’occupazione legittima-, con la conseguenza che l’ascrivibilità ad un determinato soggetto anche solo di una delle due condotte ora indicate è sufficiente a renderlo responsabile per l’intero nei confronti del proprietario illecitamente espropriato (Cassazione civile, I, 27 ottobre 2006, n. 23279).

La circostanza che il Comune abbia svolto la procedura espropriativa nell’ambito di una convenzione con la Provincia di Lecce, la quale procedeva poi all’appalto dei lavori ed acquistava la proprietà dell’opera, non esclude dunque una sua responsabilità, quanto meno solidale, per non aver tempestivamente adottato il decreto di esproprio dei terreni in oggetto.

6.- Nel merito, quindi, ritiene il Collegio che la controversia si inquadri entro la fattispecie esaminata dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2582 del 2007, che di seguito, pertanto, si richiama nelle parti significative quanto alla vicenda in oggetto:

– <> (Cons. St., IV, 21.5.07, n. 2582).

6.1 Delibando poi il tema della eventuale prescrizione del diritto al risarcimento del ricorrente, prescrizione in primo grado ritenuta dal T.a.r. ed invece esclusa dal Consiglio di Stato, quest’ultimo motivava nei sensi che seguono:

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