Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce 116/2009

composto dai signori magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Luigi Viola Consigliere relatore

Carlo Dibello Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1405/2008 proposto dalla ditta De Gabrieli Salvatore, in persona del titolare Sig. Salvatore De Gabrieli, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Gabriella De Giorgi Cezzi e dall’Avv. Barbara Accettura, presso lo studio delle stesse in Lecce, via G. Paladini n. 30 elettivamente domiciliata

contro

il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di mandato ex lege dall’Avvocatura dello Stato di Lecce, pure per legge domiciliataria;

per l’annullamento

del decreto 18 marzo 2008 n. B2/RC/9, comunicato in data 10 giugno 2008, del Direttore Generale del Ministero dello Sviluppo Economico-Dipartimento per la competitività-Direzione Generale per il sostegno alle attività imprenditoriali con il quale è stato revocato il decreto 3 marzo 1999 n. 73294 di concessione al ricorrente dell’agevolazione finanziaria prevista dalla legge 19 dicembre 1992 n. 488; nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’Amministrazione resistente;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 la relazione del Consigliere Dott. Luigi Viola e uditi altresì, il Prof. Avv. De Giorgi Cezzi per il ricorrente e l’Avv. dello Stato Libertini per l’Amministrazione resistente;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con decreto 3 marzo 1999 n. 73294, il Ministero delle attività produttive ammetteva il ricorrente nella graduatoria delle imprese destinatarie delle agevolazioni finanziarie previste dalla legge 19 dicembre 1992 n. 488, con riferimento ad un programma di investimenti avente ad oggetto l’implementazione di un’unità produttiva sita nella zona P.I.P. di Muro Leccese; in particolare, era riconosciuto alla ditta ricorrente un contributo complessivo di L. 786.660.000, a fronte di investimenti ammessi per complessive L. 1.648.0000.000, da corrispondersi in tre quote annuali di L. 262.220.000, per un investimento da realizzarsi nel termine di 48 mesi dalla data di presentazione della domanda di agevolazione (16.3.1998).

Il ricorrente decideva di incassare solo la prima quota di contributo che veniva pertanto percepita in data 25 maggio 1999, dietro presentazione di polizza fideiussoria emessa da parte della UNIPOL.

In data 17 marzo 2002, era notificata alla ditta ricorrente la comunicazione dell’inizio di un procedimento di revoca dell’agevolazione; sulla base della sola comunicazione di avvio del procedimento, la UNIPOL rimborsava al Ministero la prima quota di contributo ed otteneva dal Presidente del Tribunale di Bologna un decreto ingiuntivo nei confronti della ricorrente per il recupero della relativa somma (decreto opposto dalla ricorrente, in sede civile, con un contenzioso non ancora definito).

Con decreto 18 marzo 2008 n. B2/RC/9, il Direttore Generale del Ministero dello Sviluppo Economico-Dipartimento per la competitività-Direzione Generale per il sostegno alle attività imprenditoriali disponeva la revoca del decreto 3 marzo 1999 n. 73294 di concessione al ricorrente dell’agevolazione finanziaria prevista dalla legge 19 dicembre 1992 n. 488 e disponeva il recupero degli interessi legali e della rivalutazione sulla prima quota di contributo dalla data dell’erogazione a quella della restituzione; il decreto di revoca era fondato sulla seguente motivazione:

-la ditta non avrebbe maturato <>;

–<>;

–<>;

–<>.

Il provvedimento di revoca dell’agevolazione era impugnato dalla ditta ricorrente per: 1) falsa presupposizione di fatto, difetto di istruttoria, irragionevolezza, sviamento, motivazione incongrua, violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1 lett. b) del d.m. 20.10.1995 n. 527 e dell’art. 3, comma 9 della circolare 234363 del 20.11.1997; 2) violazione e falsa applicazione art. 8, comma 1 d.m. 20.10.1995 n. 527, falsa presupposizione in fatto, irragionevolezza, sviamento, motivazione incongrua; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 7, 4° comma della circolare 234363 del 20.11.1997, falsa presupposizione di fatto, irragionevolezza, sviamento, motivazione incongrua; 4) falsa presupposizione in fatto, irragionevolezza, sviamento, motivazione incongrua, violazione delle norme in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, violazione e falsa applicazione della circolare 105783 del 3.08.2000.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata, con comparsa di mera forma.

Alla camera di consiglio del 22 ottobre 2008, la Sezione rigettava, con l’ordinanza n. 954/08, l’istanza di tutela cautelare proposta dalla ricorrente, sulla base della seguente motivazione: <>.

All’udienza del 17 dicembre 2008 il ricorso passava quindi in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, deve rilevarsi come la Sezione abbia già affrontato la problematica del riparto di giurisdizione in materia di revoca di finanziamenti pubblici con la sentenza 9 ottobre 2008 n. 2801, riportando la fattispecie alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, sulla base di una costruzione che ravvisa nella fattispecie l’esercizio di un potere vincolato a tutela <>; è pertanto sufficiente richiamare quanto in quella sede rilevato in ordine alla natura vincolata nell’interesse pubblico del potere di verifica e controllo in ordine al corretto utilizzo dei finanziamenti pubblici (ricostruzione sistematica che importa, per univoca giurisprudenza, la necessità di riportare la fattispecie alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, a differenza della diversa ipotesi degli atti vincolati nell’interesse del privato, riportata alla cognizione dell’A.G.O.).

Nel merito, il ricorso è poi fondato e deve pertanto essere accolto; l’atto di revoca impugnato è, infatti, fondato su quattro argomentazioni giustificative che sono state efficacemente contestate da parte ricorrente, sulla base di una prospettazione che è condivisa dalla Sezione.

In particolare, per quello che riguarda la prima ragione giustificativa della revoca (la ditta non avrebbe maturato <>), è sufficiente rilevare come l’art. 4, 3° comma del d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 (regolamento recante le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore delle attività produttive nelle aree depresse del Paese) ammetta a finanziamento le spese per l’acquisizione del <> sostenute nei <>; la previsione normativa non prevede pertanto alcun divieto di corrispondere il prezzo dell’acquisizione del bene, prima della definitiva conclusione del contratto di compravendita, ma si limita a prevedere solo una limitazione temporale, costituita dalla necessità che le spese per l’acquisizione del suolo siano state sostenute nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda di agevolazione.

Nella fattispecie concreta, l’acconto per l’assegnazione del suolo in zona P.I.P. è stato versato al Comune di Muro Leccese in data 23.12.1997 (reversale n. 695 del Comune) e, quindi, nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda di agevolazione, avvenuta in data 16.3.1998; trattandosi di assegnazione di un suolo in zona P.I.P. è poi del tutto normale che il definitivo passaggio in proprietà dell’area sia avvenuto solo in data 21.6.2002 (convenzione n° 118294 per Notaio Dott. Alfredo Positano), secondo la strutturazione prevista dal regolamento e convenzione-tipo per l’assegnazione di aree in zona PIP approvato dal Comune di Muro Leccese con delibera C.C. 4 settembre 1997 n. 47, dopo l’accertamento del rispetto delle condizioni (versamento delle rate di acconto; richiesta del titolo edilizio per la realizzazione dell’intervento; ecc.) necessarie per garantire il proficuo utilizzo del bene (del resto, si tratta di una strutturazione che è assolutamente normale nell’assegnazione di aree ricadenti in zona P.I.P.).

Per pura completezza, la Sezione non può poi mancare di rilevare, come, anche stralciando le spese per l’acquisizione del suolo contestate dall’Amministrazione resistente, la ditta ricorrente avesse comunque sostenuto, alla data della disponibilità dell’ultima quota di agevolazione, una spesa superiore ad un terzo del finanziamento ammesso (in particolare, una spesa di L. 560.373.809, in luogo di L. 549.333.333, pari ad un terzo dell’importo di L. 1.648.000 ammesso a finanziamento); anche con riferimento a questa secondo aspetto, è quindi evidente l’infondatezza della prima argomentazione posta a base dell’atto di revoca del finanziamento.

La seconda argomentazione posta a base della revoca del finanziamento (<>), contrasta poi con l’espressa previsione dell’art. 8, 1° comma lett. f) e g) del già citato d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 che prevede la possibile revoca dell’agevolazione nelle ipotesi in cui:

1) calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all’art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni (si tratta, in sostanza, degli stessi indicatori utilizzati nella formazione delle graduatorie delle domande ammesse ad agevolazione, specificati in una serie di circolari ministeriali), anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali;

2) oppure, nel corso di realizzazione del programma di investimenti, venga modificato l’indirizzo produttivo dell’impianto, con il conseguimento di produzioni finali inquadrabili in una «divisione» della «Classificazione delle attività economiche ISTAT ’91» diversa da quella relativa alle produzioni indicate nel programma originario già approvato.

Contrariamente a quanto rilevato dall’Amministrazione nell’atto impugnato, la realizzazione di un programma diverso da quello ammesso a finanziamento non importa quindi automaticamente la revoca dell’agevolazione, essendo sostanzialmente riconosciuto lo ius variandi dell’imprenditore, con i soli limiti previsti dalle due citate previsioni dell’art. 8, 1° comma lett. f) e g) del d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 (scostamento oltre certi limiti percentuali dagli indicatori; conseguimento di produzioni finali inquadrabili in una «divisione» della «Classificazione delle attività economiche ISTAT ’91» diversa da quella relativa alle produzioni indicate nel programma originario già approvato); ed è fin troppo agevole rilevare come l’accertamento del superamento dei due limiti previsti dall’art.

8, 1° comma lett. f) e g) del d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 sia del tutto estraneo all’ambito motivazionale dell’atto impugnato ed all’istruttoria che ha preceduto l’emanazione del provvedimento di revoca.

Anche il secondo motivo di revoca posto a base dell’atto impugnato è quindi del tutto infondato e deriva dalla non corretta applicazione delle fonti normative che regolamentano la fattispecie.

Per quello che riguarda la terza argomentazione posta a base dell’atto di revoca (<>), è sufficiente rilevare come l’obbligo di riportare in modo indelebile sui titoli di spesa la dicitura prevista dal punto 7.4 della circolare n. 2343463 del 23.11.1997 sia evidentemente riferito alle ipotesi in cui l’impresa titolare del finanziamento abbia conseguito più rate del finanziamento (ed in questa prospettiva ben si spiega la necessità di indicare in modo indelebile se un determinato titolo di spesa si riferisca alla prima, seconda o terza rata dell’agevolazione) e non abbia alcun senso, nella diversa ipotesi in cui l’impresa abbia conseguito solo la prima rata dell’agevolazione (in questa ipotesi non sussiste, infatti, la necessità di distinguere i titoli di spesa relativi a diverse rate di agevolazione); si tratta, quindi, di previsione manifestamente inapplicabile alla fattispecie concreta che ci occupa.

Anche la quarta argomentazione posta a base dell’atto di revoca (<>) è poi infondata e deriva dall’inesatta applicazione delle fonti normative che regolamentano la fattispecie.

L’art. 11, comma 1-bis del d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 (aggiunto dall’art. 14 del d.m. 9 marzo 2000, n. 133) impone l’obbligo all’impresa beneficiaria di trasmettere, ai fini del monitoraggio dei programmi agevolati ed entro sessanta giorni dalla chiusura di ciascun esercizio sociale e fino all’esercizio successivo a quello di regime del programma agevolato, <>.

Nella fattispecie concreta, trattandosi di intervento entrato a regime nell’anno 2003, l’obbligo di trasmissione della citata dichiarazione sussisteva pertanto solo con riferimento all’anno 2004 e non anche al 2005, come ritenuto dall’Amministrazione resistente; parte ricorrente ha poi documentato in giudizio, tramite esibizione anche del relativo avviso di ricevimento, come la dichiarazione relativa all’anno 2004 sia stata trasmessa all’istituto bancario concessionario indicato nell’atto di revoca (la Centro Banca s.p.a.) e, come, quindi, non sussista la causa di revoca prospettata dall’Amministrazione.

In ogni caso, è stata violata, nella fattispecie, anche la previsione dell’art. 11, comma 1-bis ultima parte del d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 che, nei casi di mancata, incompleta o inesatta dichiarazione dei dati richiesti, prevede la possibilità di disporre la revoca totale delle agevolazioni concesse solo <>; contestazione che, nella fattispecie concreta, è del tutto mancata.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto e deve essere disposto l’annullamento dell’atto impugnato; le spese di giudizio devono essere poste a carico dell’Amministrazione resistente e liquidate, in mancanza di nota spese, in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00).

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa lo accoglie, come da motivazione e, per l’effetto, dispone l’annullamento del decreto 18 marzo 2008 n. B2/RC/9 del Direttore Generale del Ministero dello Sviluppo Economico-Dipartimento per la competitività-Direzione Generale per il sostegno alle attività imprenditoriali.

Condanna l’Amministrazione resistente alla corresponsione in favore della ricorrente della somma di € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), a titolo di spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita ad opera dell’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio il 17 dicembre 2008.

Aldo Ravalli – Presidente

Luigi Viola – Consigliere Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 29 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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