CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 22 luglio 2010, n.17245 PRELIMINARE AD EFFETTI ANTICIPATI: LA DETENZIONE PREVALE SUL POSSESSO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

A norma dell’art. 335, c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi proposti in via principale ed in via incidentale avverso la medesima sentenza.

L’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, perché “notificato non alle parti in causa, nel loro domicilio eletto presso il loro procuratore in appello, bensì ad un terzo, nella persona del loro procuratore in appello, non avente alcun potere in merito”, non è esaminabile, sia per l’oscurità della sua formulazione, che per la sanatoria della eventuale nullità conseguente alla proposizione del controricorso.

Il ricorso principale, denunciando con l’unico motivo la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione degli artt. 1140 e 1150, c.c., lamenta che i giudici di secondo grado abbiano riconosciuto agli attori il diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie ed all’indennità per i miglioramenti spettante al possessore che restituisce la cosa, benché essi fossero meri detentori dell’immobile, avendone ricevuto la disponibilità in esecuzione di un preliminare di compravendita, non seguito dal contratto definitivo e dichiarato inefficace con sentenza divenuta definitiva nel 1995.

Il motivo è fondato.

Questa Corte, componendo a sezioni unite il contrasto insorto tra le sezioni semplici, ha enunciato il principio che nella promessa di vendite, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato, funzionalmente collegato al contratto preliminare e produttivo di effetti meramente obbligatori, e che, pertanto, la relazione del promissario acquirente con il bene è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata, salva la dimostrazione di un’interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141, c.c. (cfr.: Cass. civ., sez. un., sent. 27 marzo 2008, n. 7930; cfr. succ.: Cass. civ., sez. II, sent. 25 gennaio 2010, n. 1296; Cass. civ., sez II, sent. 26 aprile 2010, n. 9896).

Costituendo, inoltre, l’art. 1150, c.c., che attribuisce al possessore all’atto della restituzione della cosa il diritto al rimborso delle spese fatte per riparazioni straordinarie (1° co.) ed all’indennità per i miglioramenti recati alla cosa (2° co.), una norma eccezionale e non potendo di essa essere fatta applicazione analogica al detentore (cfr.: Cass. civ., sez. III, sent. 18 marzo 2005, n. 5948; Cass., civ., sez. II, sent. 16 settembre 2004, n. 18651; cfr. specificamente quanto al comodatario: Cass. civ. sez, II, sent. 26 giugno 1992, n. 7923), la sentenza impugnata è incorsa nel vizio denunciato sotto un duplice profilo.

Il primo, per avere ritenuto rilevante l’animus possidenti dei detentori (promittente acquirente e suoi aventi causa) nell’attività da essi esercitata sulla cosa senza avere accertato un mutamento della detenzione in possesso per causa proveniente da un terzo od in forza di opposizione da essi fatta contro il possessore (cfr.: art. 1141, 2° co., c.c.).

Il secondo, per avere fatto applicazione ai detentori di una norma che riconosce ai soli possessori (in buona o mala fede) il diritto al rimborso delle spese fatte per riparazioni straordinarie ed all’indennità per i miglioramenti (cfr.: art. 1150, 1° e 2° co.).

Alla fondatezza del motivo seguono l’accoglimento del ricorso principale e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Resta assorbito dalla cassazione l’esame del secondo motivo di ricorso incidentale, che lamenta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 92, c.p.c., dovendo essere le spese del processo rideterminate dalla Corte di appello in relazione all’esito del giudizio di rinvio.

Con il primo motivo, invece, il ricorso incidentale denuncia la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, n, 3, c.p.c., per violazione degli artt. 1140, 1142, 1147 e 2948, c.c., avendo: 1) riconosciuto il diritto del convenuto all’indennità per l’occupazione della cosa a decorrere dalla domanda di revindica dell’immobile formulata in altro giudizio, benché: a) il possesso in buona fede degli occupanti dovesse essere presunto sino alla definitività della declaratoria d’inefficacia del titolo in virtù del quale era stato ottenuto (anno 1995); b) fosse stata eccepita la prescrizione dell’indennità per il periodo anteriore il quinquennio la proposizione della domanda; 2) ritenuto in mala fede il possesso successivo alla domanda di revindica (1982) e liquidato da tale data l’indennità per i miglioramenti nella minore somma tra lo speso ed il migliorato.

Il motivo è assorbito, quanto alle censure sub 1), lett. a), e sub 2), dall’accoglimento del ricorso principale, ed inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza quanto alla censura sub 1), lett. b), giacché al rilievo della sentenza, secondo cui la prescrizione era stata dedotta nel giudizio di appello in via condizionale e non seguita da alcuna conclusione sul punto, si limita ad opporre l’opinabile e non esauriente argomento che l’eccezione “doveva ritenersi contenuta nella domanda di rigetto delle domande avversarie, inclusa l’indennità di occupazione abusiva, non essendo necessario ripetere nuovamente le varie causae petendi, già contenute nelle premesse dell’atto”.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi.

Accoglie il ricorso principale e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Dichiara assorbiti il primo motivo sub 1), lett. a) e sub 2) ed il secondo motivo di ricorso incidentale e dichiara inammissibile il primo motivo sub 1), lett. b) del medesimo ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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