CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – SENTENZA 15 luglio 2010, n.16612 MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 329 c.p.c., sostenendo che l’acquiescenza prestata al capo della decisione relativo alla dichiarazione giudiziale della paternità precludeva l’impugnazione anche del capo relativo al riconoscimento dell’assegno di mantenimento, in quanto l’obbligo di mantenimento dei figli è imposto dalla legge ai genitori.

Il motivo è manifestamente infondato.

Come hanno chiarito già i giudici del merito, infatti, l’acquiescenza sulla dichiarazione giudiziale della paternità non preclude l’impugnazione relativa al riconoscimento alla figlia di un assegno di mantenimento, perché, come la stessa ricorrente ammette, non necessariamente chi sia dichiarato genitore è tenuto anche al mantenimento del figlio maggiorenne. Sicché l’impugnazione della decisione di riconoscimento dell’assegno di mantenimento non è incompatibile con l’acquiescenza alla decisione di dichiarazione giudiziale della paternità.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli art. 345 c.p.c., 147, 148, 155 comma 4, c.c., art. 6 legge n. 898 del 1970, vizi di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene innanzitutto che l’appello di C.V. era comunque inammissibile: sia perché proponeva eccezioni nuove, con riferimento alla dedotta maggiore età e indipendenza economica dell’attrice; sia perché proponeva nuove richieste istruttorie, relative anche a prove documentali, certamente già proponibili in primo grado.

Aggiunge poi che, essendo l’obbligo di mantenimento consequenziale all’accertamento della paternità, incombe al genitore eccepire e dimostrare l’indipendenza economica del figlio maggiorenne.

Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, in realtà, la sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell’art. 277 c.c., e, quindi, a norma dell’art. 261 c.c., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 147 e 148 c.c. (Cass., sez. I, 16 luglio 2005, n. 15100, m. 583471).

D’altro canto, come la ricorrente ricorda, l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole dell’art. 148 c.c., non cessa, “ipso facto”, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post – universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (Cass., sez. I, 3 aprile 2002, n. 4765, m. 553487, Cass., sez. I, 24 novembre 2004, n. 22214, m. 578114, Cass., sez. I, 11 luglio 2006, n. 15756, m. 592467).

Fatto costitutivo del diritto del figlio al mantenimento da parte dei genitori non è tuttavia il solo rapporto di filiazione, ma anche la mancanza di indipendenza economica. Infatti l’art. 147 c.c., impone ai genitori “l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”. E l’elemento della capacità è certamente riferibile anche alla situazione economica del figlio.

La mancanza di indipendenza economica, benché possa di regola presumersi, con la conseguenza che incomba sul genitore l’obbligo di provare l’autonomia economica del figlio, non è dunque una fattispecie impeditiva del diritto del figlio al mantenimento, ma è elemento della fattispecie costitutiva di tale diritto. Deve essere pertanto allegata da chi postuli il diritto al mantenimento. E se questa allegazione può essere ritenuta implicita nella domanda del figlio minorenne, deve invece essere esplicitata nella domanda del figlio maggiorenne.

Ne consegue che, quando agisce per il riconoscimento del diritto al mantenimento, il figlio maggiorenne deve allegare una condizione legittimante, cui riferire l’onere del genitore di provarne l’inesistenza.

Correttamente pertanto nel caso in esame i giudici d’appello hanno rilevato la mancata allegazione di un fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio dall’attrice; e ne hanno a ragione rigettato la domanda.

Non vi fu infatti ammissione di una nuova eccezione di V.C., ma fu solo rilevata la mancata allegazione di un elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio dall’attrice; né risultò determinante ai fini della decisione la documentazione relativa all’impiego di B.P..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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