CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 5 marzo 2010, n.5440 PROVE ATIPICHE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso vengono dedotte violazione e falsa applicazione degli artt.2697,2699,2700,2702 e 1362 ,in relazione agli artt. 948 e/o 949 ce. e 345 c.p.c con connesse omissione,insufficienza e contraddittorietà della motivazione su punto decisivo.

Si lamenta che la corte di merito,dopo aver correttamente disatteso la rinnovata richiesta di prova testimoniale già esclusa dal primo giudice sull’esatto rilievo che la natura immobiliare dei diritti in contestazione non ne consentiva l’ammissione,abbia tuttavia erroneamente deciso la controversia sulla base non già delle obiettive risultanze dei titoli,segnatamente dell’atto di divisione di cui è menzione in narrativa,bensì di meri atti di parte, come tali privi di efficacia probatoria,costituiti da una perizia stragiudiziale, dall’allegata planimetria e da una postuma dichiarazione del notaio rogante l’atto suddetto,quest’ultimo prodotto solo in grado di appello,pur integrando una "prova costituenda". Per converso,i giudici di appello avrebbero del tutto omesso la disamina dell’atto di divisione,dal cui inequivoco contenuto risulterebbe che la porzione immobiliare, nella stessa attribuita in proprietà all’attrice,sarebbe costituita soltanto da un locale a piano terra, altrimenti indicato quale "terreno a confine con cortile comune, e non comprensivo di diritti esclusivi sull’area cortilizia esternarne sarebbe pertanto rimasta comune ed indivisa ad entrambe le parti. Tanto troverebbe conferma nel comportamento delle parti (realizzazione di impianti ed allacci di utenze nell’area), nell’esito di un precedente giudizio possessorio tra le stesse,nella destinazione del padre di famiglia e da quella obiettiva e funzionale dell’area e dalla sua ubicazione,comportante la presunzione di cui all’art. 1117 ce.

Quanto alla valorizzata perizia di parte il contenuto sarebbe artificioso, privo di riscontro documentale.basato su distorta interpretazione dell’atto di divisione e, per di più, in contrasto con un precedente elaborato altro tecnico,della stessa parte attrice. La postuma dichiarazione notarile con atto pubblicane scrittura privata,sarebbe "compiacente",priva di rilevanza probatoria,in quanto contenente, "sotto forma di pseudo attestazione",meri apprezzamenti dell’estensore,inidonei ad integrare le risultanze dell’atto pubblico ed in contrasto con le stesse,comunque «ritualmente prodotta ed acquisita,in relazione anche al terzo comma dell’art. 345 c.p.c.,non potendo il potere di ammissione di prove nuove in grado di appello,nei casi in cui il giudice di secondo grado le ritenga indispensabili,valere a sanare preclusioni o decadenze già verificatesi in quello precedente. Il ricorso è fondato.

La relazione notarile,che è stata prodotta in secondo grado dall’appellante attrice e che ha spiegato decisiva rilevanza agli effetti del ribaltamento della decisione,non può considerarsi una prova valida,sulla quale i giudici di merito avrebbero potuto fondare il proprio giudizio. Pur non essendo vietato,come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nel vigente ordinamento processuale improntato al principio del libero convincimento del giudice,la possibilità di porre a fondamento della decisione prove non espressamente previste dal codice di rito, purchè sia fornita adeguata motivazione della relativa utilizzazione (tra le altre v. Cass. 5965/04, 4666/03, 12411/01, 12763/00), deve tuttavia escludersi che le prove ed. "atipiche" possano valere ad aggirare divieti o preclusioni dettati da disposizioni, sostanziali o processuali, così introducendo surrettiziamente elementi di prova che non sarebbero altrimenti ammessi o la cui ammissione richieda adeguate garanzie formali.

Nel caso di specie l’attestazione notarile,prodotta a guisa di "interpretazione autentica " di un atto pubblico rogato circa un decennio prima, più che una prova atipica,rappresenta una prova anomala,non integrando un atto pubblico,nel quale soltanto avrebbe potuto recepirsi e darsi atto,con le garanzie formali di legge, della volontà negoziale esternata dalle parti,le sole che avrebbero potuto chiarire, in eventuali e successivi atti bilaterali, l’effettivo oggetto di quello precedente.ove il relativo contenuto ne fosse risultato ambiguo – il che non risulta nella specie – o dar luogo a revisione dei precedenti patti. L’interpretazione autentica di un atto di autonomia privata,invero,non può provenire se non dalle medesime che abbiano posto in essere la manifestazione volitiva,produttiva degli effetti giuridici previsti dall’ordinamento,e non anche da parte di diversi soggetti,quand’anche, come nella specie,si tratti di pubblico ufficiale che abbia rogato l’atto,il cui compito di interpretare e tradurre in termini giuridico – formali detta volontà non può essere svolto a posteriori, ma deve tradursi,nell’immediatezza della relativa manifestazione alla propria presenza,nella fedele rappresentazione del contenuto della stessa,rendendone edotti i dichiaranti prima della relativa sottoscrizione . Esclusa,dunque,la natura di atto pubblico,riconducibile alla nozione di cui all’art, ce..2699 ce della relazione de qua che non può neppure costituire una scrittura proveniente da terzo liberamente valutabile dal giudice,essendo la stessa redatta e finalizzata in funzione volutamente probatoria di una tesi di parte, la attestazione si risolve in una sorta di testimonianza scritta,inammissibile, sia perché contenente sostanziali giudizi deduttivi del dichiarante e non fatti obiettivi dal medesimo appresi,sia perché riferisce,contro il divieto di cui all’art. 2722 ce, di assunti patti aggiunti contemporanei non risultanti ma anzi contrari al contenuto di un documento (atto di divisione,menzionante un unico cortile comune, con il quale confina l’immobile attribuito all’attrice), sia perché fornita senza le garanzie del contraddittorio, di cui agli artt. 244 e segg. cp.c, che nella specie risulterebbero eluse. Le suesposte considerazioni, comportanti l’assoluta e radicale inidoneità probatoria della dichiarazione che esimono dal valutarne la ammissibilità, sotto il diverso e pur dedotto profilo ex art. 345 c.p.c.,quale prova nuova in grado di appello.

Eliminata la rilevanza probatoria del suddetto documento, rimane la sola perizia stragiudiziale di parte con l’allegata planimetria cui sufficienza, a supportare la pretesa attrice ed a superare altri elementi di segno opposto,era stata esclusa dal primo giudice,mentre il secondo ne ha tenuto conto essenzialmente in considerazione del postumo apporto confermativo da parte del notaio. L’eventuale rilevanza probatoria di tale residuo elemento,tenuto conto in particolare che i dati catastali in essa menzionati non risultano derivare da richieste provenienti dall’una e dall’altra delle parti interessate, dovrà costituire oggetto di più attenta valutazione da parte dei giudici di rinvio (restando impregiudicata la facoltà dei medesimi di disporre una consulenza di ufficio,come pur in subordine era stato richiesto nelle conclusioni dall’appellante), atteso che la sentenza impugnata si limita a dare atto, senza analitica disamina in relazione al titolo di provenienza delle proprietà delle contendenti, che in quell’elaborato, comunque costituente atto di parte redatto in assenza di contraddittorio,la situazione rappresentata sarebbe conferente alla tesi di quella attrice.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio ad altra sezione della corte territoriale di provenienza, cui demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia,anche per le spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma. Così deciso in Roma il 10 febbraio 2010.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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