CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 20 gennaio 2010, n.936 CONTRATTO D’APPALTO E ONERE PROBATORIO CIRCA LA CORRETTA ESECUZIONE DELL’OBBLIGAZIONE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce erronea o falsa applicazione degli artt. 1667, 1668, 1453 e 2697 c.c., censurandosi l’affermazione di principio posta a base della decisione impugnata, in narrativa riferita, secondo la quale l’onere della prova dell’inesatto adempimento sarebbe stato a carico della parte che l’aveva dedotto.

Premesso che la garanzia ex artt. 1667, 1668 c.c. in materia di appalto costituisce un’applicazione della comune responsabilità contrattuale per inadempimento o inesatto adempimento, differenziata dall’ordinario regime solo dalle particolari disposizioni attinenti ai termini di contestazione e decadenza, si richiama il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 30.10.01 n. 13533, in tema di riparto dell’onere probatorio, secondo il quale anche nel caso in cui sia dedotto l’inesatto adempimento di un’obbligazione, il creditore della prestazione, oltre a provare la fonte del rapporto, può limitarsi alla semplice deduzione dell’inesattezza dell’adempimento, mentre l’onere di provare il contrario grava sul debitore. Da tale principio i giudici di merito si sarebbero erroneamente discostati, affermando che nella fattispecie non vi sarebbe la prova delle dedotte mancanze di qualità dell’opera appaltata, pur senza affermare che vi fosse la prova dell’idoneità dell’impianto.

La censura è fondata.

Con la pronunzia come sopra richiamata le Sezioni Unite di questa Corte, risolvendo un contrasto da tempo insorto nella giurisprudenza di legittimità, in ordine al riparto dell’onere probatorio in tema di inadempimento delle obbligazioni, hanno affermato i principi a termini dei quali “…il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa… ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. … Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori…, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento”.

Dall’ultima parte della riportata massima, nella quale si compendia il dettato delle Sezioni Unite – da cui questo collegio non ravvisa motivi per doversi discostare – si ricava un principio generale di chiara evidenza, secondo il quale, allorquando siano provati la fonte dell’obbligazione ed il fatto storico dell’avvenuto adempimento e si controverta soltanto in ordine all’esattezza di quest’ultimo, spetterà al debitore della prestazione, quale che ne sia la posizione processuale, provare l’esattezza dell’adempimento, al fine dell’accoglimento della propria domanda o eccezione.

Tali principi non possono ritenersi inapplicabili, come sostenuto dalle controricorrenti, in materia di appalto, le cui disposizioni speciali attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 c.c. (nella specie non è in discussione la tempestività della denunzia dei vizi, richiesta dall’ultimo comma anche nel caso di eccezione d’inadempimento), senza tuttavia derogare alla regola generale, che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, comportante che “l’appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto ha l’onere di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto ed alle regole dell’arte” (v. Cass. 2ª sez., 13.2.2008 n. 3472).

Nel caso di specie, dunque, in cui la parte attrice aveva agito per ottenere l’adempimento dell’obbligazione di pagamento e quella convenuta appellante aveva opposto la risoluzione del contratto, per inadempimento della sinallagmatica prestazione dovuta dalla controparte (richiesta che la corte di merito, dopo aver disatteso la deduzione di una clausola risolutiva espressa, ha ritenuto ammissibile ex art. 345 c.p.c., solo in via di eccezione riconvenzionale: v. pag. 12 u.p. della sentenza impugnata), erroneamente i giudici di appello, in un contesto nel quale erano incontroverse la sussistenza dell’obbligazione degli appaltatori e la sola consegna dell’opera, ma controversa l’idoneità di questa all’uso convenuto, hanno ritenuto la committente gravata dall’onere di provare la sussistenza dei difetti della stessa, senza tener conto che la committente aveva rifiutato di adempiere la propria controprestazione, avvalendosi della facoltà di cui all’art. 1667 u.c. c.c. (disposizione analoga a quella, di carattere generale, prevista dall’art. 1460 c.c.), a seguito dell’esito negativo del collaudo.

A tal ultimo proposito, pur non potendosi accogliere il terzo motivo di ricorso, nel quale si censura il mancato riconoscimento da parte della corte di merito del carattere vincolante per ambo le parti della verifica compiuta dal direttore dei lavori, non deducendo il mezzo d’impugnazione sufficienti elementi per superare le argomentazioni al riguardo esposte in sentenza, circa la non imparzialità del direttore dei lavori (che non risulta, né viene dedotto, se nominativamente designato da ambo le parti) e la non espressa previsione che il relativo giudizio avrebbe precluso ogni possibilità di successiva contestazione, fondate devono invece ritenersi le obiezioni contenute nel secondo motivo, nel quale si evidenzia come, in ogni caso, tale negativo collaudo, idoneo ex art. 1665 c.c. ad evitare l’accettazione dell’opera da parte dell’ente committente, avrebbe quanto meno comportato l’onere a carico delle appaltatrici di provare l’esattezza del proprio adempimento.

I successivi motivi, tutti attinenti a subordinati profili di merito, restano assorbiti.

La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio per nuovo esame ad altra corte di merito, che si designa, in ragione di vicinanza, in quella di Bologna. Quest’ultima provvederà, all’esito, anche alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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