Corte cost. 23-05-2008 (07-05-2008), n. 178 (ord.) Imposte e tasse – Riscossione delle imposte – Ritenuto irrazionale contrasto con il termine triennale ordinariamente previsto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dal comma 5-ter, lettera a), numero 2), dell’art. 1 del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106 (Disposizioni in materia di versamenti dell’imposta regionale sulle attività produttive, di riscossione e di notifica delle cartelle di pagamento), comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156, e dell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), come modificato dal comma 5-ter, lettera b), numero 2), dell’art. 1 del citato decreto-legge n. 106 del 2005, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 156 del 2005, promosso con ordinanza del 23 giugno 2007 dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso nel giudizio vertente tra la s.a.s. S.M.A.P. di A.D’A. e l’Agenzia delle entrate, ufficio di Campobasso, iscritta al n. 733 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da un contribuente ed avente ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a séguito di controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’art. 54-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), la Commissione tributaria provinciale di Campobasso, con ordinanza depositata il 23 giugno 2007, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: a) dell’art. 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dal comma 5-ter, lettera a), numero 2), dell’art. 1 del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106 (Disposizioni in materia di versamenti dell’imposta regionale sulle attività produttive, di riscossione e di notifica delle cartelle di pagamento), comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156; b) dell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), come modificato dal comma 5-ter, lettera b), numero 2), dell’art. 1 del citato decreto-legge n. 106 del 2005, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 156 del 2005;
che il giudice rimettente premette che la cartella di pagamento impugnata è relativa all’IRAP ed all’IVA dell’anno 2001 ed è stata notificata al contribuente il 25 gennaio 2006, sulla base di un ruolo dichiarato esecutivo il 10 novembre 2005;
che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni concernenti l’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, il medesimo rimettente afferma che tale disposizione – nello stabilire che la notificazione delle cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni è effettuata, a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre […] del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600» – víola: a) l’art. 3 Cost., perché comporta «una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente soggetto all’accertamento ordinario (per il quale l’art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede un termine di notifica, a pena di decadenza, dell’avviso d’accertamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione) ed il contribuente soggetto all’accertamento ai sensi dell’art. 36-bis» del d.P.R. n. 600 del 1973 (per il quale la norma censurata prevede un termine di notifica, a pena di decadenza, della cartella di pagamento entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione); b) l’art. 23 Cost., perché non fissa «alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento», e pertanto impone una prestazione patrimoniale che non può considerarsi legittima, in quanto non precisa «il tempo, inteso come momento determinativo o arco temporale delimitato, nel quale essa deve essere resa»; c) l’art. 24 Cost., in quanto non fissa «alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento» e, pertanto, comporta «una violazione del diritto di difesa, imponendo al contribuente, per un tempo indeterminato, l’obbligo di conservazione della documentazione relativa»; d) gli artt. 31, 41 e 47 Cost., perché non fissa «alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento» e, pertanto, data l’assenza di tempi definiti, «rende incerta la disponibilità e, quindi, impedisce l’impiego di mezzi finanziari liquidi in favore della famiglia o nelle attività economiche o nel risparmio e nell’acquisto dell’abitazione»; e) l’art. 53 Cost., in quanto contrasta con il principio della capacità contributiva; f) l’art. 97 Cost., perché «viene violato il principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione pubblica»; g) altre norme costituzionali «eventualmente rinvenienti»;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione concernente l’art. 36, comma 2, del decreto legislativo n. 46 del 1999, il giudice a quo afferma che tale disposizione – nello stabilire che la notificazione delle cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni è effettuata, a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre […] del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003» – víola l’art. 3 Cost., per l’«irrazionale ed ingiustificato contrasto con il termine triennale ordinariamente previsto, anche alla luce della elevata automazione delle procedure di riscossione esistenti e delle esigenze di certezza del diritto»;
che, quanto alla rilevanza, la Commissione tributaria provinciale afferma che le sollevate questioni sono pregiudiziali ad una pronuncia sul merito della controversia oggetto del giudizio principale, «dal momento che, alla luce dell’attuale formulazione degli artt. 25, d.P.R. n. 602/1973 e 36, d.lgs. n. 46/1999, il ricorso andrebbe rigettato»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio, chiedendo dichiararsi la manifesta inammissibilità e la manifesta infondatezza delle questioni sollevate;
che, in particolare, la difesa erariale eccepisce la manifesta inammissibilità delle questioni concernenti l’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, perché: a) il giudizio principale ha ad oggetto cartelle di pagamento emesse in base a dichiarazioni – relative all’anno d’imposta 2001 – presentate nell’anno 2002 e, pertanto, a tale fattispecie è applicabile l’art. 36, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 46 del 1999, il quale fissa i termini per la notificazione delle cartelle di pagamento emesse per il controllo automatizzato delle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003, con la conseguenza che il giudice a quo non è chiamato a fare applicazione della disposizione denunciata; b) il giudice rimettente non ha addotto alcun argomento a sostegno dell’asserita violazione – ad opera della norma censurata – degli evocati artt. 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 Cost., «al di là della non pertinenza del richiamo»; c) il medesimo giudice rimettente, lamentando che la norma censurata «non fissa alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento», non tiene conto delle norme successive alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, le quali hanno fissato termini perentori entro i quali la cartella deve essere notificata ai contribuenti, con decorrenze differenziate a seconda della data di presentazione della dichiarazione;
che l’Avvocatura generale dello Stato deduce, poi, la manifesta infondatezza della questione concernente l’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999, perché il legislatore «ha rispettato» l’indicazione contenuta nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 di tener conto del termine per la notificazione degli avvisi di accertamento ed ha, perciò, fissato i seguenti termini differenziati di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento emesse ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973: a) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per la disciplina "a regime" prevista dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 nel testo modificato dall’art. 1, comma 5-ter, del decreto-legge n. 106 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 156 del 2005; b) termini diversi per la disciplina transitoria, con riferimento alle dichiarazioni già presentate alla data di entrata in vigore della suddetta legge di conversione (entro il 31 dicembre 2007, per le dichiarazioni presentate nel 2004 e nel 2003; entro il 31 dicembre 2006, per le dichiarazioni presentate nel 2002 e nel 2001; entro il 31 dicembre 2005, per le dichiarazioni presentate nel 2000; e cosí via);
che, per la medesima Avvocatura generale, la normativa transitoria applicabile nel caso di specie è ragionevole, perché – concedendo agli uffici «il termine di circa 1 anno e 4 mesi per iscrivere a ruolo e notificare le cartelle dirette al recupero delle somme risultanti dalle dichiarazioni presentate nell’anno 2002» – contempera «l’esigenza di prevedere (come imposto dalla sentenza della Corte) un unico termine perentorio per la notifica della cartella» con l’esigenza di concedere agli uffici (nonché ai concessionari della riscossione) un termine tale da impedire «l’immediata perdita per l’erario di somme risultanti dovute sulla base della dichiarazione di contribuenti»;
che, secondo la difesa erariale, non può nemmeno ritenersi che nella fattispecie vi sia «un affidamento del contribuente che sia stato violato dal momento che […] sulla base della legislazione vigente alla data di emanazione della sentenza n. 280/2005 egli era soggetto alla prescrizione decennale».
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Campobasso, con ordinanza depositata il 23 giugno 2007, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale relative: a) all’art. 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera a), numero 2), del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106 (Disposizioni in materia di versamenti dell’imposta regionale sulle attività produttive, di riscossione e di notifica delle cartelle di pagamento), comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156; b) all’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera b), numero 2), del citato decreto-legge n. 106 del 2005, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 156 del 2005;
che, con riguardo alle questioni concernenti l’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, il giudice rimettente dubita della legittimità della norma denunciata, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione, «salvo altre norme costituzionali ritenute violate» ed «eventualmente rinvenienti»;
che, ad avviso del giudice a quo, detta norma – disponendo che la notificazione delle cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni è effettuata, a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre […] del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’art. 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600» – víola: a) l’art. 3 Cost., perché comporta una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente soggetto all’accertamento ordinario (per il quale l’art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede un termine di notifica, a pena di decadenza, dell’avviso d’accertamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione) ed il contribuente soggetto all’accertamento ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (per il quale la norma censurata prevede un termine di notifica, a pena di decadenza, della cartella di pagamento entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione); b) l’art. 23 Cost., perché non fissa «alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento» e, pertanto, impone una prestazione patrimoniale che non può considerarsi legittima, non precisando «il tempo […] nel quale essa deve essere resa»; c) l’art. 24 Cost., perché non fissa «alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento» e, pertanto, comporta «una violazione del diritto di difesa, imponendo al contribuente, per un tempo indeterminato, l’obbligo di conservazione della documentazione relativa»; d) gli artt. 31, 41 e 47 Cost., perché non fissa «alcun termine dalla data in cui il ruolo è stato reso esecutivo per la notifica della cartella di pagamento» e, pertanto, data l’assenza di tempi definiti, «rende incerta la disponibilità e, quindi, impedisce l’impiego di mezzi finanziari liquidi in favore della famiglia o nelle attività economiche o nel risparmio e nell’acquisto dell’abitazione»; e) l’art. 53 Cost., perché non rispetta il principio della capacità contributiva; f) l’art. 97 Cost., perché è in contrasto con il «principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione pubblica»; g) altre norme costituzionali «eventualmente rinvenienti»;
che tali questioni sono manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza nel giudizio a quo;
che lo stesso giudice rimettente riferisce che il giudizio principale ha ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni relative all’IRAP e all’IVA dell’anno 2001, presentate nell’anno 2002;
che per tale fattispecie il termine di notificazione della cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’art. 54-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), non è stabilito dal denunciato art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973 – applicabile solo dal 10 agosto 2005 per le cartelle relative alle dichiarazioni presentate a decorrere dall’anno 2004 – ma dall’art. 36, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 46 del 1999;
che, in particolare, quest’ultima disposizione prevede, proprio «in deroga all’art. 25, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602», che la notificazione delle cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni è effettuata, a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre […] del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003»;
che, dunque, il giudice a quo non deve fare applicazione della norma censurata, con conseguente manifesta inammissibilità, per difetto di rilevanza, delle questioni concernenti detta disposizione (ex plurimis, ordinanze n. 384 e n. 294 del 2007);
che il giudice rimettente dubita, altresí, in riferimento all’art. 3 Cost., della legittimità dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999, come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera b), numero 2), del decreto legge n. 106 del 2005, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 156 del 2005;
che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata – nello stabilire, con disciplina transitoria, che la notificazione delle cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni è effettuata, a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre […] del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003» – víola l’art. 3 Cost., per l’«irrazionale ed ingiustificato contrasto con il termine triennale ordinariamente previsto, anche alla luce della elevata automazione delle procedure di riscossione esistenti e delle esigenze di certezza del diritto»;
che una questione del tutto analoga a quella sollevata dal rimettente è stata già dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 11 del 2008, successiva all’ordinanza di rimessione;
che, in particolare, con la suddetta pronuncia si è escluso che la disciplina transitoria dei termini per la notificazione delle cartelle di pagamento emesse ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, introdotta dal decreto-legge n. 106 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 156 del 2005, víoli l’art. 3 Cost., perché, tale disciplina «trova giustificazione nell’obiettivo perseguito dal legislatore di garantire non solo l’interesse del contribuente (evidenziato dalla sentenza n. 280 del 2005 di questa Corte […]) a non essere assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato, ma anche l’interesse dell’erario – parimenti meritevole di tutela – di evitare che, nella fase transitoria, un termine decadenziale eccessivamente ristretto possa precludere od ostacolare la notificazione delle cartelle relative alle dichiarazioni presentate anteriormente all’entrata in vigore della suddetta legge di conversione n. 156 del 2005 e, quindi, pregiudicare la riscossione dei tributi»;
che, come si è rilevato nella medesima pronuncia, «L’applicazione del termine a regime», previsto dal vigente art. 25, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 602 del 1973, cioè il piú ristretto termine del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, «anche agli indicati rapporti pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge n. 156 del 2005 avrebbe comportato […] la consumazione, in tutto o in gran parte, del termine decadenziale di notificazione della cartella ancor prima dell’entrata in vigore della suddetta legge che tale termine introduce»;
che, pertanto, secondo quanto affermato da questa Corte nella citata sentenza, «non è irragionevole una disciplina transitoria dei termini di decadenza per la notificazione» delle cartelle di cui all’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, «divergente dalla disciplina a regime»;
che tali argomentazioni valgono anche per la questione avente ad oggetto la norma censurata dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso, perché, «se il termine decadenziale triennale fissato per la disciplina "a regime" fosse stato previsto anche per le cartelle relative alle dichiarazioni presentate fino al 2003, l’erario avrebbe perso la possibilità o di notificare tempestivamente dette cartelle (con riferimento a quelle relative alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001) o di fruire di un lasso di tempo adeguato per la notificazione delle stesse (con riferimento a quelle relative alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003)» (citata sentenza n. 11 del 2008);
che il rimettente non prospetta profili diversi da quelli già presi in esame con la citata sentenza n. 11 del 2008 o comunque tali da indurre questa Corte a modificare il precedente orientamento;
che, dunque, la questione relativa all’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999, come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera b), numero 2), del decreto-legge n. 106 del 2005, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 156 del 2005, deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte costituzionale
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera a), numero 2), del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106 (Disposizioni in materia di versamenti dell’imposta regionale sulle attività produttive, di riscossione e di notifica delle cartelle di pagamento), comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156, sollevate, con riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione, «salvo altre norme costituzionali ritenute violate», dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso con l’ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera b), numero 2), del decreto-legge n. 106 del 2005, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 156 del 2005, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla stessa Commissione tributaria provinciale di Campobasso con l’ordinanza indicata in epigrafe.

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