Cass. pen., sez. VI 30-04-2008 (28-04-2008), n. 17643 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Consegna condizionata del residente nello Stato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
1.-. Con sentenza in data 14/3/2008 la Corte di Appello di Torino ha disposto la consegna di C.A.A. alla Autorità Giudiziaria Francese ai lini dell’esecuzione della pena di anni uno di reclusione a lui inflitta con sentenza del Tribunale di Grande Istanza di Grenoble in data 26/5/06 per il reato di cui all’art. 434 c.p. francese, comma 27 (evasione), commesso in (OMISSIS) nel (OMISSIS), in quanto nei suoi confronti era stato emesso, in data 23/2/07, dal Procuratore della Repubblica di Grenoble mandato di arresto europeo e il predetto era stato tratto in arresto dai Carabinieri di (OMISSIS) in data 22/2/08.
Con la medesima sentenza la Corte di Appello di Torino, rilevato che nei confronti di C.A.A. risultava in corso un procedimento presso il Tribunale di Verbania per il reato di cui agli artt. 495 e 496 c.p. per il quale era fissata udienza dibattimentale in data 12/5/2008, ha disposto, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 24, il rinvio della consegna all’esito di tale procedimento penale.
2.-. Avverso la suindicata sentenza ha proposto ricorso per Cassazione C.A.A., tramite il suo difensore, chiedendone l’annullamento.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 19, lett. a) e c), in quanto la sentenza di condanna del Tribunale di Grenoble sarebbe stata pronunciata in absentia dell’imputato e nel caso di specie non sussisterebbero le necessarie assicurazioni da parte della Autorità Giudiziaria emittente per garantirgli la possibilità di richiedere un nuovo processo in Francia ed essere presente in giudizio. In particolare, nella documentazione allegata al mandato di arresto europeo non sarebbero state fornite concrete indicazioni in proposito, ma ci si sarebbe limitati a richiamare la possibilità di esperire opposition nello Stato di emissione. Inoltre nella sentenza impugnata non sarebbe contenuta la necessaria esplicita subordinazione della consegna alla concreta possibilità di esperimento della richiesta di nuovo giudizio L. n. 69 del 2005, art. 19, lett. a). A parte il fatto che, data la possibilità di esperire opposizione in Francia e di ottenere che il processo venga ridiscusso in presenza dell’imputato, non ci si troverebbe in presenza di un mandato di arresto per la esecuzione di una sentenza, ma di un mandato di arresto per fini di azione penale, sicchè avrebbe dovuto essere riconosciuta allo C. la garanzia di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 19, lett. e).
Con il secondo motivo si lamenta la "assenza di motivazione" in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. h), e cioè in ordine alla possibilità che lo C. sia sottoposto a trattamenti inumani e degradanti se consegnato in Francia.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la "erronea applicazione del disposto di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r), in quanto, trattandosi di soggetto residente in Italia, la consegna avrebbe dovuto essere rifiutata con conseguente esecuzione della pena in Italia, conformemente a quanto stabilito dall’art. 4, n. 6, Decisione Quadro CE.
3.-. Il primo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte ha, infatti, già affermato che rispetta la condizione prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 19, lett. a), la consegna per una condanna in absentia se l’ordinamento dello Stato di emissione prevede la possibilità di proporvi opposizione entro un termine che decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza della decisione (Sez. 6^, n. 17574 del 18/5/2006 – 22/5/2006, Jovanovic).
Inoltre la suindicata disposizione si limita a stabilire che in caso di decisione pronunciata in absentia la consegna e subordinata alla condizione che la autorità giudiziaria emittente fornisca assicurazioni sufficienti a garantire alle persone oggetto del mandato di arresto europeo la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato membro di emissione e di essere presenti al giudizio, senza richiedere che in sentenza la consegna sia esplicitamente subordinata a tale condizione. Nella fattispecie, in esame, l’ordinamento francese prevede espressamente la richiesta garanzia, sicchè sussistono i requisiti fissati dalla legge.
Il secondo motivo prospetta censure del tutto generiche, in quanto la possibilità che lo C. sia sottoposto in Francia a trattamenti inumani e degradanti è apoditticamente affermata senza alcun idoneo elemento di supporto.
4.-. Anche le residue censure sono prive di fondamento. Infatti nel caso di specie non si applicano nè la L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r, nè L. n. 69 del 2005, art. 19, lett. e), in quanto la prima di queste due disposizioni riguarda esclusivamente l’ipotesi in cui il soggetto richiesto sia cittadino italiano (mentre C.A. A. è di nazionalità francese) e la seconda, nel suo applicarsi anche al residente nello Stato Italiano, richiede un requisito che, nel caso di specie, non può ritenersi sussistente.
Il concetto di "residenza" (desunto interpretativamente anche dall’art 43 c.c.) deve risultare da un elemento obiettivo (la dimora abituale) e da un elemento subiettivo o intenzionale (volontà di stabilirsi in un certo luogo). Questa Corte ha già chiarito che, quanto all’elemento obiettivo, la durata della dimora non va intesa come assoluta continuità della medesima, bensì soltanto come "abitudine della dimora": questa ultima perciò non viene meno in caso di interruzione del rapporto della persona con il luogo a causa di suoi allontanamenti, anche se frequenti, specie in relazione alla organizzazione e alle esigenze della vita moderna che ha notevolmente aumentato le occasioni dello spostamento della persona da un luogo all’altro. Quanto all’elemento soggettivo, esso non va inteso come intenzione di dimorare costantemente e definitivamente, senza limiti nel tempo e negli interessi, in un dato luogo, bensì come intenzione attuale di rimanere stabilmente in un luogo per un apprezzabile periodo di tempo, desunta da fatti concludenti (Sez. 1^, Sentenza n. 316 del 2/03/1964, Rv. 099149, Perez). In definitiva, per poter considerare sussistente il requisito della residenza in Italia occorre che sia dimostrato che l’interessato non soltanto abbia la sua dimora abituale in un determinato luogo del nostro Paese, ma intenda permanervi stabilmente, con ciò stabilendo un radicamento nel territorio nazionale.
Nella fattispecie in esame lo C. risulta senza fissa dimora e privo di documenti, tanto che per la sua identificazione i Carabinieri hanno dovuto procedere ad un accertamento A.F.I.S.. E’ emerso altresì che il predetto aveva usato anche altre false identità ("alias (OMISSIS)")- A fronte di tali significative risultanze il mero certificato di residenza (stilato dal Comune di Verbania e prodotto dalla difesa nel corso del procedimento) non appare idoneo, da solo, a dimostrare la sussistenza del requisito richiesto dalla Legge. Del resto la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato il valore meramente indiziario delle certificazioni anagrafiche a fronte di fondate risultanze di segno opposto (v. da ultimo: Sez. 5^, Sentenza n. 28617 del 15/06/2004, Rv.
229314, El Hadda).
5.-. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Riserva il deposito della motivazione. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

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