Cass. pen., sez. V 28-04-2008 (01-04-2008), n. 17399 Istanza di declaratoria di prescrizione proposta prima dell’istanza di applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

IN FATTO E DIRITTO
B.E. e B.R., imputati del delitto di cui all’art. 483 c.p. in relazione ad una falsa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà diretta al Sindaco del Comune di Ardenno, ricorrono per Cassazione contro la sentenza di patteggiamento emessa nei loro confronti dal Tribunale di Sondrio, Sezione Distaccata di Morbegno, con cui era stata applicata la pena concordata con il Pubblico Ministero ed erano stati condannati alla rifusione delle spese sostenute dalle p.c..
Deducono col primo motivo l’avvenuta prescrizione del reato, denunciata in via preliminare e non ritenuta dal giudice; essendo stato commesso il fatto il (OMISSIS), la prescrizione si sarebbe verificata nel termine dei cinque anni, in mancanza di atti interruttivi, prima dell’emissione del decreto di citazione a giudizio, avvenuta il 19.10.2006, tale non essendo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., dovendosi applicare perchè più favorevole agli imputati il disposto dell’art. 157 c.p., come vigente prima della modifica di cui alla L. n. 251 del 2005. Contestano inoltre la qualificazione giuridica del fatto come violazione dell’art. 483 c.p. Col secondo motivo lamentano la mancata esclusione della p.c., nonostante tempestiva eccezione; le p.c. non sarebbero i soggetti danneggiati dal delitto di falso contestato. Inoltre l’azione civile sarebbe già stata esercitata in sede propria e definita con sentenza passata in giudicato.
Col terzo motivo lamentano omessa motivazione sulla richiesta di compensazione delle spese sostenute dalla p.c..
Il Procuratore Generale presso questa Corte Suprema ha chiesto dichiarazione di inammissibilità del ricorso per essere i motivi manifestamente infondati.
Il primo motivo, con riferimento al decorso del termine di prescrizione del reato, è fondato ed impone l’annullamento della sentenza impugnata.
Risulta dagli atti che la questione relativa alla prescrizione del reato era stata posta dalla difesa quale sua preliminare richiesta, con istanza depositata fuori udienza e reiterata all’udienza dibattimentale, prima dell’istanza di applicazione della pena, davanti al giudicante, il quale l’aveva respinta con motivazione sostanzialmente inesistente.
Come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte (per tutte, Sez. 1, n. 18391, del 13 marzo 2007, Rv. 236576), la richiesta di applicazione concordata della pena ex art. 444 c.p.p., non costituisce un’ipotesi tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile; peraltro la volontà degli imputati di non rinunciare alla prescrizione era stata chiaramente manifestata con la proposizione della relativa istanza nei tempi e nei modi sopra evidenziati.
Il delitto risulta commesso, nell’ipotesi di contestazione, in data 6 agosto 2001.
Si tratta di delitto per il quale la legge prevede una pena massima di anni due di reclusione e, poichè le disposizioni dell’art. 157 c.p., comma 1, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, sono più favorevoli perchè prevedono un termine di prescrizione di anni cinque, invece di quello di anni sei, vigente per i medesimi delitti commessi dopo l'(OMISSIS), il termine di prescrizione appare essere decorso il 6 agosto 2006, addirittura in data anteriore al decreto di citazione a giudizio, emesso il 19 ottobre 2006.
Dagli atti processuali non risulta si siano verificate interruzioni o sospensioni della prescrizione prima della scadenza del termine, tale non essendo l’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ex art. 415 bis c.p.p., che, come ritiene l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, non è ricompreso fra gli atti interruttivi della prescrizione di cui al tassativo elenco dell’art. 160 c.p..
Rileva peraltro la Corte che dagli atti emerge che per il medesimo fatto i prevenuti erano stati denunciati nell’ambito di diverso procedimento, assegnato ad altro magistrato della medesima Procura della Repubblica di Sondrio, delle cui vicende nulla è dato sapere, così che non risulta – nè emerge che il giudicante si sia fatto carico di accertare, e comunque di sviluppare adeguata motivazione in proposito – se un qualche atto interruttivo della prescrizione di quel reato (indipendentemente dall’ambito processuale in cui sia stato adottato) non sia intervenuto in tempo utile per impedire l’estinzione del delitto ascritto agli attuali ricorrenti.
Di conseguenza non è possibile allo stato attuale dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione e la Corte deve limitarsi ad annullare senza rinvio l’impugnata sentenza di applicazione della pena, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Sondrio, Sezione Distaccata di Morbegno, che dovrà procedere a nuovo giudizio tenendo conto di quanto sopra statuito circa l’applicazione alla concreta fattispecie delle norme sul termine di prescrizione del delitto e delle relative interruzioni, procedendo alle adeguate valutazioni circa l’essere o meno intervenuto, indipendentemente dal procedimento in cui si possa essere verificato, un atto interruttivo che possa aver impedito l’estinzione nella data di cui sopra del delitto per cui si procede. Ogni altra questione è assorbita.
P.Q.M.
La Corte, annulla la sentenza impugnata senza rinvio e ordina trasmettersi gli atti al Tribunale di Sondrio, Sezione Distaccata di Morbegno per nuovo giudizio.

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