Cass. pen., sez. I 24-04-2008 (15-04-2008), n. 17312 Possibilità di modificare l’imputazione – Sussistenza.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con sentenza del 6.6.2007, il tribunale di Ascoli Piceno – sezione distaccata di S. Benedetto del Trento – dichiarava la S. colpevole di contravvenzione all’art. 659 c.p., comma 1 (per avere disturbato la quiete e il riposo delle persone, coll’esercizio di attività casearia, i cui rumori notturni superavano gli standards di cui al d.p.c.m. 14.11.1997 – capo d’imputazione così modificato in udienza), condannandola alla pena di 200,00 Euro di ammenda, oltre alla pronunce accessorie.
Osservava il tribunale che la prova del fatto derivava da accertamenti tecnici, svolti dopo che numerose lamentele erano state sollevate dai vicini dell’azienda della S., del resto confermati dalle testimonianze escusse.
Correttamente doveva ritenersi violato dell’art. 659 c.p., il comma 1 essendo integrato il precetto normativo dalla richiamata violazione del d.p.c.m. di cui sopra.
Nè appariva credibile l’attribuzione del fatto ad autonoma iniziativa di dipendenti, che azionavano i macchinali anzitempo, non essendosi mai visto che un operaio cominci ad operare prima del suo orario lavorativo.
Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione, a mezzo del suo difensore, la S., che denunciava:
col primo motivo di ricorso, violazione di legge.
La modifica del capo d’imputazione aveva comportato la contestazione di un fatto diverso da quello descritto nel decreto penale opposto; e ciò era illegittimo, non essendo applicabile nel giudizio monitorio il disposto dell’art. 516 c.p.p., stante il carattere potenzialmente decisorio e non introduttivo del giudizio, del decreto stesso.
Ne era derivata una grave lesione del diritto di difesa, anche per la mancata concessione di un termine allo scopo;
col secondo motivo, vizio della motivazione.
Il fatto addebitato, in effetti, non era mai stato provato; anzi, la prova investiva, come autore dei lamentati disturbi, un dipendente della S., che, in contrasto colle disposizioni dalla stessa impartite e al fine di danneggiarla, aveva azionato i macchinari prima dell’orario iniziale previsto.
Il ricorso è infondato.
Per quanto attiene alla eccezione formale contenuta nel primo motivo, il Collegio condivide la più recente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il disposto dell’art. 516 c.p.p. è applicabile anche nel procedimento che segue l’opposizione a decreto penale, in quanto la formulazione letterale della norma non prevede alcuna eccezione (cfr. Sez. 3^, 9.2.2005, Pillinini).
Va aggiunto che a tale questione formale il ricorso non fa seguire alcuna argomentazione che consenta di individuare lesioni effettive del diritto di difesa, stante la possibilità di conoscenza degli atti del processo e del loro sviluppo.
Il secondo motivo è sostanzialmente generico, in quanto reitera una tesi difensiva – quella dell’estraneità dell’imputata alla produzione dei rumori (dei quali non si contesta specificamente l’idoneità al diffuso disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone) – che il tribunale ha già affrontato e non illogicamente risolto, senza tener conto dell’iter argomentativo esplicato e sottraendo in tal modo la sentenza impugnata ad un ulteriore sindacato di questa Corte.
Il ricorso deve dunque essere rigettato, colle ulteriori statuizioni indicate nel dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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