Cass. pen., sez. VI 10-04-2008 (08-04-2008), n. 15004 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Condizioni ostative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Brescia dichiarava sussistere le condizioni per la consegna all’autorità giudiziaria di Boulogne sur Mer del cittadino P. A., raggiunto da mandato di arresto europeo per mancato versamento di oltre Euro 5 milioni a titolo di IVA e omessa tenuta regolare delle scritture contabili obbligatorie. Condizionava la consegna alla condizione che l’estradando fosse ascoltato e, in caso di condanna, rinviato in Italia per l’espiazione della pena.
2. Ricorre il P. il quale, con il primo motivo, ricorda come la violazione contestata riguardi una evasione fiscale avvenuta durante il secondo semestre del 2002 (infatti il pagamento dell’IVA deve farsi ogni mese), come non vi fossero state verifiche di p.g. e come la stessa magistratura francese nel 2006 non conoscesse l’esatto nominativo dell’indagato, tanto da dover interessare l’A. G. italiana. Cosa che sembra singolare, dato che il ricorrente sin dal luglio del 2001 avrebbe costituito in Francia una società a responsabilità limitata con registrazione in pubblico registro e autenticazione della sottoscrizione.
E’ mancata così un’indagine, pure necessaria in queste condizioni, in ordine ad una possibile omonimia tra il ricorrente e il soggetto effettivamente ricercato, a seguito di verifiche fiscali il cui inizio è stato comunicato a un nominativo diverso da quello poi perseguito.
D’altro canto il P. aveva fornito una sua versione nella quale aveva spiegato come autore della sua falsa sottoscrizione, ai fini dell’apertura della società che evase l’imposta, potesse essere altro soggetto già individuato e conosciuto come autore di molti falsi dagli investigatori inglesi, sulle tracce di un’organizzazione criminale volta al contrabbando di bevande alcoliche.
In conclusione mancherebbe quella gravità indiziaria che legittima l’accoglimento della richiesta di consegna.
3. Con ulteriore motivo il P. sostiene che, posto che la dichiarazione e il pagamento dell’IVA devono avvenire su base mensile e non annuale e che in Francia (come in Italia) esiste una soglia di punibilità (oltre il 10% dell’imposta dovuta), sarebbe evidente che se nel semestre contestato il ricorrente avesse evaso l’IVA in misura inferiore al 10% non sarebbe punibile e tuttavia in base alla documentazione francese non è dato sapere quale sia l’ammontare della tassa evasa nel periodo dell’imputazione. D’altra parte la contestazione, data l’applicabilità della L. n. 69 del 2005 ai reati commessi dopo il (OMISSIS), non può che riguardare evasioni consumate dopo questa data e non l’intero anno del 2002 sul quale si fonda l’accusa francese.
4. Quanto all’omessa tenuta della contabilità, il P. sostiene che, essendo stata abrogata questa figura criminosa nell’ordinamento italiano, la Francia non può ottenere la consegna per il principio di doppia incriminabilità. 5. D’altra parte per il reato contestato al P. si può procedere in Italia in forza dell’art. 9 c.p. e alla specie non è applicabile l’eccezione della norma citata, comma 3, relativa all’estradizione, dato che si verte in tema di mandato europeo.
D’altra parte il reato per cui v’è richiesta, in Italia è già prescritto ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. n. 6. Infine si denunzia la prescrizione in Francia del reato e la violazione del principio della ragionevole durata del processo, essendo trascorsi sei anni dai fatti durante i quali, in violazione della parità delle armi, l’accusa ha agito in absentia della persona interessata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non ha fondamento.
In ordine al primo ed al secondo motivo, intesi, sia pur confusamente, a contestare tanto l’identificazione nel ricorrente della persona richiesta, quanto la sussistenza di gravi indizi ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 4, va rilevato che lo stesso P. l’8 marzo 2006, nel corso di indagini dirette alla repressione del contrabbando di alcolici, ha ammesso di aver sottoscritto, sia pure in buona fede, documenti afferenti alla costituzione di varie ditte e non ha escluso che tra queste potesse annoverarsi la ditta EURL EUROS SALES, rammentando anzi circostanze nelle quali a (OMISSIS) un tal Pe., non meglio identificato, avrebbe carpito la sua firma (cfr. ricorso pagg. 5 e 6).
Di talchè, gli argomenti che vengono tratti dalla rogatoria internazionale diretta a conoscere le esatte generalità del soggetto, per sostenere la necessità di una sua più puntuale identificazione, risultano superati dalle ammissioni del medesimo ricorrente (non senza aggiungere che tale rogatoria non era poi sintomatica di un dubbio di identità ma più semplicemente aveva il fine di verificare la corrispondenza tra le generalità fornite dal P. all’amministrazione francese nei documenti costitutivi della ditta sopra menzionata, rispetto a quelle conosciute in Italia).
Circa poi i gravi indizi, appare chiaro come nel ricorso si confonda l’esposizione degli elementi probatori, richiesta dal ricordato art. 17 (nella specie accertamenti di ispettori fiscali e verifiche di p.g.), con l’efficacia dimostrativa dei medesimi elementi per raggiungere la piena prova, anche a fronte delle contrarie deduzioni del ricorrente (sui periodi e l’ammontare dell’evasione, sulla falsificazione della sua sottoscrizione, sull’operato di tal L.F., sul possibile concorso di funzionari pubblici e via dicendo). Efficacia dimostrativa che potrà certo essere oggetto delle difese del P. dinanzi al giudice che lo ha richiesto.
2. In ordine all’ulteriore problema della doppia incriminabilità per il reato di omessa tenuta delle scritture contabili, senza addentrarsi nella questione dei limiti di sopravvivenza di detta figura nell’ordinamento italiano, è sufficiente osservare che la L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 2 fa eccezione al principio in esame per la materia delle tasse e delle imposte e che la norma francese sui libri obbligatori è per l’appunto inserita nel code general des impots.
3. La disciplina contenuta nell’art. 9 c.p., sulla punibilità dei delitti comuni commessi all’estero dal cittadino italiano, è derogata, per gli Stati membri, dall’intero sistema introdotto dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, e segnatamente dalla disciplina dell’art. 19, lett. c che prevede e segna i limiti di efficacia della potestà punitiva dello Stato membro di emissione del mandato. Ne consegue che, con riferimento alla citata legge, art. 18, lett. n (anche ad ammettere che il suo disposto prescinda dal requisito della richiesta del Ministro), una volta intervenuto il mandato di arresto europeo, cessa la possibile giurisdizione italiana sul delitto compiuto dal cittadino all’estero e si interrompe il periodo valutabile ai fini della prescrizione. E poichè nella specie questo mandato è intervenuto il 13 giugno 2007, quando non erano ancora trascorsi cinque anni dal dicembre 2002, il reato fiscale, secondo la legge italiana, non era prescritto.
4. Come già osservato dalla Corte d’Appello, non spetta al giudice italiano valutare l’intervenuta prescrizione del reato in Francia.
Non apprezzabile giuridicamente è infine il richiamo alla ragionevole durata del processo e alla parità delle armi, intesi evidentemente in un’accezione esorbitante dai limiti normativi di riconoscimento di tali principi.
5. Il ricorso va perciò respinto e al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

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