Corte Costituzionale ordinanza n. 13 ORDINANZA 10 – 12 gennaio 2011 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 3 del 19-1-2011

Ordinanza

nei giudizi di legittimita’ costituzionale degli articoli 10-bis
(introdotto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio
2009, n. 94, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»)
e 16, comma 1 (modificato dall’art. 1, comma 16, lettera b), e comma
22, lettera o), della legge n. 94 del 2009) del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero) e dell’articolo 62-bis del decreto legislativo 28 agosto
2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di
pace, a norma dell’articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468),
introdotto dall’art. 1, comma 17, lettera d) della legge n. 94 del
2009, promossi dal Giudice di pace di Giulianova con ordinanza del 23
novembre 2009, dal Giudice di pace di Nardo’ con ordinanza del 10
dicembre 2009 e dal Giudice di pace di Abbiategrasso con tre
ordinanze del 18 febbraio 2010, rispettivamente iscritte ai numeri
19, 149 e da 158 a 160 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 6, 22 e 23, 1ª serie
speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2010 il Giudice
relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, con ordinanza del 23 novembre 2009 (r.o. n. 19 del
2010), il Giudice di pace di Giulianova ha sollevato – in riferimento
agli articoli 2, 25, 27, e 117, primo comma, della Costituzione,
nonche’ in relazione agli articoli 5 e 6 del Protocollo addizionale
della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalita’
transnazionale organizzata per combattere il traffico illecito di
migranti via terra, via mare e via aria, ratificata con legge 16
marzo 2006, n. 146 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei
Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato
transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000
ed il 31 maggio 2001) – questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero),
introdotto dall’art. 1, comma 16, lettera a) della legge 15 luglio
2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica);
che il giudice rimettente riferisce preliminarmente: a) di
dover giudicare della condotta di W.J., nato in Cina ed ivi
residente, in Italia senza fissa dimora, imputato del reato di cui
alla disposizione censurata «(in relazione agli artt. 4 e 5 del
medesimo testo unico)»; b) di aver emesso, all’udienza tenuta il 5
ottobre 2009, una propria precedente ordinanza, «in aderenza alla
rilevata questione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 10 bis
del citato dlgs 286/98, sollevata dalla Procura della Repubblica di
Teramo»; c) di avere, con detta ordinanza, provveduto – «prendendo
atto delle osservazioni» contenute nell’istanza presentata dal
Pubblico Ministero e «previa sospensione del procedimento» – a
rimettere gli atti del procedimento a questa Corte, «per i
provvedimenti successivi e consequenziali»; d) di aver ottenuto in
restituzione gli atti medesimi, per mancanza degli elementi che
consentissero di ricondurre il documento trasmesso al paradigma del
provvedimento di cui all’art. 23 della legge n. 87 del 1953; e) di
dovere, pertanto, «ritornare alla propria ordinanza dibattimentale»,
i cui termini e motivi, «anche se non riportati, sono stati
sufficientemente esposti in dibattimento»; f) di partecipare,
«comunque», in adesione «all’invito di Codesta Suprema Corte e nel
rispetto dell’art. 23 della citata legge n. 87/53», le successive
«adeguate motivazioni»;
che, nel considerare come condotta penalmente rilevante il
semplice «ingresso» o il «trattenimento illegale nel territorio
italiano di qualsiasi cittadino extracomunitario», la disposizione
censurata risulterebbe in contrasto, anzitutto, con l’art. 117, primo
comma, e 25 Cost., in relazione agli articoli 5 e 6 del citato
Protocollo addizionale;
che, secondo la ratio ed i principi ispiratori di queste
ultime disposizioni, «il migrante non puo’ essere criminalizzato per
il suo ingresso irregolare in uno stato, restando salve tutte le
altre ipotesi di incriminazione per fatti diversi», non apparendo
«giusto e soprattutto utile punire penalmente» chi sia, piuttosto,
«oggetto di organizzazioni criminali transnazionali», le quali
dovrebbero esse «costituire il vero obiettivo della risposta
repressiva»;
che, non risultando «possibile alcuna interpretazione
conforme» della norma censurata, parrebbe «insuperabile» una
dichiarazione della sua illegittimita’ costituzionale;
che, d’altra parte, la disposizione in esame contrasterebbe
con gli artt. 2, 25 e 27 Cost., non sembrando «che le condotte
incriminate siano offensive di alcun bene giuridico», a cominciare da
quello della «sicurezza pubblica»;
che, infatti, in base al «principio di necessaria
offensivita’ del diritto penale», non sarebbe «consentito al
legislatore introdurre sanzioni penali non collegate a condotte
lesive di interessi giuridicamente rilevanti, in ordine ai quali non
sia possibile effettuare alcun giudizio di disvalore»;
che punire, come nella specie, condotte meramente espressive
«di una condizione individuale, la condizione di migrante»,
contrasterebbe, percio’, «non solo con il principio di eguaglianza»
(assumendo l’incriminazione «un connotato discriminatorio basato su
condizioni soggettive»), «ma anche con la fondamentale garanzia
costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo’ essere
punito solo per fatti materiali e non gia’ per condizioni personali»;
che e’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per
chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile;
che, secondo la difesa erariale, il giudice rimettente non
solo non avrebbe «minimamente argomentato sulla rilevanza nel
giudizio a quo e sulla non manifesta infondatezza dei profili di
incostituzionalita’ dedotti dall’ufficio del P.M.», ma delle
osservazioni di quest’ultimo si sarebbe «limitato a prendere atto»,
rimettendole a questa Corte «acriticamente senza indicazione delle
norme della Costituzione ritenute violate»;
che, con ordinanza del 10 dicembre 2009 (r.o. n. 149 del
2010), il Giudice di pace di Nardo’ ha sollevato, in riferimento agli
articoli 3, 25, 27 e 97 della Costituzione, questione di legittimita’
costituzionale degli articoli 10-bis (limitatamente all’ipotesi di
soggiorno illegale) e 16, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 – come,
rispettivamente, introdotto dall’art. 1, comma 16, lettera a) della
legge n. 94 del 2009 e modificato dall’art. 1, comma 16, lettera b) e
comma 22, lettera o) della medesima legge n. 94 del 2009 – nonche’
dell’art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell’articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468), come introdotto
dall’art. 1, comma 17, lettera d), della predetta legge n. 94 del
2009;
che la rilevanza della questione – sollevata in un
procedimento penale iscritto a ruolo a carico di H.A. – riguarderebbe
la «statuizione sulla sanzione da comminare all’imputato, in caso di
riconoscimento di responsabilita’ penale», conseguente
all’applicazione della normativa censurata;
che, secondo il giudice rimettente, «la criminalizzazione di
una condizione (status) che fino alla data di entrata in vigore della
novella era di competenza esclusiva dell’autorita’ amministrativa»
violerebbe «i principi costituzionali di materialita’ e offensivita’
del diritto penale», oltre che di «uguaglianza, proporzionalita’ e
ragionevolezza», di cui, in combinato disposto, ai richiamati artt.
3, 25 e 27 Cost., nonche’ «i principi generali che informano la
materia penale»;
che la sanzione penale prevista risulterebbe, infatti, da un
lato, «scollegata al fatto materiale e colpevole», connettendosi
piuttosto «al modo di essere del soggetto (immigrato)» e, dall’altro,
«priva della compromissione del bene giuridico protetto (lesione o
messa in pericolo)», senza che le condotte incriminate possano, con
cio’, essere considerate «indice di pericolosita’ sociale» e senza
che, d’altra parte, la sanzione penale costituisca «l’unico ed
estremo strumento di deterrenza», data la «perfetta coincidenza del
rimedio penale con il rimedio amministrativo»;
che ulteriori «dubbi di ragionevolezza e legittimita’
costituzionale» riguarderebbero una fattispecie nella quale la
«punibilita’ degradi in caso di provvedimenti di respingimento o di
espulsione amministrativa fino alla pronuncia giudiziale di non luogo
a procedere» e nella quale anche «l’accertamento del reato possa
concludersi nell’irrogazione di un provvedimento di espulsione in
doppio binario con il provvedimento di espulsione amministrativo e
che deve essere obbligatoriamente emesso»;
che l’irrazionalita’ deriverebbe tanto dall’«inefficacia del
raggiungimento della tutela dei beni costituzionalmente rilevanti»
quanto dall’inutile «accavallarsi dello strumento penale con quello
amministrativo», se non proprio da una vera e propria subordinazione,
di fatto, del primo rispetto al secondo, «con la conseguente
inapplicabilita’ della pena sostitutiva in sede penale», in contrasto
con il principio del buon funzionamento della pubblica
amministrazione di cui all’art. 97 Cost.;
che quanto, ancora, alla previsione di una pronuncia di non
luogo a procedere nel caso in cui l’autore del reato sia espulso o
respinto ex art. 10, comma 2, del decreto legislativo in esame, non
potrebbe escludersi, a giudizio del rimettente, che, in violazione
dell’art. 3 Cost., «condotte del tutto identiche […] in assenza di
adozione di provvedimenti dell’autorita’ amministrativa assumano
rilevanza penale differente, determinandosi sperequazione e
disparita’ di trattamento tra chi debba essere prosciolto poiche’
colpito da provvedimenti amministrativi […] e chi, fatalmente, non
destinatario di provvedimenti di allontanamento, debba essere
destinatario della sanzione penale», senza che si possa ricorrere
«all’analogia in malam partem, a tanto ostando il principio di
tassativita’ ex art. 25 Cost.»;
che nella normativa censurata si rileverebbe, inoltre, il
mancato riferimento alla funzione rieducativa della pena (prevista
«in maniera ancillare a completamento dell’azione amministrativa,
volta all’espulsione in sede penale dello straniero») nonche’, in
violazione dell’art. 3 Cost., la mancata attribuzione di rilevanza ad
eventuali "giustificati motivi" di trattenimento nel territorio dello
Stato, al pari di quanto previsto per «l’analoga ipotesi delittuosa
di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del
1998»;
che, con tre distinte ordinanze di identico contenuto, emesse
il 18 febbraio 2010 (r.o. numeri 158, 159 e 160 del 2010), il Giudice
di pace di Abbiategrasso ha sollevato, in riferimento agli articoli
2, 3, 25, secondo comma, e 97 Cost., nonche’ al principio
costituzionale di ragionevolezza della legge penale, questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del
1998, introdotto dall’art. 16 [recte: art. 1, comma 16, lettera a)]
della legge n. 94 del 2009;
che, quanto alle circostanze di cui ai giudizi principali, il
rimettente si limita, in ciascun caso, a riferire di aver pronunciato
l’ordinanza di rimessione all’udienza tenuta nel corso del
procedimento penale a carico di un contumace, imputato del reato di
cui alla disposizione censurata, accertato a una certa data, «perche’
si tratteneva sul territorio dello Stato in violazione delle
disposizioni inerenti l’ingresso e il soggiorno degli stranieri sul
territorio dello Stato».
Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano questioni da
considerare identiche o analoghe, onde i relativi giudizi vanno
riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia;
che i giudici rimettenti dubitano – in riferimento,
complessivamente, agli articoli 2, 3, 25, 27, 97 e 117, primo comma,
della Costituzione nonche’ al principio costituzionale di
ragionevolezza della legge penale – della legittimita’ costituzionale
dell’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero),
introdotto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio
2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), che
punisce con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto
costituisca piu’ grave reato, lo straniero che fa ingresso o si
trattiene illegalmente nel territorio dello Stato;
che il Giudice di pace di Nardo’ estende il proprio dubbio di
legittimita’ costituzionale all’art. 16, comma 1, dello stesso
decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall’art. 1,
commi 16, lettera b) e 22, lettera o), della legge n. 94 del 2009,
nonche’ all’art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.
274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a
norma dell’articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468), come
introdotto dall’art. 1, comma 17, lettera d), della predetta legge n.
94 del 2009, che consentono al giudice competente di sostituire la
pena pecuniaria con la misura dell’espulsione per un periodo non
inferiore a cinque anni;
che l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce
l’inammissibilita’ della questione sollevata dal Giudice di pace di
Giulianova, per difetto di motivazione in punto di rilevanza e di non
manifesta infondatezza;
che ciascuna delle ordinanze di rimessione, limitandosi ad
enunciare scarni e succinti elementi relativi ai fatti di cui al
giudizio principale, risulta carente anche nella motivazione sulla
rilevanza della questione che prospetta, cosi’ da precluderne l’esame
da parte di questa Corte;
che le ordinanze del Giudice di pace di Abbiategrasso
risultano, altresi’, prive di qualsiasi motivazione in ordine alla
non manifesta infondatezza della questione che sollevano, limitandosi
a evocare i parametri costituzionali sopra indicati senza
pronunciarsi sulle ragioni della loro asserita violazione;
che le questioni sollevate vanno dichiarate, pertanto,
manifestamente inammissibili (tra le tante pronunce, quanto a
insufficiente descrizione della fattispecie concreta e a carente
motivazione sulla rilevanza, ordinanze n. 253, n. 320, n. 329 e n.
343 del 2010; quanto al difetto di motivazione sulla non manifesta
infondatezza, ordinanze n. 319 e n. 347 del 2010).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta inammissibilita’ delle questioni di
legittimita’ costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), introdotto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica); dell’articolo 16, comma 1, dello stesso decreto
legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall’art. 1, commi 16,
lettera b) e 22, lettera o), della citata legge n. 94 del 2009;
dell’articolo 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), introdotto
dall’art. 1, comma 17, lettera d), della citata legge n. 94 del 2009,
sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, 25, 27, 97 e 117, primo
comma, della Costituzione nonche’ al principio costituzionale di
ragionevolezza della legge penale, dal Giudice di pace di Giulianova,
dal Giudice di pace di Nardo’ e dal Giudice di pace di Abbiategrasso
con le ordinanze indicate in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2011.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Grossi

Il cancelliere: Fruscella

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 2011.

Il cancelliere: Fruscella

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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