Corte Costituzionale sentenza n. 367 SENTENZA 15 – 22 dicembre 2010 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 52 del 29-12-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 5, comma 10,
del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore
delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo
nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione
civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009,
n. 77, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Pescara nel procedimento penale a carico di C. M. ed altro, con
ordinanza del 9 febbraio 2010, iscritta al n. 143 del registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, 1ª serie speciale, dell’anno 2010.
Visti l’atto di costituzione di C.M. nonche’ l’atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice
relatore Giuseppe Frigo;
Uditi l’avvocato Vincenzo Calderoni per C. M. e l’avvocato dello
Stato Massimo Bachetti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza del 9 febbraio 2010, il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Pescara ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 10, del decreto-legge 28 aprile
2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite
da eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e
ulteriori interventi urgenti di protezione civile), convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, «nella parte in cui
prevede a pena di nullita’ la notifica degli atti presso il presidio
costituito ai sensi del precedente comma nono».
Il giudice a quo – investito del processo penale nei confronti di
due persone, imputate del delitto di falso ideologico in atto
pubblico – premette che a uno degli imputati, residente in L’Aquila
alla data del sisma del 6 aprile 2009, l’avviso dell’udienza
preliminare (art. 419 del codice di procedura penale) era stato
notificato il 10 giugno 2009 ai sensi della norma censurata: vale a
dire, mediante consegna di copia dell’atto nel presidio per le
comunicazioni e le notifiche degli atti giudiziari, istituto presso
la sede temporanea degli uffici giudiziari di L’Aquila, a mani
dell’impiegato incaricato. Non essendo l’imputato comparso, il suo
difensore di fiducia aveva eccepito l’illegittimita’ costituzionale
di detta previsione normativa.
Il rimettente reputa la questione non manifestamente infondata,
assumendo che la norma censurata avrebbe introdotto una modalita’ di
esecuzione delle notifiche «di irresistibile valore legale», cui «non
corrisponde alcuna effettiva conoscenza dell’atto». La presunzione
legale di conoscenza, sottesa alla norma stessa, prescinderebbe,
infatti, da qualsiasi «controverifica» della reale cognizione, da
parte del destinatario, tanto dell’atto notificato che della stessa
pendenza del procedimento penale (potendo trattarsi anche del primo
atto da notificare all’indagato o all’imputato).
Ne deriverebbe, da un lato, una violazione dei «diritti di
difesa» garantiti dagli artt. 24 e 111 Cost., tanto piu’ evidente ove
si consideri alla base del provvedimento vi e’ la grave situazione
conseguente al sisma che ha colpito i territori abruzzesi; dall’altro
lato, una lesione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), stante
l’ingiustificata discriminazione introdotta in danno dei destinatari
della norma.
La questione sarebbe altresi’ rilevante, giacche’, a fronte della
mancata comparizione dell’imputato in udienza, la soluzione del
quesito di costituzionalita’ condizionerebbe la validita’ della
dichiarazione di contumacia e dei successivi atti processuali.
Ne’ varrebbe obiettare – secondo il rimettente – che, quando vi
sia incertezza sulla regolarita’ della chiamata in giudizio, il
giudice puo’ sempre disporre la rinnovazione della notifica. Sebbene,
infatti, la norma impugnata non risulti piu’ operante – sia perche’
la sua efficacia e’ limitata al 31 luglio 2009, sia in ragione della
ulteriore limitazione, introdotta dalla legge di conversione, ai soli
atti di competenza degli uffici giudiziari di L’Aquila (al cui ambito
non appartiene esso rimettente) – la verifica, nel caso di specie,
della regolare instaurazione del contraddittorio dovrebbe essere
comunque effettuata sulla base della disciplina vigente alla data
della notificazione originaria. La forma di notificazione di cui si
discute e’ inoltre prevista a pena di nullita’, senza che sia
riconosciuta al giudice penale – diversamente da quanto e’ previsto,
a seguito della legge di conversione, per il giudice civile o
amministrativo – la facolta’ di procedere con altre modalita’,
ancorche’ maggiormente garantite.
2. – Nel giudizio di costituzionalita’ e’ intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.
La difesa dello Stato eccepisce in via preliminare
l’inammissibilita’ della questione, sotto un duplice profilo: da un
lato, per la genericita’ delle censure, essendosi il rimettente
limitato a richiamare i parametri costituzionali, senza esplicitare
in modo chiaro le ragioni della loro asserita compromissione;
dall’altro lato, per l’inadeguatezza della motivazione sulla
rilevanza.
Il giudice a quo non avrebbe, infatti, considerato che la norma
censurata prevede, ai fini della conoscibilita’ dell’atto, una
notifica alternativa all’imputato o al difensore di fiducia, il
quale, nel caso di specie, e’ regolarmente comparso in udienza. In
ogni caso, il rimettente potrebbe bene avvalersi del disposto
dell’art. 420-bis cod. proc. pen., che, con previsione di ordine
generale, impone la rinnovazione dell’avviso dell’udienza preliminare
quando risulti o appaia probabile che l’imputato non ne ha avuto
effettiva conoscenza senza sua colpa.
Nel merito, la questione sarebbe comunque manifestamente
infondata.
La norma censurata si collocherebbe, infatti, nell’ambito di una
disciplina processuale a carattere eccezionale, volta a fronteggiare
la gravissima situazione determinatasi nei territori abruzzesi
colpiti dal sisma dell’aprile 2009: disciplina analoga a quella
adottata in occasione di altre gravi calamita’ naturali e che
contempla misure quali la sospensione dei processi, il rinvio delle
udienze e la sospensione dei termini. Il denunciato art. 5, comma 10,
del decreto-legge n. 39 del 2009 mirerebbe, in particolare, a porre
rimedio alla situazione di incertezza circa la reperibilita’ dei
destinatari delle notificazioni, conseguente al crollo o
all’inagibilita’ della maggior parte degli edifici, pubblici e
privati, ubicati nelle zone interessate dagli eventi sismici. Per
assicurare lo svolgimento delle attivita’ giudiziarie, il legislatore
avrebbe quindi individuato – con soluzione del tutto ragionevole – un
luogo agibile nel quale effettuare le notifiche, con la maggiore
certezza e il piu’ ampio margine di conoscibilita’ possibili:
adattando, in pratica, alla eccezionale contingenza la generale
previsione dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., in tema di
notifica mediante deposito nella casa comunale.
Per costante giurisprudenza costituzionale, d’altra parte, le
garanzie della difesa sono rispettate anche dalle forme di notifica
che non assicurino una conoscenza reale – non raggiungendo
direttamente la persona del destinatario – ma solo una conoscenza
«legale», fondata su presunzioni, purche’ queste rispondano a criteri
tali da realizzare una elevata probabilita’ di conoscenza effettiva;
prospettiva nella quale puo’ bene essere posto a carico del
destinatario un onere di diligenza, tanto piu’ quando si tratti del
difensore di fiducia dell’imputato.
Insussistente sarebbe, infine, la dedotta violazione del
principio di eguaglianza: la situazione di coloro che si trovino
nelle aree colpite dal sisma risulterebbe, infatti, palesemente
disomogenea rispetto a quella della generalita’ degli altri cittadini
e, dunque, ad essa non comparabile.
3. – Si e’ costituito altresi’ C. M., imputato nel giudizio a
quo, svolgendo deduzioni a sostegno dell’accoglimento della
questione.
Il difensore della parte privata rileva che nessuna notizia
dell’avviso dell’udienza preliminare e’ pervenuta al proprio
assistito, giacche’ gli atti notificati presso il presidio venivano
semplicemente ordinati cronologicamente e archiviati dal personale
addetto, senza alcuna ricerca del destinatario. Sarebbe evidente,
quindi, come il sistema escogitato dal legislatore per ovviare alla
situazione di emergenza determinata dal sisma «tradisse se’ stesso»,
non assicurando affatto la conoscenza degli atti notificati.
La legge di conversione del decreto-legge n. 39 del 2009 –
intervenuta successivamente alla notifica di cui si discute nel
giudizio a quo – ha limitato, bensi’, la sfera di operativita’ della
norma censurata agli atti di competenza degli uffici giudiziari di
L’Aquila: ma, nella specie – come rilevato dal giudice rimettente –
la disciplina applicabile andrebbe comunque determinata con
riferimento alla data di esecuzione della notifica, donde la
perdurante rilevanza della questione.
Sempre in punto di rilevanza, la parte privata rimarca, da
ultimo, come la legge di conversione abbia predisposto un rimedio
volto a mitigare «l’aspra inefficienza della norma». Esso risulta
riferito, tuttavia, esclusivamente ai giudici civili e
amministrativi, ai quali soltanto il legislatore ha consentito di
ricorrere allo strumento della rinnovazione della notifica, previsto
dall’art. 663 del codice di procedura civile in materia di convalida
di sfratto: con cio’ escludendo che la cautela sia fruibile dal
giudice penale, nonostante la certezza che l’atto non ha raggiunto il
suo scopo.
4. – L’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria
illustrativa, con la quale, oltre a ribadire le difese gia’ svolte,
ha eccepito l’inammissibilita’ della deduzione della parte privata,
relativa alla asserita disparita’ di trattamento fra il processo
penale e i giudizi civili e amministrativi. Si tratterebbe, infatti,
di una censura nuova, esorbitante dal thema decidendum fissato
nell’ordinanza di rimessione, che delimita l’oggetto del giudizio di
legittimita’ costituzionale in via incidentale.
Detta censura sarebbe comunque infondata, giacche’ nel processo
penale la possibilita’ di rinnovare la notifica verrebbe comunque
assicurata dal gia’ citato, generale disposto dell’art. 420-bis cod.
proc. pen.

Considerato in diritto

1. – Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pescara
dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,
della legittimita’ costituzionale dell’art. 5, comma 10, del
decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore
delle popolazioni colpite da eventi sismici nella regione Abruzzo nel
mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione
civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009,
n. 77, «nella parte in cui prevede a pena di nullita’ la notifica
degli atti presso il presidio costituito ai sensi del precedente
comma nono», nella sede temporanea degli uffici giudiziari di
L’Aquila.
Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata avrebbe stabilito
– per giunta a pena di nullita’ – una modalita’ di esecuzione delle
notifiche basata su una presunzione assoluta di conoscenza, cui non
corrisponde alcuna conoscenza effettiva dell’atto notificato da parte
del destinatario.
Ne conseguirebbe, da un lato, una violazione dei «diritti di
difesa» sanciti dagli artt. 24 e 111 Cost., tanto piu’ evidente ove
si consideri che il provvedimento riguarda popolazioni colpite da
eventi sismici di particolare gravita’; dall’altro lato, una lesione
del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), per la ingiustificata
discriminazione introdotta in danno dei destinatari della norma.
2. – L’eccezione di inammissibilita’ della questione per
genericita’ delle censure, formulata dall’Avvocatura generale dello
Stato, e’ infondata.
Le ragioni del dedotto contrasto della norma censurata con i
parametri costituzionali evocati sono esposte dal giudice rimettente
in modo stringato, ma tale comunque da permetterne la compiuta
comprensione. Con particolare riguardo all’asserita lesione all’art.
111 Cost., risulta altresi’ evidente come il giudice a quo abbia
inteso riferirsi alle previsioni della prima parte del terzo comma,
in forza delle quali la persona accusata di un reato deve essere
prontamente informata dei motivi e della natura dell’accusa mossale e
deve poter disporre del tempo e delle condizioni per preparare la sua
difesa.
3. – Parimenti infondata si palesa l’ulteriore eccezione
dell’Avvocatura dello Stato di inammissibilita’ della questione per
difetto di motivazione sulla rilevanza (o, piu’ propriamente, per
difetto di rilevanza): eccezione basata sul rilievo che la norma
censurata avrebbe previsto la notifica, in via «alternativa e non
cumulativa», dell’atto all’imputato o al suo difensore di fiducia, il
quale, nel caso di specie, e’ regolarmente comparso in udienza.
La tesi non e’ condivisibile, per l’assorbente ragione che il
riferimento alternativo della disposizione in esame alle parti e ai
difensori («nei confronti delle parti o dei loro difensori, gia’
nominati alla data del 5 aprile 2009 […]») non giustifica affatto
la conclusione che, nell’intento del legislatore, le notifiche dovute
alle prime potessero essere surrogate da quelle effettuate ai
secondi. Detto riferimento si giustifica, piu’ semplicemente, alla
luce della circostanza che solo le une (le parti) o solo gli altri (i
difensori) potevano risultare in concreto destinatari della speciale
forma di notifica prefigurata dalla disposizione stessa, la quale
presupponeva che il soggetto risiedesse od operasse nelle zone
colpite dal sisma alla data del 5 aprile 2009.
4. – Infondata e’ anche l’eccezione di inammissibilita’ della
deduzione proposta dalla parte privata e afferente alla disparita’ di
trattamento fra il processo penale e i giudizi civili e
amministrativi, quanto al potere-dovere del giudice di rinnovare la
notifica ove risulti o appaia probabile che il destinatario non abbia
avuto effettiva conoscenza dell’atto.
Quella che l’Avvocatura dello Stato qualifica come nuova
«censura» di incostituzionalita’, esorbitante dal thema decidendum
fissato dall’ordinanza di rimessione, e’, in realta’, una semplice
argomentazione a sostegno delle doglianze formulate dal giudice a
quo: argomentazione che si rinviene, peraltro, in forma sintetica,
anche nella parte conclusiva della motivazione della stessa
ordinanza.
5. – La questione e’ tuttavia inammissibile per una diversa
ragione: e, cioe’, per l’inadeguata ricostruzione da parte del
giudice rimettente del quadro normativo, la quale inficia tanto la
motivazione sulla rilevanza che quella sulla non manifesta
infondatezza del prospettato dubbio di illegittimita’ costituzionale.
L’indicata manchevolezza si manifesta per due, concorrenti
profili.
5.1. – In primo luogo, il rimettente omette di porsi in modo
corretto ed esaustivo il problema dell’efficacia dell’emendamento
apportato alla norma censurata dalla legge di conversione.
In base al testo originario del decreto-legge n. 39 del 2009,
l’ambito applicativo della speciale forma di notifica di cui si
discute era definito con esclusivo riferimento alla situazione dei
destinatari. L’art. 5, comma 10, di detto decreto prevedeva, infatti,
che «nei confronti delle parti o dei loro difensori, gia’ nominati
alla data del 5 aprile 2009, che, alla stessa data, erano residenti,
avevano sede operativa o esercitavano la propria attivita’
lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni e nei territori»
abruzzesi maggiormente colpiti dal sisma (individuati da apposito
decreto commissariale), «la comunicazione e la notifica di atti del
procedimento o del processo [dovesse] essere eseguita fino al 31
luglio 2009, a pena di nullita’, presso il presidio per le
comunicazioni e le notifiche di cui al comma 9».
La legge di conversione n. 77 del 2009 ha peraltro aggiunto alla
disposizione l’inciso finale: «ove si tratti di atti di competenza
degli uffici giudiziari di L’Aquila». Con ogni evidenza,
l’emendamento disposto dal Parlamento e’ solo formalmente aggiuntivo:
nella sostanza, esso implica una drastica limitazione della sfera di
applicabilita’ del regime derogatorio, che negli intenti del Governo
sarebbe dovuto rimanere affatto indipendente dall’ubicazione
dell’ufficio giudiziario competente a trattare il procedimento. Cio’,
tanto piu’ ove si consideri che, in forza dello stesso art. 5, i
processi pendenti davanti agli uffici giudiziari di L’Aquila – in
quanto comune colpito dal sisma – sono rimasti sospesi durante il
periodo di vigenza della disposizione censurata (commi 1 e 5), fatta
eccezione per talune attivita’ o categorie di giudizi, specificamente
indicati, caratterizzati da particolare urgenza (commi 1, seconda
parte, e 7).
Nel caso in esame, il processo principale pende presso il
Tribunale di Pescara e, dunque, si colloca al di fuori del territorio
operativo della norma censurata, quale risultante a seguito della
legge di conversione.
Il rimettente accenna alla circostanza, assumendo che la
questione resterebbe comunque rilevante in virtu’ del principio
tempus regit actum, valevole in materia processuale: poiche’ la
notifica di cui si discute e’ avvenuta il 10 giugno 2009 – e, dunque,
prima che intervenisse la conversione – la ritualita’ della chiamata
in giudizio dell’imputato dovrebbe essere valutata sulla base del
testo originario del decreto-legge, allora in vigore.
Cosi’ argomentando, tuttavia, il giudice a quo non si pone un
interrogativo che logicamente precede e condiziona la validita’ del
ragionamento svolto: se, cioe’, il ricordato emendamento parlamentare
abbia comportato la mancata conversione della norma del decreto-legge
emendata per la parte che rileva nel presente giudizio; mancata
conversione che, ai sensi dell’art. 77, terzo comma, Cost.,
determinerebbe la perdita di efficacia «sin dall’inizio» della norma
stessa.
Questa Corte ha avuto modo, in effetti, di rilevare come – per
l’aspetto che interessa – al decreto-legge non convertito vada
equiparato il «decreto […] convertito in legge con emendamenti che
implichino mancata conversione in parte qua», e che, pertanto, nel
caso di conversione con emendamenti, «spetta all’interprete […]
accertare quale delle eventualita’ si sia verificata» (sentenza n. 51
del 1985).
La conversione del decreto-legge e, correlativamente, il rifiuto
di conversione possono essere, infatti, anche parziali e, a sua
volta, il rifiuto parziale di conversione – come, del resto, e’
ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimita’ – puo’
essere anche implicito, a seconda del tipo di emendamento approvato.
Ne’, sul punto, apporta un decisivo contributo chiarificatore l’art.
15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell’attivita’ di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri), allorche’ stabilisce che «le modifiche
eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno
efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della
legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga
diversamente». Tale disposizione si limita, infatti, a sottrarre la
legge di conversione all’ordinario regime della vacatio, senza
occuparsi direttamente dell’efficacia intertemporale delle
disposizioni del decreto-legge emendate.
Cio’ posto, nel caso in esame risultano astrattamente
ipotizzabili due alternative ermeneutiche: che l’emendamento dianzi
ricordato implichi la conversione della norma del decreto-legge
censurata e la sua contestuale modifica con effetto ex nunc (a
partire, cioe’, dal giorno successivo alla pubblicazione della legge
di conversione); o che, al contrario, l’emendamento equivalga ad un
rifiuto parziale di conversione, che travolge con effetto ex tunc la
norma emendata per la parte non convertita (ossia per la parte in cui
prevede la notifica presso il presidio anche in rapporto agli atti di
competenza di uffici giudiziari diversi da quelli di L’Aquila).
Al riguardo, va rilevato come la giurisprudenza di legittimita’
abbia avuto modo di occuparsi di una fattispecie strutturalmente
analoga a quella che qui interessa, concernente una norma temporanea
in tema di sospensione dei termini processuali, contenuta in un
decreto-legge volto a fronteggiare la situazione di emergenza
conseguente agli eventi sismici che nel 1997 hanno colpito le Regioni
Marche e Umbria (art. 1 del decreto-legge 27 ottobre 1997, n. 364,
recante «Interventi urgenti a favore delle zone colpite da ripetuti
eventi sismici nelle regioni Marche e Umbria»): norma che, in sede di
conversione (ad opera della legge 17 dicembre 1997, n. 434), e’ stata
emendata, con l’esclusione, in particolare, di alcuni comuni dal suo
ambito operativo.
Chiamata ad accertare l’incidenza di tale modifica, la Corte di
cassazione si e’ espressa a favore della seconda delle soluzioni in
precedenza indicate, e cioe’ nel senso che l’emendamento equivalesse
ad un rifiuto parziale di conversione: donde la conclusione che, in
riferimento ai comuni esclusi, la norma del decreto-legge dovesse
considerarsi tamquam non esset, anche durante il periodo della sua
provvisoria vigenza (Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2005, n. 11186;
Cass. civ., sez. I, 17 marzo 2000, n. 3106).
Il giudice a quo non ha tenuto conto di tale indirizzo
giurisprudenziale, anche solo al fine di contestarne la validita’,
ne’ conseguentemente si e’ dato carico di verificare se alla medesima
conclusione debba pervenirsi nell’ipotesi che qui interessa. Cio’,
tenuto conto anche delle particolarita’ che la connotano e,
segnatamente, della possibilita’ di ravvisare nell’emendamento
apportato in sede di conversione un mutamento della stessa ratio
della norma censurata, avuto riguardo al fatto che quest’ultima –
originariamente calibrata sulla sola situazione dei notificandi –
nella versione approvata dal Parlamento sembra avere invece di mira
anche (e soprattutto) la situazione degli uffici giudiziari, cui
spetta curare la notifica.
5.2. – Sotto altro profilo, va osservato come il rimettente –
sempre in sede di motivazione sulla rilevanza – abbia escluso di
potersi avvalere del rimedio previsto dall’art. 420-bis cod. proc.
pen., in forza del quale il giudice dispone che sia rinnovato
l’avviso dell’udienza preliminare quando consta o appare probabile
che l’imputato non ne ha avuto effettiva conoscenza senza sua colpa.
Tale assunto interpretativo e’ senz’altro fallace.
L’art. 420-bis cod. proc. pen. (richiamato per il dibattimento
dall’art. 484, comma 2-bis, cod. proc. pen.) e’, infatti, una norma
generale, applicabile in rapporto a tutte le forme di notifica
indipendentemente da un esplicito richiamo. Il principio tempus regit
actum – pure a questo riguardo evocato dal giudice a quo – e’,
dunque, del tutto inconferente: tanto piu’ che della disposizione ora
citata il rimettente e’ chiamato a fare applicazione solo nel momento
in cui da’ inizio alla udienza preliminare, e dunque, nella specie,
in data successiva a quella di cessazione dell’efficacia della
disposizione temporanea censurata (31 luglio 2009).
Tantomeno sarebbe corretto evocare (come ha fatto nella
discussione orale la difesa della parte privata) il principio
attinente alla disciplina della successione di leggi nel tempo e la
"specialita’" della disposizione censurata rispetto al precetto
generale espresso dall’art. 420-bis cod. proc. pen. (che dunque non
sarebbe applicabile). Le due fattispecie, invero, non hanno nulla in
comune: la prima propone la descrizione di un modello specifico di
notificazione; la seconda, un "rimedio" apprestato per tutti i casi –
compresi quelli innescati dall’applicazione della prima – in cui sia
provato o probabile che la notificazione non abbia prodotto
l’effettiva conoscenza dell’atto da parte dell’imputato destinatario,
con la conseguenza che il giudice ne dispone la rinnovazione.
Ne’ maggiormente probante e’ l’ulteriore argomento esposto dal
giudice a quo (nonche’ dalla parte privata): ossia il rilievo che la
legge di conversione, aggiungendo un secondo periodo al comma 10
dell’art. 5 del decreto-legge n. 39 del 2009, ha espressamente
consentito solo al giudice civile e al giudice amministrativo –
tramite il richiamo all’art. 663 cod. proc. civ., in tema di
convalida di sfratto – di rinnovare la citazione nei casi di
accertata o probabile ignoranza dell’atto notificato da parte del
destinatario.
L’inserimento di una specifica norma di garanzia riferita ai soli
processi civili e amministrativi si spiega proprio con la
considerazione che la disciplina di questi ultimi non contempla norme
generali in tema di rinnovazione della chiamata in giudizio, analoghe
a quella dettata per il processo penale dall’art. 420-bis cod. proc.
pen. Diversamente opinando, si dovrebbe concludere che il
legislatore, in rapporto alle sole notifiche ai soggetti colpiti dal
terremoto dell’aprile 2009, abbia inteso irrazionalmente ribaltare
l’ordinario rapporto, che vede il processo penale maggiormente
garantito, sotto il profilo considerato, rispetto agli altri
processi.
6. – In conclusione, la ricostruzione del quadro normativo
operata dal giudice a quo e’ inadeguata, giacche’ il rimettente, da
un lato, ha omesso di compiere una indagine ermeneutica doverosa
(quella relativa all’eventuale perdita parziale di efficacia della
norma del decreto-legge con effetto ex tunc, a seguito
dell’emendamento approvato in sede di conversione); dall’altro, ha
fatto leva su un postulato ermeneutico errato (l’inapplicabilita’
dell’art. 420-bis cod. proc. pen.).
La manchevolezza evidenziata incide – segnatamente sotto il primo
profilo – sulla congruita’ della motivazione in ordine alla rilevanza
della questione e – nel suo complesso – anche su quella relativa alla
non manifesta infondatezza, la quale va calibrata tenendo conto del
reale ambito di operativita’ della forma di notifica sottoposta a
scrutinio e della esistenza, a torto negata, di possibili rimedi
all’accertato o verosimile difetto di conoscenza effettiva dell’atto
in tal modo notificato (sulla inammissibilita’ della questione in
caso di erronea o inadeguata ricostruzione o ponderazione del quadro
normativo, ex plurimis, ordinanze n. 334 del 2007 e n. 146 del 2006).
Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione va
dichiarata, dunque, inammissibile.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 10, del decreto-legge 28 aprile
2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite
da eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e
ulteriori interventi urgenti di protezione civile), convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Pescara con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2010.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Frigo

Il cancelliere: Fruscella

Depositata in cancelleria il 22 dicembre 2010.

Il cancelliere: Fruscella

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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