Cassazione VI civile del 8.11.2010 n. 22706 Trasfusioni, danni, salute, civile (2011-01-14)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente: ordinanza

sul ricorso proposto da: xx – ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE – controricorrente –

avverso la sentenza n. xx della CORTE D’APPELLO di xx dell’xx, depositata il xx; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE; è presente il P.G. In persona del Dott. ENNIO ATTILIO SEPE.

Fatto

Nella controversia promossa da B.P. E F., quali eredi di V.R., nei confronti del Ministero della salute per il riconoscimento del diritto all’indennizzo previsto dalla L. 25 febbraio 1992, n. 210, spettante alla loro dante causa per l’epatite di tipo C contratta a seguito delle trasfusioni cui essa era stata sottoposta negli anni 1983/1984 e 1989, la Corte di appello di xxx, con sentenza depositata il 26 agosto 2009, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda.

II giudice del gravame, per quanto ancora qui rileva, riportandosi al principio elaborato dalla pronuncia di questa Corte 24 giugno 2008 n. 17158, ha ritenuto che l’epatite contratta dalla V., ancorché comportante una lesione dell’integrità psico-fisica, non era indennizzabile ai sensi della L. n. 210 del 1992, in quanto in fase di quiescenza e senza complicanze di tipo irreversibile.

La cassazione della sentenza è ora domandata dai soccombenti P. e B.F. Con ricorso basato su due motivi.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni introdotte dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 ed essendo stata ravvisata la possibilità di definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 con ordinanza in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis stesso codice, poi notificata ai difensori delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

I ricorrenti, con il primo motivo, denunciano violazione e falsa applicazione della L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, art. 2, comma 1 e art. 4, comma 4, e criticano la sentenza impugnata per avere ritenuto non indennizzabile, ai sensi della denunciata normativa l’epatite di tipo C conseguente a trasfusioni, anche senza danni funzionali e senza riduzione della capacità lavorativa, sostenendo che la Corte territoriale non ha considerato gli obbiettivi solidaristici che la stessa normativa si era prefissati, quali precisati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.

II ricorso è infondato.

Come rilevato nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. Civ., la questione posta dal motivo in esame deve essere decisa seguendo l’orientamento elaborato con la pronuncia n. 8064 del 1 aprile 2010 dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nel risolvere il contrasto di giurisprudenza pure richiamato dai ricorrenti, hanno affermato che “la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 3, letto unitamente al successivo art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali sempre che tali danni possano inquadrarsi, pur alla stregua di un mero canone di equivalenza, e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare, in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, rientrando nella discrezionalità del legislatore compatibile con il principio di assistenza sociale (art. 2 Cost.) e con il diritto a misure di assistenza sociale (art. 38 Cost.), la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da provvedimenti dell’autorità sanitaria”.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione e deducono l’erronea valutazione sia dei danni provocati dall’epatopatia alla V. sia dei dati riportati negli esami ematici, tra cui, in particolare, di quello concernente le transaminasi; si addebita alla sentenza impugnata di avere escluso l’esistenza di complicazioni irreversibili dell’epatopatia, malgrado i disturbi anche di carattere psichico lamentati dalla V..

La censura è infondata, risolvendosi nella contrapposizione di una diversa valutazione rispetto a quella compiuta dal giudice del merito, il quale ha prestato adesione alla consulenza di ufficio.

11 ricorso va dunque rigettato.

Non si deve provvedere sulle spese del presente giudizio, ai sensi dell’art. 152 disp. Att. Cod. proc. Civ., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, modifica qui non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2010

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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