Cass. pen., sez. V 31-03-2008 (07-03-2008), n. 13558 Falsa dichiarazione del privato – Falsa attestazione del p.u. – Mancanza dei controlli – Falso ideologico del pubblico ufficiale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
C.A. ricorre avverso la sentenza in data 7.6.07 con la quale la Corte di appello di Potenza ha confermato quella del Tribunale di Matera, del 9.2.06, di condanna del C., in concorso di attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, perchè ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 56, 48 e 479 c.p., commesso in (OMISSIS) il (OMISSIS) allorchè, recatosi il veterinario della ASL n. (OMISSIS) di Matera presso l’allevamento dell’imputato, destinatario del provvedimento di abbattimento di un bovino affetto da brucellosi, il C. aveva riferito al predetto pubblico ufficiale che il bovino infetto era deceduto dopo essere precipitato in un burrone, nel quale era impossibile calarsi per le condizioni del terreno.
Sulla base di tale accertamento il dirigente veterinario, Dott. N. V., in data 5.2.01, aveva quindi attestato che era stata data esecuzione al provvedimento di abbattimento dell’animale, essendo invece risultato, da ulteriori indagini, che il bovino precipitato nel burrone era diverso, per razza e segni distintivi, da quello affetto da brucellosi, di cui era stato ordinato l’abbattimento e del quale non vi era più traccia nell’allevamento.
Deduce il ricorrente, con il primo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione agli artt. 48 e 479 c.p., dal momento che, come risultava dal documento ispettivo redatto dal dott. N. il 5.2.01, il C. si era avveduto del bovino nel crepaccio molti giorni dopo lo smarrimento e l’attestazione di morte dell’animale, necessaria per dare atto della improcedibilità dell’abbattimento, non poteva fondarsi – così come ritenuto dai giudici della corte di merito – sulle dichiarazioni del C., ma invece sulla ispezione dei veterinari, non essendo configurabile il falso ideologico per induzione allorchè la falsità sia stata determinata, come nella specie, dalle dichiarazione del terzo di cui il pubblico ufficiale si sia avvalso incautamente in luogo di prendere diretta conoscenza dei fatti oggetto della attestazione, attività in concreto non impossibile attesa la mera difficoltà nella discesa nel crepaccio, circostanza che non costituiva un ostacolo insuperabile.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per non avere i giudici di merito ritenuto l’ipotesi del falso grossolano, dal momento che l’indicazione dell’animale, fornita dall’imputato, aveva la possibilità di un riscontro diretto e visivo da cui evincere l’evidente differenza del colore del manto (l’uno marrone, l’altro nero con macchie bianche), elemento che non sarebbe potuto sfuggire neanche al più disattento dei veterinari.
Il ricorso è infondato, nei termini che seguono.
In tema di falsità ideologica, per integrare il reato di cui all’art. 479 c.p., occorre che un enunciato sia idoneo ad assumere un significato descrittivo o constatativo difforme dalla realtà storica, per cui l’atto, nel suo contenuto ideale, risulti così non veritiero.
Orbene, nella specie, il veterinario recatosi presso l’allevamento del C. per procedere all’esecuzione coattiva dell’abbattimento dell’animale affetto da brucellosi, sulla base delle sole mendaci dichiarazioni rese dall’imputato che, indicando nell’animale precipitato in un dirupo quello affetto da brucellosi (in realtà non rinvenuto nell’allevamento), ha attestato falsamente la corrispondenza della carcassa dell’animale precipitato con quella del capo affetto da brucellosi, in tal modo attestando falsamente anche la morte del bovino infetto.
Non v’è dubbio, pertanto, che il consapevole comportamento tenuto dal ricorrente ha concorso, con efficacia causale, nel determinismo produttivo dell’evento – falso individuabile, nella specie, nell’enunciato constatativo del documento in relazione alla funzione pubblica di cui l’atto in esso rappresentato è espressione.
Non assume pertanto rilevanza, ai fini che qui interessano, l’aspetto della idoneità o meno delle affermazioni del C. ad indurre il veterinario a redigere un atto ideologicamente falso, in quanto tale atto non doveva essere redatto sulla base delle dichiarazioni dell’imputato circa fatti dei quali il pubblico ufficiale non poteva avere conoscenza, bensì sulla base di un’attività ispettiva da parte di quest’ultimo, il quale avrebbe dovuto e potuto prendere diretta conoscenza dei fatti oggetto dell’attestazione.
Nella specie, quindi, non si versa nell’ipotesi di reato di cui agli artt. 56, 48 e 479 c.p., quanto in quella di cui agli artt. 110 e 479 c.p., avendo l’imputato concorso, nei termini sopra evidenziati, nell’attività illecita posta in essere dal pubblico ufficiale.
Qualificato il fatto ascritto a C.A. – per le ragioni fin qui esposte che assorbono anche il secondo motivo di ricorso – come concorso in falso ideologico in atto pubblico, il ricorso deve essere pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte:
Qualificato il fatto come concorso in falso ideologico in atto pubblico (artt. 110 e 479 c.p.), rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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