Cass. pen., sez. VI 20-03-2008 (12-03-2008), n. 12517 Sequestro preventivo – Ricorso per cassazione – Difensore del terzo avente diritto alla restituzione – Procura speciale per la proposizione del ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Con un primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di sussistenza del "fumus commissi delicti" risultando, a giudizio del ricorrente, l’assoluto rispetto della normativa che regola la materia dei "project financing" nel rispetto delle norme interne e delle norme comunitarie in materia di pubblicità degli avvisi concernenti la progettazione e la realizzazione dei lavori pubblici, nonchè la violazione della L. n. 109 del 1994, art. 37 bis e D.P.R. n. 554 del 1999, art. 80.
Con un secondo motivo di impugnazione si lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza di motivazione sul vincolo di pertinenzialità, non essendo l’immobile nella disponibilità degli indagati e/o del ricorrente, e tenuto debito conto del fatto che la soc. Palacongressi S.r.l. – concessionaria dell’immobile sottoposto a sequestro preventivo – è totalmente estranea ai fatti oggetto della vicenda penale. Nè il legale rappresentante ma nemmeno alcuno dei soci e/o dipendenti è mai stato fatto oggetto di indagini all’interno del procedimento 664/06 RGNR che riguarda due indagati noti, l’ing. L.M. e l’arch.
D.C.A. (entrambi dipendenti dell’amministrazione comunale di (OMISSIS)), nonchè "persone da identificare dell’Amm. Comunale di (OMISSIS)".
Tanto premesso, va subito affrontata e risolta la perplessità iniziale, verbalmente manifestata dal Procuratore Generale, in ordine alla legittimazione del C. nella presente procedura ex art. 325 c.p.p., dubbio che esige una preliminare premessa in fatto.
Il Palacongressi a San Benedetto del Tronto, iniziato oltre una decina di anni fa, è rimasta un’opera incompleta, e per la sua ultimazione si è fatto ricorso alla procedura amministrativa che si definisce di "project financing". Nell’ambito di tale procedura, conclusasi con un contratto di concessione e l’affidamento dei lavori alla "Ditta "Filippo Calabresi & C. s. n. c." si colloca l’odierna vicenda i cui essenziali passaggi cronologici (di cui peraltro manca una qualsiasi traccia di riferimento nel provvedimento impugnato) sono descritti, ed in parte documentati, da pag. 5 a pag. 10 del ricorso.
Il Project financing o finanziamento di progetto integra un contratto della Pubblica Amministrazione, regolato dalla Legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 (e successive modifiche), la quale alla L. n. 109 del 1994, art. 37 bis definisce come promotori i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, specificati dal regolamento, nonchè gli altri soggetti di cui all’art. 10 e art. 17, comma 1, lettera f), eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi.
Detti promotori entro il 30 giugno di ogni anno possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, inseriti nella programmazione triennale di cui all’articolo 14, comma 2, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, tramite contratti di concessione, di cui all’articolo 19, comma 2, con risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori stessi. Le proposte devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito, una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione nonchè l’indicazione degli elementi di cui all’articolo 21, comma 2, lettera b), e delle garanzie offerte dal promotore all’amministrazione aggiudicatrice. Le proposte devono inoltre indicare l’importo delle spese sostenute per la loro predisposizione comprensivo anche dei diritti sulle opere d’ingegno di cui all’art. 2578 c.c.. Tale importo, soggetto all’accettazione da parte della amministrazione aggiudicatrice, non può superare il 2,5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile dal piano economico finanziario.
Il promotore che, a sensi del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 99, presenta proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità, tramite contratti di concessione a norma della L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 37 bis, è parte necessaria della procedura negoziata, con la conseguenza che la mancanza in capo allo stesso dei requisiti di partecipazione è ostativa all’approvazione del progetto (cfr. Tar del Lazio, sentenza n. 1 del 14 gennaio 2003).
Il Consiglio di Stato (Sez. 05 SENT. num. 06287 del 10/11/2005) inoltre ha chiarito:
a) che nel finanziamento di progetto, il procedimento contemplato dalle norme della L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 37 bis e art. 37 ter, per la proposizione e la valutazione della proposta o delle proposte – preordinato alla definizione, in concreto, dei contenuti dell’intervento programmato sulla base del progetto al quale è riconosciuto il requisito del pubblico interesse – non consente, per la parte in cui non è espressamente disciplinato dagli articoli citati, l’applicazione (in via di interpretazione analogica o estensiva) delle norme sull’evidenza pubblica, in quanto il tipo di valutazione che il committente è tenuto a compiere inerisce alla discrezionalità amministrativa (valutazione del pubblico interesse);
b) che appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (a norma del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, nel testo emendato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 204 del 2004) la cognizione delle controversie aventi ad oggetto l’individuazione e la scelta comparativa della proposta formulata dal promotore per l’attuazione di un programma di opere pubbliche, ai sensi e per gli effetti della Legge 11 febbraio 1994, n. 109, art. 37 bis, analogamente a quanto avviene per le controversie espressamente indicate al citato articolo, lett. d), trattandosi di procedimento prodromico alla scelta del contraente principale della procedura negoziata di cui al successivo art. 37 quater della medesima legge, soggetto a normativa pubblicistica, indipendentemente dalla natura privata del soggetto gestore del programma (nella specie una associazione di ASL interessate dall’intervento, espressamente costituita sulla base delle indicazioni regionali per la gestione unitaria di tutte le operazioni);
c) che il soggetto gestore, investito della gestione del programma in funzione degli interessi pubblici perseguiti, è investito, nel procedimento in questione, di pubbliche potestà.
Orbene non v’è dubbio che in detta cornice procedimentale, l’odierno ricorrente C., in quanto "promotore e destinatario del contratto di concessione di cui alla L. quadro, art. 19, comma 2, in materia di lavori pubblici", è persona titolare di un inequivoco diritto alla restituzione delle cose che sono state sequestrate.
Il problema successivo è, semmai, se il difensore di tale persona (non imputata nè indagata), per la proposizione del ricorso nella procedura di cui all’art. 325 c.p.p., debba essere munito di procura speciale.
Questa Corte invero, con recente pronuncia (Cass. Penale sez. 6, 27733/2007, Pres. Oliva, est. Conti, in ric. Puliga), che qui si condivide, ha stabilito che il terzo "interessato alla restituzione di cose sequestrate", al pari dei soggetti considerati espressamente dall’art. 100 c.p.p., è portatore di interessi civilistici, con la duplice conseguenza:
a) che, anch’esso, in conformità a quanto previsto per il processo civile (art. 83 c.p.c.), non può stare personalmente in giudizio, ma ha un onere di patrocinio, che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore;
b) che, per quanto qui interessa, ai fini della proposizione del ricorso per Cassazione previsto dall’art. 325 c.p.p., avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali di cui all’art. 322 bis c.p.p. e art. 324 c.p.p., il difensore della persona, diversa dall’imputato o dall’indagato, che avrebbe diritto alla restituzione, deve essere munito di procura speciale (cfr. anche: Cass. Penale sez.5, 13412/2004, Rv. 228019, Pres. Foscarini, est. Ferma; Cass. Pen. sez. 5,32800/2001, Rv. 219342; 711/1999 Rv. 21278).
Si è inoltre sul punto osservato che non è sostenibile, in mancanza di esplicite disposizioni relative alla figura di terzo indicata nell’art. 325 c.p.p., comma 1, che sì possa fare riferimento alla previsione di portata generale di cui all’art. 96 c.p.p., la quale dispone che, ai fini della validità della nomina del difensore, è sufficiente che questa sia fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente, ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata.
Trattasi infatti di disposizione approntata esclusivamente per il difensore dell’imputato, il quale, essendo assoggettato all’azione penale esercitata nei suoi confronti, sta in giudizio di persona (fatta eccezione per il giudizio di Cassazione), avendo solo necessità di munirsi di un difensore, che, oltre ad assisterlo, lo rappresenta ex lege (salvi i casi di atti personalissimi) in ogni attività processuale (art. 99 c.p.p.). Prova ne sia che anche la persona offesa può esercitare i suoi diritti e facoltà attraverso un difensore, nominato secondo le formalità dell’art. 96 c.p.p.: ma, appunto, ciò avviene attraverso un esplicito rinvio operato dall’art. 101 c.p.p., all’art. 96 c.p.p., che si giustifica, sul piano logico-sistematico, per il fatto che la persona offesa non è "parte" e, soprattutto, agisce a tutela di interessi penalistici, in quanto vittima del reato.
Per tali ragioni, tale questione, che sconta – come rilevato nella prima decisione richiamatala differenza concettuale tra legitimatio ad processum e jus postulanti, deve essere risolta nel senso che, pur in mancanza di una espressa previsione delle modalità attraverso le quali il terzo interessato assume la legitimatio ad processum, tutti i "soggetti eventuali del processo", diversi dalla persona offesa, i quali agiscano a tutela di interessi civilistici sottostanno alle regole generali previste dal codice di rito civile le quali richiedono, per la rappresentanza processuale, il conferimento di una procura speciale in favore di un abilitato alla professione forense, procura inoltre, che salvo diversa volontà espressa nell’atto, si presume conferita per un solo grado del procedimento.
Orbene, rilevato che nel caso in esame non v’è indicazione di codesto atto di procura, previsto dall’art. 100 c.p.p., comma 1, (nè esso risulta aliunde esistente), anche il gravame del difensore si palesa inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali è di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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