Cass. pen., sez. II 20-03-2008 (04-03-2008), n. 12452 Ricettazione – Concorso – Configurabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Imperia, con sentenza in data 17 ottobre 2005, dichiarava non doversi procedere nei confronti di A. A., in ordine al reato di cui all’art. 712 c.p., perchè estinto per oblazione, previa modifica della qualificazione giuridica del fatto, che era stato configurato nell’imputazione quale concorso dei delitti di cui agli artt. 648 e 474 c.p., per avere acquistato o comunque ricevuto e, poi, detenuto per la vendita, calze recanti marchi contraffatti. Il Tribunale riteneva che la merce, visibilmente contraffatta, non poteva trarre in inganno nessuno e, pertanto, l’imputato aveva confidato colposamente nella liceità dell’acquisto e non aveva avuto la volontà di ingannare la clientela.
Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Genova propone ricorso per cassazione, deducendo erronea, omessa e/o insufficiente motivazione ed applicazione di norme di legge, affermando che il reato di cui all’art. 474 c.p. tutela la pubblica fede e gli interessi dei titolari dei marchi e ne punisce la lesione o la messa in pericolo, che si verifica anche per una contraffazione non di alto livello; quanto alla ricettazione, nel caso di specie, ad avviso del p.g. ricorrente, sarebbe evidente l’elemento materiale del reato, in quanto la merce sequestrata, costituita da circa duemila prodotti, era provento della condotta delittuosa di falsificazione punita dall’art. 473 c.p.; inoltre, non potrebbe ravvisarsi nell’imputato, che non aveva fornito alcuna indicazione di lecita provenienza, una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della merce stessa, bensì una consapevole accettazione del rischio che essa fosse di provenienza illecita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso è fondato.
Questa Suprema Corte ha già più volte affermato – e questo collegio non ha motivo di discostarsi da tale principio – che integra il delitto di cui all’art. 474 c.p., la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; nè, a tal fine, ha rilievo la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che il citato articolo tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno; nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (da ultimo, Sez. 5^, 21 settembre 2006, n. 33543, Cagnetti, riv. 235225; Sez. 5^, 5 luglio 2006, n. 31451, Gningue, riv. 235214; Sez. 2^, 22 settembre 2005, n. 34652, Mbaye, riv. 232501). Per quanto concerne il concorso fra il reato di cui all’art. 474 c.p. e quello di cui all’art. 64 8 c.p., le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno chiarito che il delitto di ricettazione (art. 648 cod. pen.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore (Sez. Un. 9/5-7/6/2001, n. 2347, Ndiaye, riv. 218771).
In applicazione di tali principi la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Imperia per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Imperia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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