Cass. pen., sez. VI 19-03-2008 (03-03-2008), n. 12343 Inefficacia della misura – Esclusione – Fattispecie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il 17.8.2007 P.S. era arrestato in flagranza del reato di concorso in illecita detenzione a fini di vendita a terzi di sostanza stupefacente pari a 91 grammi di marijuana, suddivisa in complessive 47 preconfezionate dosi o porzioni. Il P. era alla guida di una autovettura Smart con altri tre giovani a bordo che, alla vista di un’autopattuglia dei Carabinieri, si allontanava a forte velocità. Nel corso del pronto inseguimento i militari rilevavano che il passeggero del veicolo, poi identificato per M.L., seduto accanto al conducente P., gettava dal finestrino un involucro di plastica, che – bloccata la vettura guidata da P. – recuperavano, constatandone il suddetto contenuto di sostanza stupefacente. Il P. era trovato anche in possesso della somma di 205,00 Euro formata da banconote di piccolo taglio e tale R.G. risultava detenere una dose di marijuana confezionata in modo uguale alle altre 47 dosi rinvenute nel sacchetto di plastica gettato dal M..
Il g.i.p. del Tribunale di Catania convalidava l’arresto del P. e del M., ai quali applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari. Il g.i.p. rimarcava l’inconferenza delle tesi difensive delineate dai due prevenuti (che, pur riconoscendo essere stato il sacchetto con la droga detenuto da uno dei passeggeri della Smart, ne respingevano la personale appartenenza), non senza rilevare l’attribuibilità dell’illecita detenzione dello stupefacente sia ai due arrestati che agli "altri occupanti dell’auto" nel contesto di "una gestione comune della sostanza da parte di tutti i componenti del gruppo" (cioè tutti e quattro i passeggeri della vettura controllata dai carabinieri).
2.- Adito dalla richiesta di riesame del P., il Tribunale di Catania con l’indicata ordinanza del 7.9.2007 ha confermato la misura cautelare domestica applicata all’indagato, ritenendo sussistere nei suoi confronti gravi e univoci indizi di colpevolezza nonchè esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie. Prima di affrontare il merito della regiudicanda cautelare il Tribunale del riesame ha respinto l’eccezione preliminare della difesa dell’indagato invocante la declaratoria di inefficacia della misura cautelare ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 10 per violazione del disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 5, non avendo il procedente pubblico ministero trasmesso al giudice del riesame – quale atto recante "elementi sopravvenuti" favorevoli all’indagato – il verbale di interrogatorio reso (quale coindagato del medesimo fatto reato ascritto al P. e al M.) da R.G., assuntosi l’esclusiva paternità della detenzione della marijuana in sequestro (che lui stesso avrebbe gettato dal finestrino della Smart), detenzione di cui sarebbero stati ignari gli altri tre giovani passeggeri dell’autovettura. Al riguardo il Tribunale etneo da un lato ha evidenziato il valore di "mera deduzione" dell’evenienza storica sopravvenuta (interrogatorio quale coindagato di R.G.) addotta dalla difesa del P. soltanto con i motivi di gravame depositati nella stessa udienza di riesame del 7.9.2007. Da un altro lato e in termini comunque assorbenti ha constatato che l’interrogatorio del R. è stato assunto (il 31.8.2007) dopo l’avvenuta tempestiva trasmissione degli atti di indagine (il 29.8.2007) da parte del pubblico ministero ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5. Di tal che, richiamando un orientamento espresso da questa Corte di legittimità, ha dedotto l’inapplicabilità nel caso di specie del disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 10.
3.- Il difensore di P.S. ha impugnato con ricorso per cassazione l’ordinanza del giudice del riesame di Catania, formulando un unico motivo di censura incentrato sulla violazione della legge processuale in riferimento al combinato disposto dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10, non avendo la pubblica accusa trasmesso al giudice del riesame il verbale di interrogatorio del coindagato in stato di libertà R.G., contenente elementi favorevoli alla posizione del P., essendosi costui addossato l’esclusiva detenzione dell’intero quantitativo di marijuana in sequestro da lui celato sulla Smart di sua proprietà, sulla quale viaggiavano gli altri tre giovani, asseritamente rimasti all’oscuro della detenzione della droga in parola, di cui egli stesso si sarebbe disfatto alla vista degli intervenienti carabinieri, gettando l’involucro da un finestrino. In primo luogo il ricorrente contesta l’argomento del Tribunale del riesame adducente una sostanziale omessa allegazione dell’impugnante P. ovvero l’intempestività della prospettazione della suddetta circostanza "favorevole" all’indagato in vinculis. La difesa, si osserva in ricorso, non sarebbe stata legittimata ad acquisire il verbale di interrogatorio del R. presso l’ufficio del pubblico ministero, cui soltanto incombeva l’obbligo (a ciò sollecitato dalla difesa, evidentemente venuta a conoscenza delle dichiarazioni del R.), potendo in ogni caso il Tribunale del riesame giovarsi della "indicazione della difesa", controllandone la storicità documentale.
In secondo luogo il ricorrente ritiene di non poter condividere il principio di diritto enunciato da questa Corte, al quale si è esplicitamente richiamato il Tribunale di Catania per rigettare l’eccezione preliminare di inefficacia della misura cautelare, atteso che la decisione di legittimità, la cui massima è ripresa dall’impugnata ordinanza del riesame, avvalorerebbe – si sostiene – la tesi della inefficacia della misura cautelare prospettata in via preliminare dalla difesa del P..
4.- Il ricorso di Salvatore P. è affetto da manifesta infondatezza, rivelandosi privi di ogni pregio gli argomenti enunciati a sostegno dell’impugnazione.
Giova premettere che in tema di procedimenti applicativi di misure cautelari non sussiste a carico del pubblico ministero alcun onere di trasferire, prima al g.i.p. destinatario della richiesta di applicazione di misura e poi al giudice del riesame, tutti gli atti di indagine compiuti, nella loro integralità, non potendosi dubitare della sua discrezionale facoltà di selezionare tale materiale, incombendogli l’obbligo di una trasmissione completa (discovery piena) degli atti unicamente per quelli che introducano elementi favorevoli all’imputato. Nel caso di specie il pubblico ministero ha tempestivamente inviato al Tribunale tutti gli atti di indagine assunti fino alla data del 29.8.2007 nel rispetto dei termini e delle indicazioni referenziali dettati dall’art. 309 c.p.p., comma 5.
L’interrogatorio del R. è stato assunto in un momento successivo.
Ciò implica, che permanendo l’obbligo di trasmissione al Tribunale del riesame anche di tale verbale siccome recante elementi astrattamente idonei ad elidere o sminuire i darti indiziari avvolgenti la posizione del P., l’omessa trasmissione di tale verbale (come di ogni atto successivo, se favorevole all’indagato, acquisito entro il termine per la prefissata decisione dell’organo del riesame) non può determinare la sopravvenuta perenzione dell’applicata misura cautelare, qualora il p.m. abbia precedentemente adempiuto – come nella specie – all’obbligo di porre a disposizione del giudice del riesame tutti gli elementi conoscitivi in suo possesso al momento del loro tempestivo inoltro ex art. 309 c.p.p., comma 5. Correttamente, quindi, l’impugnata ordinanza del Tribunale di Catania ha dedotto la concreta inapplicabilità dell’effetto sanzionatorio stabilito dall’art. 309 c.p.p., comma 10 (perenzione della misura cautelare) sulla base dell’indirizzo espresso da questa Corte regolatrice (Cass. Sez. 4, 31.10.2002 n. 3013, Pane, rv. 223324), indirizzo condivisibile e da cui questo collegio decidente non ritiene di poter decampare.
E’ per altro il caso di aggiungere che le dichiarazioni rese (come nel caso di specie) da un coindagato che si attribuisca l’intera responsabilità del fatto-reato, scagionando i coindagati, costituisce sì un dato potenzialmente favorevole al coindagato, ma non può vanificare il discrezionale vaglio selettivo del pubblico ministero nell’apprezzarne l’intrinseca "oggettività" favorevole, che sola può dare luogo ad una violazione dell’obbligo di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5, improduttiva dell’inefficacia della misura cautelare per avere lo stesso p.m. già adempiuto in termini agli incombenti informativi previsti dalla procedura di riesame cautelare. La valutazione della natura favorevole o non all’indagato dell’atto di indagine (o del relativo documento) deve, in altri termini, essere svolta in concreto con riferimento alle complessive emergenze della vicenda processuale (cfr.: Cass. Sez. 6, 28.3.2003 n. 20527, Randazzo, rv. 225451; Cass. Sez. 4, 21.6.2004 n. 41170, De Giovanni, m. 229913).
Sotto questo profilo, ferma – per tanto – la piena legittimità della decisione del Tribunale di Catania nel respingere l’eccezione difensiva ex art. 309 c.p.p., comma 10, è il caso di osservare – per un verso – che nella vicenda cautelare che concerne l’odierno ricorrente il difensore istante si è limitato a focalizzare la postuma (sopravvenuta a due settimane di distanza dall’arresto del P. e del M.) dichiarazione confessoria di R. G., genericamente ritenendo che dalla stessa debba o possa desumersi l’estraneità al reato del ricorrente. Assunto, di per sè solo, colorato di apoditticità. Per altro verso il Tribunale di Catania, pur non disponendo formalmente del verbale di interrogatorio del R., ne ha comunque utilmente apprezzato il peso rappresentativo nel contesto dell’accertato episodio criminoso.
Sicchè palesemente incongruo è il surrettizio o succedaneo rilievo critico del ricorrente, secondo cui il giudice del riesame – con l’omesso vaglio dell’interrogatorio del R. – si sarebbe precluso la possibilità di "valutare compiutamente la dinamica dei fatti" con coeva lesione del diritto di difesa del P..
Per quel che si evince dal testo dell’ordinanza impugnata è vero esattamente il contrario. Il Tribunale del riesame di Catania ha comunque esteso l’area del suo giudizio all’apprezzamento dell’indicazione difensiva inerente la confessione ad excludendum resa dal R., per rifiutarne – proprio in relazione allo sviluppo dei fatti (la reale "dinamica" delle condotta criminosa) riguardanti il P. – ogni decisiva influenza dirimente, evidenziando gli indizi di corresponsabilità del medesimo (del resto, per quanto detto, lo stesso g.i.p. imponente la misura rimarcava la comune concorrente responsabilità di tutti i componenti il gruppo di quattro giovani presenti nel veicolo controllato dai carabinieri).
Osserva, infatti, il Tribunale del riesame che il P. è il conducente della vettura che accelera alla presenza dei carabinieri per sottrarsi al controllo, ciò che – in uno alla custodia delle preconfezionate molteplici dosi di marijuana in un unico involucro di plastica (non occultato addosso ad uno o più dei quattro passeggeri) – impedisce di supporre che davvero il P. possa essere stato ignaro della presenza del cospicuo quantitativo di stupefacente gettato dall’auto.
La manifesta infondatezza del ricorso ne determina la declaratoria di inammissibilità, cui per legge consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo determinare in misura di Euro 1.000,00 (mille).
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *