Cass. pen., sez. II 31-03-2008 (13-03-2008), n. 13492 Reati puniti con l’ergastolo – Applicabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza in data 17 settembre 2007, il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame, confermava il provvedimento del GIP in sede, con il quale era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di A.A. perchè gravemente indiziato di concorso nell’omicidio di F.P. (artt. 110, 575, 577 c.p., n. 3 e L. n. 203 del 1991, art. 7); nei tentato omicidio in danno del Carabiniere intervenuto (artt. 56, 110, 575, 61 c.p., n. 2 e L. n. 203 del 1991, art. 7); porto e detenzione illegale di arma da fuoco (artt. 110, 61 c.p., n. 2, L. n. 487 del 1974 e L. n. 203 del 1991, art. 7); L. n. 1423 del 1956, art. 9, fatti commessi in Sant’Antimo il 31.0.2007.
Il Tribunale, premesso che la questione giuridica della compatibilità dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 con delitto punito ex se con la pena dell’ergastolo non poteva essere oggetto di delibazione in sede di riesame stante il contrasto giurisprudenziale sul punto e stante la possibilità di una duplicità di contestazione da parte della pubblica accusa, nel merito escludeva che la condotta dell’indagato, in quanto conducente del ciclomotore a bordo del quale – V. era giunto sul luogo dell’"esecuzione" del F., potesse essere inconsapevole, tenuto conto: delle modalità di guida e di sosta temporanea del mezzo; del fatto che V.A. era sceso dal mezzo impugnando una pistola e che A. era rimasto ad attenderlo fin dopo l’esplosione di numerosi colpi; del fatto che entrambi erano a volto scoperto, circostanza funzionale a non destare allarme nel F. che lo conosceva e che era in buoni rapporti con lui, mentre per contro la targa del mezzo era imbrattata di fango; della inverosimiglianza delle spiegazioni fornite dal V. sulla occasionalità del passaggio e sulla subitaneità della decisione di uccidere F.;
della falsità della prima di tali giustificazione alla luce dell’accertamento della proprietà del ciclomotore intestato a V. L., sorella di V.A..
La sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, pur nell’incertezza della causale dell’omicidio, era provata perchè il delitto era comunque da ricondurre nell’ambito di dinamiche criminali legate alle condotte di associazioni di stampo camorristico, vero essendo che sia A. che V. sono pregiudicati per gravi reati e che V. è stato già condannato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., è sottoposto a misura di prevenzione ed è collegato parentalmente all’omonimo gruppo criminale operante sul territorio, mentre A. ha riportato condanna, ancora non definitiva, per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p..
Sussiste gravità indiziaria anche per il tentato omicidio di cui al capo B, tenuto conto dello sviluppo degli eventi.
Le esigenze cautelari sono sussistenti anche in ragione dei precedenti penali e delle esigenze di tutela confermate anche dal tentativo di fuga posto in essere nell’immediatezza.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – mancanza illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alla configurabilità dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, per non avere il Tribunale dato risposta alla specifica questione della compatibilità di tale aggravante con delitto punibile in astratto con l’ergastolo e comunque per non aver dato conto delle ragioni per le quali si e ritenuta sussistente l’aggravante contestata sotto il profilo di aver agito al fine di agevolare l’associazione camorristica; – mancanza, l’illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al capo B (tentato omicidio in danno dei Carabinieri) por avere da un lato ignorato il contenuto della nota del 1.9.2007 dei Carabinieri in cui si dubita della volontarietà dell’esplosione del colpo e dall’altro per avere adottato motivazione che giustifica il convincimento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nel presupposto che manchi la prova circa l’assoluta assenza di animus nocandi; – carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in ordine al reato di cui al capo A e alla sussistenza dell’aggravante della premeditazione, in quanto il concorso dell’ A. e ritenuto sul presupposto che l’azione del V. fosse premeditata, premeditazione ritenuta sul solo presupposto che V. aveva con sè una pistola e dopo avere, in modo incoerente e in contrasto con le emergenze processuali, respinto lo argomentazioni difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Quanto al primo profilo attinente, la configurabilità dell’aggravante nel caso in esame per essere stata contestata anche l’aggravante della premeditazione si osserva che il Tribunale, nonostante abbia espresso perplessità dopo aver dato conto del contrasto giurisprudenziale sul punto, ha sostanzialmente ritenuto compatibile la contestazione ed ha rimesse alla fase del giudizio la scelta, con ciò aderendo al filone interpretativo, che il Collegio condivide, secondo il quale "la formulazione dell’art. 7 D.L. cit., nel prevedere che la pena sia aumentata da un terzo alla metà per i delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo, non intende escludere l’applicabilità di essa ai reati puniti con l’ergastolo, ma semplicemente quantificare l’aumento di pena applicabile in presenza della detta aggravante, sicchè essa può essere contestata anche nei casi di omicidio premeditato, anche se la contestazione svolgerà i suoi effetti solo nel caso di esclusione della premeditazione, conseguendo invece da tale circostanza aggravante l’ergastolo" (Cass. Sez. 1, 17.1-14.2.2006 n. 5651; Cass. Sez. 1, 10.1-24.5.2002 n. 20499).
1.2. Quanto al secondo profilo, perchè le modalità del fatto sono state prese in considerazione al fine di completare l’argomentazione svolta dal Tribunale per giustificare il convincimento della finalità agevolativa dell’associazione criminale, indirettamente individuata nei clan omonimo al coindagato V., laddove si da atto che questi è già stato "condannato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., sottoposto a misura di prevenzione e collegato parentalmente al gruppo criminale omonimo operante nella zona". 2. Il secondo motivo di ricorso e manifestamente infondato, perchè la motivazione adottata con la frase, oggetto di critica da parte del ricorrente, intende dare risposta proprio ai rilievi difensivi scaturiti dalle osservazioni formulate dai Carabinieri; la volontà di uccidere è infatti individuata nella "istintiva reazione intesa anche a garantirsi una possibilità di fuga". A nulla rileva il richiamo della nota dei Carabinieri dell’1.9.2007, perchè citata al fine non di denunciare travisamento della prova ma di sollecitare l’adesione a considerazione di tipo valutativo, come tale non vincolante per il giudice. Il convincimento della sussistenza di elementi dotati della necessaria gravita indiziaria è espresso è espresso con motivazione che non si presta alle critiche di perplessità, perchè nonostante un metodo espolitivo non perfettamente lineare, si conclude per il convincimento, desunto da quanto riferito dal C.re Guerra, che il colpo venne esploso dopo che l’arma era stata puntata contro quest’ultimo, come conseguenza di un’"istintiva reazione intesa anche a garantirsi una possibilità di fuga". 3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè al fine di criticare la congruità della motivazione in relazione alla ritenuta premeditazione dell’omicidio di F. (premeditazione dalla quale logicamente si fa discendere la consapevole partecipazione del ricorrente), isola del complesso contesto motivazionale solo alcuni passaggi, quasi che l’intendimento omicida premeditato fosse giustificato soltanto dalla circostanza che V. aveva con sè una pistola laddove invece il Tribunale ha attentamente vagliato non solo le modalità del fatto, (valorizzando proprio la circostanza che il ricorrente, una volta che V. era sceso dal ciclomotore, anzichè fermarsi e spengere il moto proseguì posizionandosi in maniera favorevole per la fuga), ma anche la circostanza che gli indagati agirono a volto scoperto per non insospettire la vittima ma con la targa infangata, nonchè la falsità delle giustificazioni addotte sulla pretesa occasionalità del passaggio.
Quanto al preteso contrasto della parte della motivazione, che sembra ricondurre alle dichiarazioni del V. la repentinità della discesa dal ciclomotore, con il contenuto dell’informativa dei Carabinieri, se ne deve constatare l’irrilevanza. Ed invero tale modalità del fatto (sia essa frutto di dichiarazioni difensive o di riferimenti dei carabinieri presenti) è stata presa in considerazione e valutata con motivazione che il ricorrente non critica e che comunque in quanto non manifesta illogica non può essere oggetto di censura in questa sede.
Quanto alla ritenuta mancanza di motivazione in ordine all’aggravante – della premeditazione in capo al ricorrente si osserva che essa è giustificata ampiamente attraverso la ricostruzione dei fatti. Il ricorso deve essere rigettato e il conseguenza condannato al pagamento dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario dove i ricorrenti sono ristretti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94 c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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