Cass. pen., sez. VI 31-03-2008 (28-03-2008), n. 13463 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Decisione – Informazioni integrative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
1 – Con sentenza in data 20.2.2008 la Corte di Appello di Brescia ha disposto la consegna di L.A. alle Autorità Governative della Repubblica della Lituania (subordinata alla condizione che la eventuale pena o misura di sicurezza inflitta al predetto fosse eseguita in Italia), in quanto nei suoi confronti era stato emesso, in data 15.11.2007, dalla Autorità Giudiziaria della Repubblica di Lituania mandato di arresto europeo per il delitto di rapina con uso di coltello, commesso, in concorso con altri, in data (OMISSIS), reato previsto dall’art. 180 c.p., comma 2, di quello Stato.
2 – Avverso la suindicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione L.A., tramite il suo difensore, chiedendone l’annullamento.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la "inesistenza e nullità assoluta del mandato di arresto europeo" per difetto di sottoscrizione della autorità emanante.
Con il secondo motivo si lamenta la "inosservanza del termine prescritto dalla legge per la pronuncia dell’ordine di consegna", in quanto la sentenza della Corte di Appello, resa in data 20.2.2008, sarebbe intervenuta "ben oltre il limite di 60 giorni previsto dalla legge per l’ordine di consegna" (L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2). Sarebbe stato, altresì, violato l’art. 9 della medesima legge, in quanto "il titolo della carcerazione preventiva" non sarebbe stato depositato "in modo tempestivo presso la autorità giudiziaria ad quem", essendo stata inizialmente depositata unicamente "una redazione intitolata mandato di arresto europeo". Inoltre sarebbe stato violato l’art. 16, comma 1, della Legge suindicata per la successiva acquisizione fuori termine di tale titolo.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la "manifesta perplessità del capo di imputazione riferito nell’ordinanza genetica", con la conseguente omessa descrizione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto il Giudice a quo si sarebbe espresso unicamente in termini di "sospetti" a carico del L. e non avrebbe, invece, indicato i necessari "gravi indizi" a suo carico.
Con l’ultimo ordine di censure si eccepisce la "mancata previsione nell’ordinamento lituano di termini massimi di carcerazione preventiva per la fase successiva alla pronunzia della sentenza di primo grado".
3 – Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha già chiarito che in tema di mandato di arresto europeo, l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto – reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (Sez. Un., n. 4614 del 30.1.2007, rv. 235348, Ramoci). Nel caso di specie, la Corte di Appello ha compiuto esaurientemente tale limitato controllo, puntualizzando che il mandato europeo in esame per il suo contenuto intrinseco e per gli elementi raccolti in sede investigativa risultava fondato su un compendio indiziario che l’Autorità Giudiziaria emittente aveva correttamente ritenuto seriamente evocativo dei fatti di reato ascritti all’estradando. In effetti il provvedimento restrittivo contiene una descrizione analitica dei fatti e appare sufficientemente completo anche nella parte relativa alle fonti di prova, tenuto conto altresì che nell’acquisito decreto di applicazione dell’arresto nei confronti del L., emesso in data 28.9.2007 dalla Autorità Giudiziaria della città di (OMISSIS), sono specificamente indicati come elementi a carico del prevenuto per il contestato reato di rapina le testimonianze della vittima e di tale K., oltre che le dichiarazioni dei complici. Come correttamente osservato nel provvedimento impugnato, queste indicazioni hanno evidentemente sostanziale valenza di gravi indizi e a nulla rileva che nell’atto in questione siano qualificati come "sospetti".
In base alle considerazioni sopra svolte le censure proposte con il terzo motivo di ricorso sono prive di fondamento.
4 .-. Del tutto infondato è anche il motivo con cui si deduce la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 1, comma 3, in relazione alla mancata sottoscrizione del mandato di arresto europeo da parte di un Giudice. La richiamata disposizione nel richiedere la sottoscrizione di un giudice non si riferisce al mandato di arresto europeo, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, ma al provvedimento cautelare in base al quale il mandato stesso è stato emesso: nella specie, è in atti, come si è visto, il mandato d’arresto emesso dal Tribunale distrettuale della città di (OMISSIS) in data 28.9.2007, regolarmente sottoscritto dal giudice.
La garanzia individuata dall’art. 1, comma 3, cit., non riguarda l’atto con cui si richiede allo Stato membro la consegna, ma si rivolge direttamente al provvedimento con cui si limita la libertà di una persona; si tratta, cioè, di una garanzia sostanziale che ha ad oggetto il presupposto stesso del mandato di arresto europeo, che deve avere natura giurisdizionale. In questa procedura la vera garanzia della libertà della persona non sta nel fatto che sia un’autorità giurisdizionale ad emettere il mandato di arresto europeo, ma che il mandato trovi il suo fondamento in un provvedimento di un giudice (Sez. 6^, Sentenza n. 8449 del 14/02/2007, Rv. 235560, Piaggio).
5 .-. Allo stesso modo devono ritenersi prive di fondamento le censure relative alla asserita "inosservanza del termine prescritto dalla legge per la pronuncia dell’ordine di consegna" (con violazione della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2) e alla dedotta inosservanza dell’art. 9, della medesima legge (per l’omesso deposito "in modo tempestivo" del "titolo della carcerazione preventiva"), nonchè dell’art. 16, comma 1, della medesima Legge (per la successiva acquisizione fuori termine di tale titolo).
In ordine alla prima doglianza, basta rilevare che questa Corte ha già chiarito che in tema di mandato di arresto europeo, il termine di sessanta giorni entro il quale, a norma della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 2, deve essere emessa la decisione sulla consegna, ha natura perentoria solo ai fini della durata delle misure restrittive della libertà personale; ne consegue, pertanto, che la sua inosservanza non determina la perenzione della domanda di consegna (Sez. 6^, Sentenza n. 2450 del 15/01/2008, Rv. 238133, Verduci).
Quanto alla seconda censura, va ribadito che, come puntualizzato dalla Corte di Appello, il mandato di arresto europeo, inserito nel SIS e allegato a verbale di arresto eseguito dai Carabinieri, conteneva già tutti i requisiti richiesti dalla L. n. 69 del 2005.
Nè rileva che la successiva acquisizione a mezzo del Ministero della copia del provvedimento restrittivo della libertà personale del destinatario, contenente la indicazione dei mezzi di prova (f. 112), sia avvenuta oltre i termini fissati dall’art. 16, comma 1, della Legge, in quanto, come questa Corte ha già spiegato, in tema di mandato di arresto europeo, il termine di trenta giorni, entro il quale deve essere prodotta la documentazione integrativa di cui al citato art. 16, comma 1, (che decorre dal momento in cui la richiesta perviene all’autorità estera) ha natura ordinatoria, non influente pertanto sulla consegna della persona oggetto della richiesta (Sez. F, Sentenza n. 33633 del 28/08/2007, Rv. 237054, Bilan).
6 .-. Alle stesse conclusioni deve pervenirsi in riferimento all’ultimo motivo di ricorso ("mancata previsione nell’ordinamento lituano di termini massimi di carcerazione preventiva per la fase successiva alla pronunzia della sentenza di primo grado").
Come correttamente puntualizzato dalla Corte di Appello, dalla stessa nota riportata nella memoria depositata a cura del difensore emerge che la legislazione della Repubblica della Lituania fissa un termine massimo di durata della custodia cautelare fino alla sentenza di primo grado, il che impedisce di ritenere integrata la previsione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. e), poichè la utilizzazione delle parole usate nell’art. 13 Cost., comma 5, consente, in assenza di ogni richiamo alla forza cogente dell’art. 27 Cost., di ritenere compatibile con esse un sistema di controlli limitati alla fase che precede la pronunzia di merito sulla fondatezza dell’accusa. Si tratta del resto di conclusioni perfettamente in linea con l’orientamento espresso sul punto dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno chiarito che in materia di mandato di arresto europeo, con riguardo alla previsione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. e), (che stabilisce il rifiuto della consegna "se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva"), l’autorità giudiziaria italiana deve verificare se nella legislazione dello Stato membro di emissione sia espressamente fissato un termine di durata della misura cautelare fino alla sentenza di condanna di primo grado, o, in mancanza, se un limite temporale implicito sia in ogni caso desumibile da altri meccanismi processuali che instaurino, obbligatoriamente e con cadenze predeterminate, un controllo giurisdizionale funzionale alla legittima prosecuzione della custodia o, in alternativa, alla estinzione della stessa (Sez. U, Sentenza n. 4614 del 30/01/2007, Rv.
235351, Ramoci).
7.-. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Riserva il deposito della motivazione. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5

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