Cass. pen., sez. VI 28-03-2008 (27-03-2008), n. 13218 Mandato di arresto europeo – Procedura passiva di consegna – Correzione di errori materiali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Il 4 dicembre 2007 l’odierno ricorrente G.M., nato a (OMISSIS) è stato tratto in arresto presso la sua abitazione, sita in (OMISSIS), perchè reputato l’effettivo destinatario del mandato d’arresto europeo che, secondo la segnalazione fattane il 14 maggio 2007 nel Sistema di informazione Schengen (S.I.S.), era stato spiccato lo stesso giorno dall’Autorità Giudiziaria spagnola a carico di certo G.M., nato a (OMISSIS), ai fini dell’esercizio nei suoi confronti dell’azione penale in ordine ai reati di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine, sequestro di persona e presa di ostaggi, fatti commessi in (OMISSIS).
Ricevuto il verbale di arresto, il Presidente della Corte, il 5 dicembre 2007, ha ritualmente sentito l’arrestato, il quale ha contestato di identificarsi nella persona ricercata, negando il proprio consenso alla richiesta consegna. L’arresto è stato convalidato ed è stata disposta nei confronti del ricorrente la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.
L’11 dicembre 2007 il Ministro della Giustizia ha trasmesso, via fax, nella sua traduzione in lingua italiana, il mandato d’arresto europeo (emesso contro G.M., nato a (OMISSIS) e con residenza ignota), tuttavia, non essendo stati allegati nè il provvedimento che vi aveva dato luogo, nè i documenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 6, comma 4, il Presidente ne ha sollecitato l’acquisizione allo stesso Ministro, informandolo che per la decisione era stata fissata l’udienza in camera di consiglio del 22 gennaio 2008.
A seguito di ciò, l’Autorità Giudiziaria spagnola ha trasmesso quanto richiesto, unitamente ad altra traduzione in italiano del mandato d’arresto europeo e ad un certificato rilasciato il 5 luglio 2007 dal segretario della Corte d’Appello n. 1 di Torrevieja (Spagna).
All’udienza del 22 gennaio 2008, per avvenuta adesione dei difensori all’astensione proclamata dalla locale Camera Penale, il processo è stato rinviato all’udienza del 19 febbraio 2008, che si è conclusa con le seguenti statuizioni:
– di consegna di G.M. allo Stato richiedente (Spagna) ai fini dell’esercizio nei suoi confronti dell’azione penale, relativa ai reati commessi in (OMISSIS), consegna peraltro subordinata alla condizione che il G., dopo essere stato ascoltato, sia rinviato in Italia per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale, eventualmente comminategli per quei reati dall’Autorità Giudiziaria estera;
– di rigetto della richiesta di consegna dello stesso G., ai fini dell’esercizio nei suoi confronti dell’azione penale relativa a ogni altro reato di cui al predetto mandato d’arresto europeo.
Quanto alla identificazione del G. come la persona cui sono state attribuite le due rapine, la Corte distrettuale ha testualmente argomentato, sostenendo:
a) che in entrambe le traduzioni in italiano del mandato d’arresto europeo, trasmesse (dal Ministro della Giustizia e direttamente dall’A.G. spagnola che lo emise) consta che esso fu spiccato nei confronti di G.M., nato a (OMISSIS) e con residenza ignota:
b) che la diversa indicazione, fattane nella segnalazione nel S.I.S. G.M., nato a (OMISSIS)), fu dovuta, come emerge dalla certificazione e dalla documentazione inviata direttamente dall’A.G. emittente, a un mero errore materiale;
c) che si è accertato che nessuno, con le generalità di G. M., risulta essere nato a (OMISSIS) oppure ancora a (OMISSIS), nè a (OMISSIS), e che risulta del pari che l’arrestato risiede a (OMISSIS);
d) che l’indicazione nel mandato di arresto europeo, quale luogo di nascita della persona cui esso si riferisce, di "(OMISSIS)" anzichè di "(OMISSIS)" è perciò da ricondursi ad altro errore materiale, con la conseguente certezza che il destinatario di quel provvedimento è l’arrestato.
Per ciò che concerne l’accusa, la Corte di Napoli, dopo aver premesso che tutti i fatti contestati all’estradando sono comunque previsti come reati anche dalla legge italiana, ha osservato:
che sussistono gravi indizi di colpevolezza dell’estradando in quanto, durante l’esecuzione dei delitti commessi il (OMISSIS) della stessa azienda di credito, erano in funzione le telecamere e i fotogrammi delle riprese le quali consentirono di dar corso a ricognizioni che condussero all’individuazione nel G. di uno degli autori materiali di quei delitti;
che invece non sono stati precisati gli elementi di prova dai quali si è desunta l’esistenza dell’organizzazione criminosa dedita alla commissione di reati contro il patrimonio, cui apparterrebbe il G. e la partecipazione dell’estradando alla medesima illecita associazione.
Da ciò la limitazione del provvedimento di consegna ai soli reati perpetrati il 22 ed il 26 febbraio 2007, con esclusione del reato associativo.
Ricorre avverso detta decisione il G. deducendo, con un primo motivo, la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 1, lett. a) e b), in quanto difetterebbe in atti la prova che la persona, oggetto della richiesta di mandato di arresto europeo, corrisponda all’odierno ricorrente, il quale non risulta nato in (OMISSIS) e neppure nell’anno (OMISSIS), ed inoltre non è per nulla noto con lo pseudonimo di " I.S. od Im.".
Nè in proposito potrebbero valere ad identificarlo: nè il provvedimento di correzione (trasmesso per telefax dall’autorità giudiziaria spagnola il 15 gennaio 2008), pervenuto poco prima dell’udienza camerale; nè le ricerche anagrafiche effettuate presso i Comuni di (OMISSIS), trattandosi – in entrambi i casi -di accertamenti che denotano la genericità inammissibile della richiesta originaria, la quale doveva essere dotata, nel suo arrivo in Italia, delle essenziali indicazioni di cui al citato art. 6.
Tale primo motivo nei suoi due profili è infondato.
Invero la sussistenza dell’errore materiale è stata ragionevolmente chiarita dalla Corte distrettuale che è giunta all’affermazione della certa individuazione del G., a seguito dell’esclusione, fattuale e logica delle altre residuali ipotesi, posto che si è accertato che nessuno, con le generalità di " G.M.", risulta essere nato a (OMISSIS) oppure ancora a (OMISSIS), nè a (OMISSIS): da ciò consegue che " G.M., nato a (OMISSIS) e con residenza ignota" corrisponde e si identifica soltanto con G.M. nato a (OMISSIS) e residente in (OMISSIS), odierno ricorrente.
Irrilevante infine, in tale quadro di univoca certezza, appare la circostanza del non essere noto il G. con lo pseudonimo di " I.S. od Im.", non potendosi escludere che con tale soprannome egli fosse invece noto nell’ambiente e con le persone con cui operava all’estero.
Quanto all’obiezione della giuridica impossibilità che il mandato di arresto europeo possa essere "precisato" oppure "integrato o modificato" dall’autorità emittente, non v’ha dubbio che rientri nel potere dell’autorità straniera di modificare errori materiali o supplire ad omissioni nel provvedimento della medesima tipologia di quelle imprecisioni che nel nostro sistema consentono la procedura ex art. 130 c.p.p., non integrando esse una modificazione essenziale dell’atto, purchè ciò avvenga, come nella specie, prima dell’udienza camerale.
Infine, per ciò che attiene invece all’identica facoltà della Corte di appello, prima della decisione sulla richiesta, la doglianza del ricorrente appare palesemente infondata avuto riguardo al tenore dell’art. 16, commi 1 e 2 mandato di arresto europeo, i quali garantiscono proprio l’assoluta possibilità di ogni e qualsiasi accertamento (anche d’ufficio) che si ritenga necessario ai fini della decisione: nella specie, le ricerche anagrafiche hanno appunto consentito alla Corte di confermare l’originario errore materiale nei termini che erano stati proposti e rilevati dall’autorità straniera.
Con un secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. p), tenuto conto che il mandato di arresto europeo riguardava anche l’associazione finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio (per la quale la Corte ha rifiutato la consegna) la cui sussistenza era da ricollegarsi a condotte in parte verificatesi in territorio italiano, essendo l’organizzazione intervenuta tra persone tutte od in parte di nazionalità italiana.
Anche questa doglianza va rigettata.
Il motivo, infatti, non solo concerne un punto della statuizione che è stato escluso dal tenore del provvedimento impugnato (il provvedimento di consegna è limitato ai soli reati perpetrati il 22 ed il 26 febbraio 2007, con esclusione del reato associativo), ma si fonda su di una interpretazione del tutto congetturale (accordo sul sodalizio criminoso finalizzato a compiere rapine all’estero, parzialmente ideato e formalizzato in Italia tra italiani) priva di minimali supporti in fatto.
Con un terzo motivo di impugnazione si prospetta violazione dei disposti di cui all’art. 4, lett. a) e b) mandato di arresto europeo, nonchè vizio di motivazione per estrema genericità nell’indicazione delle fonti di prova e derivata illegittimità della consegna.
Secondo la ricorrente difesa infatti, la Corte campana non ha fornito gli elementi di prova da cui evincere la sussistenza della gravità del quadro indiziario, nonostante la riferita presenza di fotogrammi che, tra l’altro, se trasmessi, avrebbero consentito di "fugare i dubbi circa l’identificazione del prevenuto".
Sul punto, invece ed al contrario, va ribadito che la valutazione del requisito dei gravi indizi di colpevolezza (art. 17, comma 4) implica che l’Autorità giudiziaria italiana verifichi soltanto che il mandato sia fondato su un compendio indiziario ritenuto dall’Autorità giudiziaria emittente seriamente evocativo di un fatto reato (cfr. Cass. Penale sez. 6, 25421/07, Rv. 237270, Iannuzzi;
Cass. sez. 6^, 28/4/2006 n. 14993).
Nella specie risulta che il mandato dell’Autorità giudiziaria straniera è stato emesso sulla scorta di un corredo di elementi più che adeguati per indurre il quadro indiziario ragionevolmente conclusivo in punto di responsabilità del G..
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Riserva il deposito della decisione. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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