Cass. pen., sez. I 13-02-2008 (05-02-2008), n. 6841 Misure patrimoniali previste dalla legislazione antimafia – Estensione alle persone socialmente pericolose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
– che il Tribunale di Torino, con decreto del 16/1/2003, pur applicando a C.P. la misura di prevenzione personale, rigettava la richiesta di confisca dei beni mobili e immobili in sequestro, ritenendone l’inapplicabilità ai soggetti che vivono abitualmente dei proventi di delitti (nella specie, rapine) diversi da quelli elencati nella L. n. 55 del 1990, art. 14;
che di tale decreto cessavano peraltro gli effetti quanto alla misura personale, mentre esso non veniva impugnato dal pubblico ministero con riguardo al diniego della misura patrimoniale;
– che con successivo decreto del 26/6/2006 il medesimo Tribunale provvedeva, per contro, all’applicazione sia della misura di prevenzione personale sia di quella , patrimoniale della confisca di numerosi beni mobili e immobili nella disponibilità del C.;
– che la Corte d’appello di Torino con decreto del 31/1/2007, in parziale riforma di quello di primo grado, riduceva ad anni tre senza obbligo di soggiorno la durata della misura di prevenzione della sorveglianza speciale applicata al C. (più volte condannato, oltre che per omicidio preterintenzionale, per numerosi delitti di rapina e connessi reati in materia di armi, e perciò definito persona pericolosa, siccome dedita a traffici delittuosi che vive abitualmente con i proventi di tali attività) e confermava la misura patrimoniale della confisca limitatamente ad alcuni beni mobili e immobili, ritenuti nella effettiva disponibilità del C. anche se, taluni, intestati ai congiunti S.M. e C.L., aventi valore sproporzionato rispetto ai redditi e alle attività lavorative esercitate, beni, questi, non investiti dal precedente decreto reiettivo del Tribunale, disponendo invece la restituzione agli aventi diritto (fra i quali la convivente B.A.M.) degli altri beni sequestrati, attesa la preclusione derivante, ai fini della confisca, dalla definitività del citato provvedimento negativo;
– che la Corte distrettuale condivideva, in particolare, la tesi dell’applicabilità della confisca di prevenzione anche alle persone pericolose dedite alla commissione di delitti diversi da quelli indicati dalla L. n. 55 del 1990, art. 14, in forza del rinvio formale che la L. n. 152 del 1975, art. 19 opera alla disciplina stabilita per le persone indiziate di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso e, quindi, dell’estensione della legislazione antimafia di cui alla L. n. 575 del 1965 e succ. modif. anche ai soggetti genericamente pericolosi L. n. 1423 del 1956, ex artt. 1 e 2;
che il P.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto, deducendo, quanto alla revoca parziale della confisca, l’inoperatività della preclusione derivante dal precedente provvedimento reiettivo, non impugnato, del Tribunale;
che i difensori del C. hanno proposto ricorso per cassazione, denunziando, anche con successive memorie, l’illegittimità della misura di prevenzione patrimoniale, siccome disposta a carico di soggetto non appartenente ad alcuna delle categorie richiamate dalla L. n. 55 del 1990, art. 14, in contrasto con la lettera e la ratio legis;
che anche la difesa della S. ha proposto ricorso, sostenendo, quanto al conto corrente bancario intestato alla stessa e al figlio C.L., che i prossimi congiunti del proposto sarebbero stati ritenuti intestatari fittizi dei beni di cui erano titolari, senza indicazione di alcun elemento probatorio a sostegno di siffatta presunzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il ricorso del P.G., attesa l’estrema genericità delle argomentazioni critiche avverso l’affermata efficacia preclusiva (in assenza di "nova") del precedente provvedimento del Tribunale di Torino, reiettivo della proposta di applicazione della misura patrimoniale in ordine ai medesimi beni e per le medesime ragioni, ma non impugnato dal P.G. mediante ricorso per cassazione, si palesa inammissibile;
che il ricorso del C. risulta, per contro, fondato per le seguenti ragioni di ordine logico-giuridico, restando così assorbiti i motivi di gravame dedotti dalla S.;
che, circa la confisca del patrimonio mobiliare e immobiliare nell’asserita disponibilità del proposto, il Collegio è chiamato a rispondere al quesito interpretativo se le misure di prevenzione di carattere patrimoniale introdotte dalla L. n. 575 del 1965, artt. 2 bis e 2 ter, inseriti dalla L. n. 646 del 1982, art. 14 e succ. modif., siano, o non, applicabili ai beni del proposto che si ritengano provento di attività delittuose (nella specie, rapine) diverse da quelle indicate dalla L. n. 55 del 1990, art. 14, comma 1;
che va ribadita, innanzitutto, la soluzione interpretativa elaborata con plurime decisioni da questa Corte (da ultimo, v. Cass., Sez. 1^, 2/2/2006 n. 15038, Fatiga, rv. 234016), secondo cui, in forza del rinvio, di ordine formale e non materiale o recettizio, che la L. n. 152 del 1975, art. 19, comma 1 (come modif. dalla L. n. 327 del 1988, art. 13) opera alle disposizioni contro la mafia di cui alla L. n. 575 del 1965, siffatte disposizioni, pure nel testo novellato o interpolato da successive modificazioni, si applicano anche alle persone genericamente pericolose indicate dalla L. n. 1423 del 1956, art. 1, nn. 1 e 2, sussistendo, almeno in materia di misura di prevenzione personale, una completa equiparazione tra soggetti pericolosi in quanto indiziati di appartenere ad associazioni mafiose (pericolosità "qualificata") e soggetti pericolosi in quanto ritenuti abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose (pericolosità "generica");
che occorre, peraltro, prendere atto che, secondo la sopravvenuta e derogatoria norma ("lex specialis posterior") della L. n. 55 del 1990, art. 14, comma 1, "salvo che si tratti di procedimenti di prevenzione già pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge", da tale data le disposizioni della L. n. 575 del 1965 concernenti le indagini e l’applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale o interdittivo, si applicano – a regime – con esclusivo riferimento ai soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o finalizzate al narcotraffico, ovvero ai soggetti indicati nella L. n. 1423 del 1956, art. 1, comma 1, nn. 1 e 2, "quando l’attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli artt. 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis, 648-ter c.p. ovvero quella di contrabbando" (inciso, quest’ultimo, interpolato dalle novelle di cui al D.L. n. 419 del 1991, art. 11, conv. in L. n. 172 del 1992, ed alla L. n. 108 del 1996, art. 9 e L. n. 228 del 2003, art. 7);
che, ferma restando la valenza attenuata del sistema probatorio propria del processo di prevenzione, fondato sulla fattuale esistenza di seri e concreti indizi tali da suffragare l’attribuibilità di uno di tali delitti al proposto, i delitti di rapina attribuiti al C. non risultano ricompresi nell’elencazione, sicuramente anelastica e restrittiva, degli specifici reati indicati ai fini dell’applicabilità della misura di prevenzione patrimoniale della confisca, al pari di quanto dispone il D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, conv. in L. n. 356 del 1992, per talune "ipotesi particolari di confisca", conseguente alla condanna o all’applicazione di pena concordata per una serie di delitti, fra i quali non è annoverato, ancora una volta, quello di cui all’art. 628 c.p., ritenuto, secondo una "scelta mirata" (e però, forse, irragionevole) del legislatore, espressione di una pericolosità non attinente all’area della criminalità organizzata, e quindi non meritevole di un certo tipo di risposta preventiva da parte dello Stato;
che, d’altra parte, alla postulata soluzione ermeneutica, ancorata all’interpretazione letterale e logico-sistematica della normativa, anche sulla scorta della dichiarata voluntas legis desumibile con chiarezza dai lavori preparatori della L. n. 55 del 1990, non osta l’orientamento (in parte solo apparentemente) difforme della precedente, copiosa, giurisprudenza di legittimità, attesa la tralaticia massimazione dell’opposto principio di diritto, pure a fronte dell’ambiguità e della genericità dei dicta, che talora risultano enunciati con riguardo a fattispecie associative pacificamente rientranti nell’ambito applicativo della L. n. 55 del 1990, art. 14, comma 1 (v. Cass., Sez. 1^, 5/12/2002 n. 1379/03, Pellegrinetti, rv. 223263, e Sez. 1^, 2/2/2006 n. 15028, Fatiga, cit., entrambe in tema di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico);
che, in definitiva, atteso il delimitato ambito soggettivo relativo alla misura ablativa, l’impugnato decreto della Corte d’appello di Torino va annullato senza rinvio, relativamente alla confisca dei beni mobili e immobili nella disponibilità del C., confisca che va conseguentemente e immediatamente revocata ex art. 620 c.p.p., lett. l).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Torino.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato, limitatamente alla confisca, che revoca.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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