Cass. pen., sez. I 12-02-2008 (05-02-2008), n. 6650 Applicazione della pena su richiesta delle parti – Confisca disposta dal giudice dell’esecuzione – Limitazione ai casi di confisca obbligatoria.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, giudicando in sede di opposizione, confermava la propria ordinanza di rigetto della richiesta di restituzione di banconote oggetto di sequestro avanzata da P.P..
Rilevava che il giudice del merito aveva disposto la confisca in sede di patteggiamento motivando sul fatto che il condannato non era stato in grado di provare la provenienza lecita della rilevante somma di denaro, rinvenuta insieme a banconote false, e incompatibile con i proventi leciti dimostrati, e che aveva precedenti specifici in materia di detenzione di banconote false. Avverso la decisione era stato presentato ricorso per cassazione e la sentenza era stata annullata limitatamente alla confisca, rinviando ogni questione al giudice dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione aveva deciso nuovamente la confisca ritenendo che l’ingente somma di denaro rinvenuta insieme a banconote false, custodita in una scatola in soffitta, non poteva che provenire dall’attività criminosa svolta dal condannato e, pertanto, soggetta a confisca ai sensi dell’art. 445 c.p.p. come modificato dalla L. n. 134 del 2003, art. 2.
Avverso la decisione presentava ricorso il condannato e deduceva violazione dell’art. 240 c.p. in quanto, a seguito di applicazione della pena per il reato di cui all’art. 455 c.p. era stata disposta la confisca anche delle banconote non false e a seguito di ricorso in cassazione tale capo della sentenza era stato annullato con la previsione che tali pretese dovevano essere fette valere in sede esecutiva.; osservava che aveva dato ampia dimostrazione della provenienza lecita di quel denaro, sia da un’eredità lasciata dalla moglie, sia dalla propria attività lavorativa, mentre non corrispondeva al vero che tale denaro era custodito insieme a quello falso, visto che si trovava in luogo diverso della casa; non vi era comunque alcuna prova che quel denaro fosse il prezzo o il profitto del reato, anche perchè egli era stato condannato solo per il reato di detenzione di banconote false e non per quello di spaccio.
La Corte ritiene che il ricorso debba essere accolto. Deve osservarsi che a seguito della modifica legislativa sopra indicata, mentre è consentito al giudice della cognizione disporre la confisca in sede di patteggiamento in tutti i casi previsti dall’art. 240 c.p., non vi è stato alcun ampliamento dei poteri del giudice dell’esecuzione che può disporre la confisca solo nei casi in cui è obbligatoria e cioè nei casi in cui il bene costituisca il prezzo del reato, o nei casi in cui l’obbligatorietà è prevista da particolari disposizioni normative (Sez. 3 20 febbraio 2007 n. 12307, rv. 236807).
E’ vero che le sezioni unite di questa Corte hanno affermato con decisione n. 9149 del 1996, rv. 205705, che il giudice dell’esecuzione nel giudicare sulla restituzione delle cose sequestrate deve accertare l’effettiva sussistenza del diritto alla restituzione che esiste solo nel caso della prova positiva dello jus possidendi (Sez. 1 10 maggio 2005 n. 22154, rv. 231666), ma nel caso di specie, trattandosi di denaro deve anche verificarsi se esso costituisca il prezzo del reato, unico caso in cui è consentita la confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2.
Deve pertanto disporsi il rinvio al giudice dell’esecuzione affinchè tenendo presente tali principi di diritto motivi in modo specifico sugli elementi dai quali dedurre che il denaro sequestrato costituisca prezzo del reato di cui all’art. 455 c.p. per il quale P. è stato condannato.
P.Q.M.
La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Genova.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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