Cass. pen., sez. I 23-11-2007 (13-11-2007), n. 43684 Concorso di reati – Cumulo delle pene – Modalità di applicazione. – Necessità di formale richiesta da parte dei soggetti legittimati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

OSSERVA
1. Con ordinanza del 21 marzo 2007, il presidente del tribunale di Forlì, chiamato a decidere in funzione di giudice dell’esecuzione sulla eventuale applicazione dell’indulto concesso con L. n. 251 del 2006 a favore di B.G. in ordine a una pena pecuniaria di Euro 780,00, di multa irrogatagli dallo stesso tribunale con sentenza del 22 marzo 2004, dichiarava la propria incompetenza a provvedere, sul rilievo che il condannato aveva riportato altra e successiva condanna ad altra pena pecuniaria irrogatagli con decreto del Gip del tribunale di Forlì del 7 maggio 2004.
Il gip del tribunale di Forlì rilevava che non esisteva agli atti richiesta di parte in ordine all’applicazione dell’indulto, così come prevede l’art. 666 c.p.p., comma 1, essendoci solo una mera segnalazione dell’Ufficio Recupero Crediti al giudice dell’esecuzione, cui il PM aveva apposto una mera annotazione di "nulla oppone". Da qui un difetto assoluto a provvedere.
Sempre secondo il GIP del tribunale di Forlì, inoltre, vertendosi in distinte pene pecuniarie, a parte ogni considerazione sull’opportunità di richiedere l’applicazione dell’indulto per una pena pecuniaria, mancava un provvedimento di cumulo ai sensi dell’art. 663 c.p.p., o dell’art. 671 c.p.p..
Rilevava pertanto la sussistenza di un conflitto di competenza che imponeva la trasmissione alla corte di cassazione di copia degli atti necessari alla sua soluzione.
2. Va preliminarmente rilevato che il procedimento di esecuzione esige per il suo inizio l’impulso di parte, salvo che per l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto. Lo si ricava dall’art. 672 c.p.p., comma 1, che, innovando rispetto alla disciplina prevista dall’art. 593 c.p.p., commi 1 e 3, 1930, il quale stabiliva che solo il pretore potesse procedere d’ufficio all’applicazione dell’amnistia o dell’indulto al condannato, mentre ai giudici dell’esecuzione diversi dal pretore l’applicazione doveva essere richiesta dal PM o dall’avente diritto al beneficio prevede ora, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 12 del 1991, art. 29, l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto da parte del giudice dell’esecuzione "senza formalità", e, quindi, senza necessità di una formale richiesta da parte dei soggetti interessati (cfr. Cass. Sez. 1, 20 gennaio 1992, Terzi, in Cass. Pen. mass. ann., 1993, 2032, dove si osserva che solo nel caso in cui l’esecuzione della pena sia terminata, è necessario, ai sensi dell’art. 672 c.p.p., comma 4, la richiesta del condannato, in conseguenza dell’interesse meramente morale ad ottenere il beneficio e quindi dell’assenza di una qualsiasi concreta incidenza sulla esecuzione della pena).
La possibilità di applicare l’indulto anche d’ufficio va però rapportata alta regola che "l’indulto si applica un sola volta, dopo cumulate le pene" (art. 174 c.p.p., comma 2), per cui, in presenza di pene tutte condonabili, si deve prima procedere alla unificazione di dette pene, come necessario momento logico – giuridico dell’applicazione del beneficio. Ciò in quanto il condono opera sul cumulo delle pene (cumulo materiale, non giuridico), a un livello di unitarietà e di inscindibilità, e viene a ripartirsi in modo ideale su tutte le pene cumulate (Cass. Sez. 1, 18 maggio 1993, n. 2347, Galdo; Id., Sez. 6, 11 ottobre 1983, Talam), Ciò non toglie che l’indulto possa essere applicato anche in relazione a singole condanne. In questo caso l’applicazione del beneficio è connotata da un carattere essenziale di provvisorietà e il provvedimento applicativo è destinato ad essere assorbito e superato dall’applicazione unitaria del beneficio in sede di cumulo ex art. 174 c.p., comma 2, (Cass. 24 aprile 1990, Casini, in Cass. Pen. mass. ann., 1991, 1776).
Ciò premesso, competente a decidere sull’indulto relativo alla pena di Euro 780,00, di multa inflitta al B. è il GIP del tribunale di Forlì, che, giusto decreto penale del 7 maggio 2004, è il giudice che ha pronunciato il provvedimento di condanna divenuto irrevocabile per ultimo, anche se il beneficio riguarda una sentenza diversa (giurisprudenza pacifica e non contestata dai giudici in conflitto).
P.Q.M.
Visto l’art. 32 c.p.p..
Dichiara la competenza del GIP del tribunale di Forlì, cui dispone trasmettersi gli atti.

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